L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Carmen tra la polvere

di Antonino Trotta

Non convince la Carmen andata in scena al Carlo Felice di Genova, obsoleta nella messinscena firmata da Emilio Sagi e qui ripresa da Nuria Castejón: Donato Renzetti pone in risalto il côté lirico della partitura, trascurandone il lato più carnale. Alti e bassi nel parterre vocale.

Genova, 25 maggio 2025 – Andare a teatro, a volte, è come salire su una macchina del tempo. L’augurio, ovviamente, è quello di proiettarsi sempre nel futuro, rileggere il noto in chiave differente, precorrere le mode o le tendenze, perché no, scoprire talenti che saranno le stelle di domani. Sovente, ci si ritrova in un presente che propone con forza e convinzione le novità presentate appena ieri, perché queste possano, in fin dei conti, radicarsi nel percepito comune e segnare definitivamente un passo avanti nella storia del teatro. Altre volte, invece, varcata la soglia della sala, si fa un tuffo improvviso nel passato, indietro di quaranta, cinquanta, sessant’anni, con un salto che però ha ben poco di nostalgico o romantico, e solleva un po' di polvere al momento dell’atterraggio.

La Carmen andata in scena al Teatro Carlo Felice di Genova, purtroppo, s’inquadra in quest’ultimo filone. Innanzitutto per la versione scelta, quella “viennese” (1875), con i recitativi al posto dei dialoghi parlati musicati da Ernest Guiraud poco dopo la morte di Bizet con l’intento, allora perfettamente comprensibile, di renderla più digeribile ai palati seriosi dell’Europa bene dell’Ottocento tardo-romantico. Una soluzione che, a onor del vero, ne sancì all’epoca il successo internazionale, ma che oggi restituisce un’immagine levigata, meno viva, forse meno tagliente, di un’opera che nella sua versione originale rivela un fascino più graffiante, vero, bruciante.

A gettare però, sulla focosa Carmen, la secchiata d’acqua gelata definitiva è la regia di Emilio Sagi, qui ripresa da Nuria Castejón, che nell’intraprendere una narrazione oleografica e didascalica fa sfoggio di tutti i cliché più battuti nel teatro di regia tradizionale. Pur nel contesto visivo di gran pregio che le scenografie di Daniel Bianco e i costumi di Renata Schussheim sanno assicurare, l’impacciata gestione delle masse, la costruzione trasandata dei personaggi e quel tourbillon di trovate turistiche – sgonnellate, naccherate, sventolate di ventagli e di capote – che rimpinzano la messinscena in ogni dove tradiscono il disinteresse di una narrazione che nemmeno prova ad indagare la tensione drammatica del capolavoro di Bizet. Che, tra le altre cose, si chiude pure con lei che provoca lui offrendo il petto in cui affondare l’acciaro così da far sembrare l’omicidio, avvenuto poi a seguito di una colluttazione, più un incidente che un gesto dissennato. Omicidio colposo? Si poteva tranquillamente evitare.

Nel ruolo del titolo, Annalisa Stroppa dà vita a una Carmen più soubrette che femme fatale, più civettuola che seduttiva. Vocalmente, nulla è fuori posto, ma il mezzo, più belcantista che drammatico, è chiamato in più punti a misurarsi con una scrittura ampia e intensa. Francesco Meli, Don José, offre una prova in crescendo: inizialmente privo di nerbo e piuttosto artificioso, acquista progressivamente spessore interpretativo via via che il personaggio sprofonda nell’ossessione. Là dove un’emissione stentorea e un accento scolpito trovano piena ragion d’essere, la sua voce restituisce la verità tragica del personaggio. Nonostante l’annunciata indisposizione, Giuliana Gianfaldoni regala una Micaëla incantevole: linea di canto flessuosa, fraseggio misurato, smorzature piene e appoggiate ne fanno un personaggio fragile ma non etereo, solido nel suo lirismo. Luca Tittoto è un Escamillo moderatamente gagliardo, ben supportato da uno strumento ambrato e omogeneo. Paolo Ingrasciotta si segnala per presenza scenica e vocale nel ruolo di Morales; convincenti anche Vittoriana De Amicis e Alessandra Della Croce nei ruoli di Frasquita e Mercedes. Completano con correttezza Armando Gabba (Dancairo), Saverio Fiore (Remendado) e Luca Dall’Amico (Zuniga). Buona la prova del Coro del Teatro Carlo Felice, a cui si unisce il Coro di Voci Bianche, entrambi preparati da Claudio Marino Moretti e Gino Tanasini.

Al timone dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice, Donato Renzetti dirige con la consueta e rassicurante nobiltà di gesto. Pur assicurando un passo spedito e inossidabile sostegno al palcoscenico, la concertazione di Renzetti approfondisce con generosità di colori e dinamiche più il côté lirico custodito dalla partitura – eccezionale, ad esempio, il secondo entracte –, che la sua natura carnale e drammatica. Ne risulta una lettura elegante, levigata, che predilige la bellezza del suono e la cura della linea melodica, ma che fatica a restituire quella tensione viscerale, quel fremito sensuale e spietato che costituisce il cuore pulsante e singolare della Carmen.

Teatro tutto esaurito e applausi scroscianti per tutti.

Napoli, Carmen, 29/10/2024

Macerata, Carmen, 06/08/2023

Cagliari, Carmen, 30/06/2023

Roma, Carmen, 19/07/2022

Torino, Carmen, 26/06/2022

 


 

 

 
 
 

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