Le regine sono di casa
Uno sfarzoso allestimento di Anna Bolena riporta la regina donizettiana nel teatro pioniere del belcanto italiano a Mosca.
MOSCA, 17 settembre - Tutto iniziò una trentina d’anni fa. Allora nell’Unione Sovietica certi titoli erano pressoché sconosciuti, e la via per ascoltare le opere di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi era una sola ed era aperta soltanto ai residenti nella capitale: andare in una piccolissima sala del Museo Teatrale Statale intitolato all’amante del teatro e il collezionista Aleksej Aleksandrovič- Bakhrušin dove di mercoledì i filofonisti (così venivano chiamati in russo), cioè collezionisti dei dischi in vinile, rendevano possibile la conoscenza delle opere belcantiste. Una piccola sala e poche persone disposte a spendere il loro tempo per conoscere musiche non familiari ai melomani sovietici: i cartelloni dei teatri si limitavano a Il barbiere di Siviglia, Rigoletto, La traviata, Il trovatore, Otello, La Bohème,Tosca e qualche altro titolo. Poi dalla città di Sverdlovsk negli Urali e da Leningrado arrivò il grande direttore Evghenij Kolobov, dal carattere piuttosto difficile, ma musicista sublime, che propose al Teatro Musicale K. S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko Il pirata di Bellini. Chi non fu presente, non può immaginare l’effetto prodotto dalla musica belliniana: ammirazione, sgomento, voglia di approfondire la conoscenza della musica italiana della prima metà dell’Ottocento. Dopo venne il turno di Maria Stuarda di Donizetti e da quel momento anche la capitale russa diventò una delle case dei grandi capolavori del belcanto romantico, seppur mai paragonabile alle città europee.
Nel 2024 un’altra regina si è presentata sul palcoscenico del secondo teatro dell’opera della capitale russa: si tratta dell’infelice Anna Bolena, la prima delle regnanti decapitate in Inghilterra. Per la sua storia straziante messa in musica da Gaetano Donizetti non c’è stata un’ombra di risparmio dalla parte del teatro moscovita, le scenografie e i costumi firmati da Ivan Skladčikov sono stati di un’eccezionale bellezza e di un’impeccabile eleganza: questo aspetto della produzione ha rischiato di mettere in ombra l’esecuzione musicale. L’ha rischiato allora e rischia adesso: nonostante la buona resa musicale, l’occhio rimane colpito di più dell’orecchio. Delicata e quasi invisibile è la regia di Sergej Novikov limitata dalla scrupolosa realizzazione del libretto di Romani; l’unica cosa da un grand’effetto, è il finale dello spettacolo col dominio del color rosso sangue: lo è l’abito di Anna dallo strascico lunghissimo e lo è il sipario. Dopo la sua calata appare la piccola adorabile figlia della regina decapitata, futura regina Elisabetta, impersonata da Valeria Novikova, dai lunghissimi capelli dorati.
Lo scenografo è fortemente attratto dagli interni ricchi e gli abiti pesanti e lussuosi del Cinquecento. Alla base delle scenografie sono le mura impenetrabili di un castello che accolgono una serie di ambienti interni, ma anche un bosco, il luogo di caccia reale. Non si evita la tentazione d’introdurre dei bellissimi animali e, difatti, l’apparizione di due levrieri bianchi come la neve ed eleganti come le modelle sulla passerella contribuisce non poco al successo dello spettacolo. Le parole più forti non bastano per descrivere i costumi, più di trecentosessanta: sono così belli, eleganti e lussuosi che l’occhio rischia di concentrarsi esclusivamente su di loro e non sui personaggi che l’indossano. In brevi parole, la fetta più grande del pubblico rimane inevitabilmente più attratta dal magnifico aspetto visivo dello spettacolo impreziosito dalle luci di Damir Ismagilov e i video di Dmitrij Ivančenko che dalla musica di Donizetti.
La dignitosa resa musicale non è del tutto perfetta, ma la partecipazione della primadonna della compagnia moscovita Khibla Gerzmava (onorata dai titoli dell’Artista del popolo della Federazione Russa, Artista del popolo della Repubblica dell’Abkhasia, vincitrice del Premio di Stato della Russia e del Premio di Mosca) garantisce un grande successo alla recita. La cantante non è in possesso di una voce eccezionale, ma è piuttosto un soprano lirico di buone qualità e solida tecnica: questo binomio felice le permette di reggere la mitica parte con dignità e sensibilità. Il buon legato, una ricca gamma di colori, la disinvoltura nelle agilità sono corredate da un indiscusso talento drammatico; grazie a quest’ultimo il suo “Al dolce guidami” tocca in profondità gli animi degli spettatori.
Irina Vaščenko si cala con disinvoltura nei panni della rivale di Anna e la futura moglie di Enrico Ottavo, Giovanna di Seymour. La sua recitazione rivela una naturalezza che comprende il mix complesso d'ambizione e compassione, mentre la voce ben sonora non evita certe ruvidità, disomogeneità e inclinazione al grido. Sono perdonabili grazie alla buona musicalità e alla raffinatezza della linea; tuttavia nel futuro si augura alla cantante di evitare a forzare troppo la voce.
Gli uomini della seconda compagnia dell'opera moscovita tengono bene la testa alle donne; non passa certamente inosservato il giovane basso Gabriel De Rel (in russo lo chiamano, come si deve, Gabriel Romanovič, cioè Gabriel figlio di Roman) nel ruolo del re Enrico VIII. Nonostante la giovane età, ha già vinto dei numerosi concorsi di canto nazionali e internazionali e vanta un repertorio piuttosto vasto. La sua somiglianza con il re ritratto da Hans Holbein è spaventosa e produce un grand'effeto corredata da un portamento regale che rivela un'anima che non conosce pietà.
Čingiz Ajušeev disegna il lord Riccardo Percy raffinato, sensibile e follemente innamorato, senza mai cadere in un’esagerazione, avvantaggiato dalla bella voce di tenore, ben adatta al repertorio del belcanto romantico, e soprattutto da una grande cultura musicale.
Il paggio Smeton ha nella persona del giovane mezzosoprano Polina Šarovarova, vincitrice dei concorsi internazionali di canto, una brava interprete, perfettamente al proprio agio nel ruolo en travesti e dotata di voce calda e gradevole.
Anton Zaraev fa della piccola parte del Lord Rochefort un autentico capolavoro, e non passa inoservato Valerij Mikickij (Sir Harvey), senza parlare della piccola Valeria Novikova, la futura regina Elisabetta, figlia di Anna.
Sul podio Felix Korobov, direttore principale del Teatro Musicale K. S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko, dimostra d'essere in possesso di tutte le qualità necessarie per dirigere il repertorio romantico italiano. Dietro l'esecuzione scorrevole di un'opera imponente di durata di circa quattro ore, si percepisce un lavoro attento e profondo; i tempi sono studiati bene, agli strumenti concertanti è prestata la dovuta attenzione, le sezioni sono ben bilanciate. Inestimabile il lavoro del coro del teatro preparato da Stanislav Lykov. La conclusione? Il belcanto romantico adesso è di casa anche a Mosca.
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