L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Cinquanta sfumature di grigio

di Irina Sorokina

Un allestimento caotico nei toni del grigio del capolavoro belliniano è salvato da un buon cast e da un'efficace concertazione.

MOSCA, 24 settembre 2025 - Norma di Bellini a Mosca! Una volta sembrava una cosa improbabile, oggi è una realtà. E la sacerdotessa dei druidi non è apparsa sul palcoscenico del teatro più importante della Federazione Russa, il Bolshoi, ma ad alcune centinaia di metri dalla piazza Teatrl’naja, cioè dei Teatri, visto che ne ospita ben tre. La Norma oggi si può vedere e ascoltare al Teatro Musicale K. S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko e il fatto, probabilmente, sorprende pochi ormai.

L'approccio alla messa in scena moscovita inizia dalla sorpresa che punta alla valorizzazione dell'orchestra del teatro: la buca dell'orchestra prevede la possibilità di salita a livello del palco e in questo modo il pubblico può assistere alla nascita della musica dalle mani del direttore che oggi è il tedesco Christian Knapp noto, tra le varie cose, per la sua passione della musica contemporanea. Nel nostro caso si cimenta con una delle opere più belle e significative del belcanto romantico italiano e il risultato non delude. L'inizio della Norma moscovita prevede una trovata tanto semplice quanto efficace; i suoni della magnifica ouverture non giungono gli spettatori dalla buca d'orchestra, ma sono ascoltati e insieme visti con gli occhi. Pochi istanti dall'inizio della recita la pedana nascosta sale e e l'orchestra si posiziona al livello del palcoscenico, fatto sicuramente entusiasmante e coinvolgente che contribuisce al successo dello spettacolo.

La buona esecuzione della magnifica partitura risulta in aperto contrasto con un allestimento discutibile assai, firmato da Maria Tregubova per le scene e i costumi e da Adolf Šapiro per la regia. Per il capolavoro di Bellini, così passionale, vibrante, umano, che inevitabilmente tocca le corde più intime degli spettatori, è stato scelto il color e grigio lo sgomento colpisce lo sguardo prima e l'anima subito dopo l'inizio dello spettacolo. Si, il color grigio in tante sfumature domina in assoluto per tutta la durata dell'opera, suscitando stanchezza e alla fine irritazione: la scelta della Tregubova per la messa in scena di un'opera segnata da passioni e conflitti è molto discutibile. La faccenda si svolge in un bosco congelato (o incantato?), dove gli alberi sono nudi e dove, sembra, non abita nessuno; solo per pochi istanti si vede passare una coppia di cervi.

E chissà perché, prima di mettere piede della sala bianca blu del teatro, si ha il presentimento che il capolavoro belliniano sia caduto vittima del teatro di regia più contraddittorio, se non assurdo: un miscuglio di soluzioni che girano da un allestimento all'altro. E difatti, nella Norma moscovita c'è il trasferimento temporale della vicenda, più o meno negli anni '30 del secolo scorso, visto Pollione nella divisa dei tedeschi della seconda guerra mondiale, in una strana sintonia con i druidi abbigliati nei cappotti grigi. E il regista propone le trovate tutt'altro originali e spesso inspiegabili, come l'handicap di Oroveso che per tutta la durata dello spettacolo gira sulla sedia a rotelle. Questa miscela ha un risultato ironicamente paragonabile alla vinaigrette, detta anche in occidente insalata russa. L'idea di un insieme privo d'armonia e addirittura assurdo risulta ideale per definire le scelte del regista di teatro di prosa Adolf Šapiro, il cui lavoro desta sentimenti contraddittori e produce giudizi disparati. Ahimé, la Signora Opera, come la chiamava Franz Werfel, non vuole piegarsi alle sue invenzioni.

Se lo spettacolo si salva, lo si deve agli interpreti: oggi il Teatro Musicale Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko dispone di voci adatte alle parti del capolavoro di Bellini e anche di un soprano in grado di interpretare la mitica parte eponima, il suo nome non può essere che Khibla Gerzmava, dalla piccola repubblica dell'Abkhazia. Pochi giorni prima,il pubblico l'ascolta in Anna Bolena, un altro titolo significativo del belcanto romantico, e una settimana dopo è una Norma degna d'ammirazione per la resa impressionante di un personaggio complesso, per le movenze ben studiate e per il canto sensibile, drammatico, eroico, anche se si percepisce una certa tensione nel registro più alto e le fioriture non sono sempre del tutto precise. Vladimir Dmitruk sorprende piacevolmente nel ruolo di Pollione, tutt’altro che facile e sotto certi aspetti ingrato: la sua voce robusta suona in modo piacevolmente virile e a tratti sembra un baritenore. Denota molta bravura anche dal punto di vista attoriale, con un bel disegno dettagliato del percorso umano, della maturazione del personaggio; tutto questo rispecchiato sia nella recitazione sia nel canto. Oltre la primadonna del teatro Khibla Gerzmava – senza di lei la messa in scena del capolavoro belliniano non sarebbe stata possibile – la vincitrice della competizione vocale è la giovane Polina Šarovarova a cui la natura ha fatto un dono davvero prezioso: una voce bella e calda. Ascoltarla ha portato ad un vero godimento, i duetti con Norma deliziano l'orecchio grazie all'armonia creatasi tra le due cantanti. Il basso Felix Kudrjavcev è un Oroveso dignitoso e convincente, dalla voce ben sonora; completano il cast Mikhail Basenko (Flavio) e Ksenia Muslanova (Clotilde).

Per dirigere, è chiamato, si diceva, Christian Knapp, che tratta il capolavoro belliniano con la massima comprensione e la dovuta delicatezza, senza tentativi di appesantirne le sonorità. Stanislav Lykov, storica presenza del Teatro Musicale K.S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko prepara in modo eccellente il coro. Con tutti i dubbi riguardanti l'allestimento, la Norma moscovita è un grande evento nella vita musicale della capitale russa e le auguriamo una lunga e felice vita.

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