L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Scarpia, il serpente

di Irina Sorokina

Non convince l'accumulo di dettagli superflui e poco chiari nella Tosca al Teatro Bolshoj di Minsk, in Bielorussia; spicca, in un cast nel complesso convincente, l'ottimo Scarpia di Stanislav Trifonov.

MINSK, 27 settembre 2025 - Due serate, soltanto due, nella bella città di Minsk e al Teatro Bolshoi dell’opera e del balletto della Repubblica Belarus’, Romeo e Giulietta, il celeberrimo balletto di Sergej Prokof’ev, e Tosca, una delle più popolari opere di Giacomo Puccini. Con la prima si va sul sicuro, la tradizione di balletto in Bielorussia è altrettanto forte che nella Federazione Russa e solo una trentina d’anni fa due paesi, oggi indipendenti, facevano parte dell’Unione Sovietica. Se il balletto di Prokof’ev si va a vedere sicuri della bellezza e l’efficienza della messa in scena, non si può dire la stessa cosa dell’opera di Puccini. E, difatti, ci aspettano non poche sorprese.

La produzione debuttò nel 2018, ma mantiene la vitalità. Aprendo il programma di sala, si apprende, sorpresi e anche orgogliosi, che gli italiani sono arrivati anche a Minsk (il ricordo della discutibile messa in scena dello stesso titolo pucciniano al Teatro Bolshoi di Mosca firmata da Stefano Poda è vivo). La Tosca bielorussa è decisamente più “tranquilla” e gradevole, ad iniziare dalle belle scenografie firmate Aleksandr Kostjučenko che riproducono in modo affascinante e con un tocco personale i luoghi dell'opera “romana“ di Puccini: la chiesa di Sant'Andrea della Valle viene rapparesentata da una serie dei pannelli verticali alti, valorizzate dalle luci, e dal quadro che ritrae Maria Maddalena; lo studio di Scarpia pieno di busti di imperatori romani accenna alle atmosfere della città eterna e ad un certo „intellettualismo“ del capo della polizia; Castel Sant'Angelo è ridotto a due ambienti, la cella di Cavaradossi e la piattaforma più alta dove il pittore viene fucilato.

La messa in scena del Bolshoi di Minsk, simile agli spettacoli di Poda in Arena, appartiene al fenomeno dell'accumulo di elementi ad ogni costo! E, difatti, lo spettacolofirmato per la regia da Mikhail Pandžavidze, pur rimanendo abbastanza fedele al libretto di Illica e Giacosa, è segnato da un approccio curioso: a ogni scena, ogni dialogo, ogni aria viene aggiunto qualcosa non indicato certo nel libretto. Chi sa perché, Cavaradossi canta “Recondita armonia” tenendo perennemente la mano sulla spalla del sagrestano? Il motivo di un tale gesto si lascia indovinare al pubblico. Chi sa perché Tosca canta “Vissi d’arte” sul tavolo di Scarpia? Nel finale è, invece, abbastanza convincente la caduta giù di Cavaradossi per mano degli scagnozzi di Scarpia. Nella Tosca bielorussa il regista assume anche il compito di creare il disegno luci, fantasioso e suggestivo, che gioca sul contrasto del rosso e il blu.

Buono il cast capitanato da Marta Danusevič, al debutto nella parte della diva romana: ha il physique du rôle giusto, le movenze elaborate da attrice di talento e la voce di autentico soprano lirico spinto, ma la strada da fare è ancora tanta. La linea di canto è spesso disomogenea, la voce nel registro acuto risulta tesa e la salita appesantita, tuttavia "Vissi d'arte"è uno dei momenti più alti e commoventi della recita.

Buona la prestazione del tenore Dmitrij Šabetja nei panni di Cavaradossi: la voce dal bel timbro sa di una certa “italianità”, l'emissione non denuncia alcuna fatica, sa dosare i colori in modo ben pensato, salire liberamente e raggiungere l’acuto con sicurezza. In “Recondita armonia” gli si può rimproverare una certa tensione nella frase “Tosca, sei tu!” con il si bemolle leggermente di gola, ma l’interpretazione dolorosa, espressiva, profonda di “E lucevan le stelle” lo fa dimenticare presto. Ottimo anche il “Vittoria” l’assolo nel secondo atto, segnato da eroismo autentico.

Ma nella Tosca bielorussa non è la coppia degli amanti che domina la scena, il suo vero “padrone” è il baritono Stanislav Trifonov nei panni del capo della polizia romana barone Scarpia, non per nulla porta il titolo d’onore dell’Artista del Popolo della Repubblica Belarus: solo il suo sguardo simile ad un serpente velenoso è capace di paralizzare l’interlocutore prima che apra bocca. Dopo lo sguardo tagliente e le movenze eleganti, da una persona che sa comportarsi nei salotti, Trifonov sfoggia una voce di baritono ampia, dal timbro ben definito, dizione chiara, equilibrio perfetto tra il declamato raffinato, ironico, ipocrita e il legato seducente, degno del ruolo di un amante.

Eccellente la squadra dei comprimari: Dmitrij Kapilov (Cesare Angelotti), Jurij Bolot’ko (Spoletta), Andrej Klipo (Sciarrone), Vladislav Zozul’ko (il carceriere); Aleksandr Keda nel ruolo del sagrestano è letteralmente irresistibile per la simpatia burbera che emana. Apprezzabile la vivace partecipazione dei piccoli artisti del Teatro Musicale per bambini e l’interpretazione della piccola Ljudmila Vajda dell’assolo del pastorello.

Ottima l’orchestra del Teatro Bolshoi della Repubblica Belarus, diretta da Vladimir Ovodok totalmente immerso nella partitura, dal gesto preciso e espressivo, e lodevole il lavoro del coro del teatro preparato da Nina Lomanovič.

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