di Roberta Pedrotti
Si è spenta a ottantanove anni Rosanna Carteri, soprano lirico di fascino sofisticato, tecnica sopraffina, gusto che non teme il passare del tempo. Fu protagonista di molte produzioni d'opera televisive con la Rai e affiancò Alberto Sordi sul grande schermo in Mi permette, babbo?
Montecarlo 25 ottobre 2020 - Non c'è melomane che non ami Mi permette babbo? (1956), il film in cui Alberto Sordi interpreta uno scalpitante studente di canto lirico. Non c'è melomane che non si sia trovato a rievocare con amici la leggendaria scena finale in cui Sordi/ Rodolfo Nardi/ dottor Grenvil contravviene alle indicazioni del maestro e - ispirato da una versione di Verdi in persona - decide di riaprire il taglio di tradizione e tuonare "È spenta!" sugli ultimi accordi della Traviata.
In molti, si spera, ricorderanno anche che l'indimenticabile gag era preparata sulle note di un "Prendi quest'è l'immagine" d'immacola bellezza. Un canto ispirato, morbidissimo, perfettamente legato, una bellissima figura, una bellezza sofisticata, un fascino discreto. Un gusto, un'eleganza agli antipodi con gli eccessi gigioni del Grenvil di Sordi. Era Rosanna Carteri.
Fa un certo effetto pensare che il soprano veneto, nato a Verona il 14 dicembre 1930, se ne sia andato proprio nella Giornata mondiale dell'opera, il 25 ottobre 2020, proprio nel giorno in cui l'attenzione in Italia è catalizzata dal decreto di chiusura dei teatri per un mese a causa della pandemia. Quasi volesse andarsene pian piano, all'ombra di una domenica cruciale, fra celebrazione e rivendicazione.
Fa un certo effetto anche pensare che avesse lasciato la carriera prestissimo, ritirandosi a vita privata a trentasei anni e lasciando tuttavia un segno che è difficile dimenticare. Non fu una tigre del palcoscenico, una di quelle primedonne abituate a imporsi con accenti fiammeggianti, ma, da soprano lirico puro di tecnica impeccabile e grande intelligenza musicale, attraversò con un gusto tale da non temere lo scorrere del tempo un repertorio che andava da Mozart a Pizzetti, passando per Puccini (una delle più grandi Magda della Rondine di tutti i tempi), Verdi (Alice Ford, Desdemona, Violetta), Donizetti (L'elisir d'amore) a Rossini. In particolare, a Firenze, fu Elena nella Donna del lago e una versione non proprio filologica ebbe modo non solo di dimostrare di saper rendere giustizia all'elegia romantica in una tessitura quasi mezzosopranile, ma anche di affrontare - dato l'estroso taglia-e-cuci cui è sottoposta la partitura - in maniera non meno pregevole pagine tratte da Bianca e Falliero. [CD, Rossini, La donna del lago]. Accanto alle molteplici testimonianze video tratte da produzioni Rai nelle quali possiamo apprezzare con la voce lo charme della presenza scenica, accanto alla sua Violetta e alla sua Adina, questo Rossini pionieristico e talora spudoratamente riscritto, che ci priva perfino del rondò finale della primadonna, ci dà la misura della duttilità tecnica, della consapevolezza, dello stile di una grande artista da prendere ancora a modello e punto di riferimento.