L'anno bifronte

Dal lockdown alla riapertura a piena capienza. Il futuro non è esente da preoccupazioni, ma l'anno appena trascorso non ha mancato di offrire soddisfazioni, segni di vitalità e spunti di discussione. Lo ripercorriamo insieme attraverso le copertine e le recensioni dell'Ape musicale.

È stato un anno diviso in due, il 2021. Ripercorrendo le nostre copertine mese per mese, sembra passata un'eternità dal gennaio scorso, con i teatri chiusi e gli spettacoli in streaming. Fra questi, Il crepuscolo dei sogni al Teatro Massimo di Palermo [Streaming da Palermo, Il crepuscolo dei sogni, 26/01/2021] fu uno splendido esempio, a tratti commovente, di creazione artistica per leggere il momento e il medium di diffusione, senza limitarsi a riprendere un'opera o un concerto a porte chiuse.

In febbraio abbiamo potuto salutare la – temporanea – riapertura di mostre e musei nelle zone gialle, ma l'opera e i concerti restavano attraverso uno schermo o, al massimo, per un pubblico ristretto di giornalisti e critici ammessi in sala. L'apparente privilegio, per chi ha coscienza, era il peso della responsabilità: trovarsi come unici interlocutori diretti degli artisti a rappresentare anche chi non poteva esserci. Mentre si scrive della Salome dalla Scala [Streaming da Milano, Salome, 20/02/2021] o dell'Aida da Parigi [Streaming da Parigi, Aida, 18/02/2021], un editoriale si rivolge pubblicamente al ministro Franceschini, tutto preso dalla sua idea (non proprio riuscitissima, abbiamo visto poi) di una “Netflix della cultura” [Lettera aperta al Ministro Franceschini].

La copertina di marzo è stata dedicata ad Adriana Lecouvreur [Rai da Bologna, Adriana Lecouvreur, 10/03/2021], la produzione prevista nella stagione 2020 del Comunale di Bologna e convertita in un bel film per la tv: un altro esempio di creatività che sfrutta la contingenza tecnica, ma saprà poi convertirsi (come le recite di novembre) di nuovo e felicemente in teatro.

Un altro film opera sbarca alla Rai in aprile: La traviata prodotta dall'Opera di Roma con la regia di Mario Martone e la direzione di Daniele Gatti [Rai3 da Roma, La traviata, 09/04/2021]. Nello stesso periodo, Rai5 collabora con il Regio di Parma e offre ai telespettatori il Pelléas et Mélisande negato al pubblico in teatro [Rai da Parma, Pelléas et Mélisande, 22/04/2021]. Dall'estero, intanto, arrivano le prime recensioni di recite aperte a Mosca e Vladivostok [da Mosca, Nabucco a Vladivostok, Le mille e una notte, 02/04/2021]. L'ora sta per scoccare anche in Italia: dal 26 aprile il pubblico può tornare in sala, seppur a capienza ridotta.

Mentre man mano si riparte, non possiamo fare a meno di salutare Carla Fracci con una copertina dedicata. Fra i concerti e l'opera, riserviamo un'attenzione particolare ai giovani: al festival di Rovereto [Rovereto, festival Settenovecento, 18/06/2021], al concorso Ziino che recupera l'edizione 2020 [Roma, i vincitori del Concorso Ziino 2020], al concorso di Barocco Europeo che riesce, fra preselezione on line e una giornata di approfondite audizioni a ruolo in presenza, addirittura a lanciare una produzione itinerante dell'intermezzo L'impresario delle Canarie di Sarro [Sacile, i vincitori del bando per L'impresario delle Canarie]. 

In luglio ripartono anche i Festival estivi e si festeggiano i cento anni dell'opera allo Sferisterio di Macerata con una buona nuova produzione di Aida [Macerata, Aida, 23/07/2021] e la ripresa della classica Traviata “degli specchi” [Macerata, La traviata, 25/07/2021]. Nello stesso mese, purtroppo, un altro terribile lutto colpisce il mondo dell'opera: dedichiamo una copertina speciale a Graham Vick, stroncato dal Covid ancora nel pieno della sua attività [Ricordo di Graham Vick].

Il Rossini Opera Festival, che recupera due titoli previsti nel 2020 e con la consueta fitta programmazione, è in copertina per agosto, mese in cui continuiamo a seguire l'Arena di Verona, ma anche i Festival di Martina Franca, Torre del Lago, Innsbruck e Trapani. [Pesaro, Moïse et Pharaon, 06/08/2021, Verona, Aida, 19/06/2021Martina Franca, L'Angelica, 30/07/2021Torre del Lago, Turandot, 20/08/2021Innsbruck, L’Idalma / Caino et Abel, 16-18/08/2021Trapani, Don Giovanni, 29/07/2021, per citare un solo spettacolo ciascuno]

In settembre, mentre ripartono le stagioni, torna anche il Festival Verdi di Parma, un successo che ha il suo vertice emozionale nella realizzazione – a cura di Jacopo Spirei – del progetto di Un ballo in maschera tratteggiato e incompiuto da Graham Vick [Parma, Un ballo in maschera (Gustavo III), 24/09/2021]. All'addio a Sylvano Bussotti seguiranno, il mese successivo, quelli a Edita Gruberova e Bernard Haitink. C'è anche, però, uno sguardo al futuro: in ottobre seguiamo con interesse la finale del Concorso Toscanini per direttori d'orchestra [Parma, finale Concorso internazionale di direzione d'orchestra Arturo Toscanini, 23/10/2021]. E fra le produzioni con cui i nostri teatri cercano di affacciarsi alla normalità di una capienza al 100%, abbiamo anche modo di raccontare l'entusiasmante esperienza dei Concerts d'Automne a Tours [Tours, Concerts d'Automne, 15-16-17/10/2021].

In novembre trionfa il barocco alla Scala, con La Calisto e Theodora [Milano, La Calisto, 13/11/2021, Milano, Theodora, 20/11/2021]; approdano di fronte al pubblico spettacoli che avevamo apprezzato in streaming e tv (dall'Adriana Lecouvreur a Bologna, ai concerti della Filarmonica marchigiana Macerata/Fabriano, concerto Bonato/Cardaropoli/Form, 24-26/11/2021). Roma dà un segnale di grande vitalità con il successo della prima assoluta di Julius Caesar di Battistelli [Roma, Julius Caesar, 25/11/2021], ma forse il momento più significativo è il ritorno dal vivo del Festival Donizetti Opera di Bergamo, una delle città più colpite dalla pandemia al mondo. L'accademia per giovani cantanti, un'ottima resa musicale per L'elisir d'amore, il grande lavoro teatrale di Francesco Micheli e del cast per Medea in Corinto e una Fille du régiment entusiasmante su tutti i fronti regalano delle giornate da incorniciare, mentre rappresnetanti dei teatri di tutto il mondo si riuniscono nel convegno di Opera Europa [Bergamo, C'erano una volta due bergamaschi..., 18/11/2021, Bergamo, L'elisir d'amore, 19/11/2021Bergamo, Medea in Corinto, 20/11/2021Bergamo, La fille du régiment, 21/11/2021].

Dicembre è il mese della prima della Scala, e si fa un gran parlare del Macbeth che riporta finalmente Sant'Ambrogio a essere un incontro in teatro e non un evento televisivo (anche se Davide Livermore modella la sua regia in prospettiva della rirpesa e trasmissione, Milano, Macbeth, 07/12/2021). Tuttavia, colpisce soprattutto il lavoro di regia e di concertazione di Mario Martone e Michele Mariotti a Napoli conun cast eccellente in Otello [Napoli, Otello, 14/12/2021]. L'anno bifronte, in cui l'opera, la danza e i concerti hanno corso sugli schermi e poi sono tornati in teatro si è concluso però anche con il ritorno al cinema del genere del Film opera, che dalla necessità ha forse trovato una nuova linfa di virtù: Gianni Schicchi firmato Michieletto chiude un cerchio e forse apre nuove strade, che non sostituiscono ma possono continuarea d affiancarsi al teatro [Opera e cinema: Gianni Schicchi di Damiano Michieletto].


ROBERTA PEDROTTI

Sono stati dodici mesi estremi: una prima metà ancora in casa, tutto streaming, senza più l'angoscia cupa del 2020, ma in un'attesa surreale, fra speranza e assuefazione;una seconda metà bulimica, senza arrestare l'attimo fuggente. Un anno di ritorni, ma anche di scoperte di teatri e realtà nuove (cito almeno il Ventidio Basso di Ascoli, il Gentile da Fabriano, l'Amintore Galli di Rimini, il Grand Théâtre de Tours. Il 2021 mi ha anche portata a tornare ai concorsi, spettatrice per il Toscanini, in giuria per la finale dello Ziino e soprattutto per tutte le fasi del concorso di Barocco Europeo a Sacile. Una vera impresa, risolta nel modo più felice grazie alla scelta accurata di un titolo accattivante, che richiede due soli personaggi ma anche un lavoro teatrale non indifferente: ottime voci giovani e i laboratori dell'Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida della regia intelligente di Cesare Scarton e della direzione musicale di Donatella Busetto. 

Per la portata emotiva, lo spettacolo dell'anno è stato Un ballo in maschera a Parma. Sicuramente una produzione che in astratto aveva i suoi limiti, ma così doveva essere per quello che rappresentava: il nostro abbraccio nell'ultimo progetto incompiuto di Graham Vick. Con tante persone che, anche senza conoscersi tutti reciprocamente, condividevano un legame con quest'uomo che tanto ci ha dato e tanto ci manca.

Per me il concerto dell'anno è stato una sorta di dittico: la Settima di Beethoven diretta da Alessandro Bonato in streaming in primavera e poi gustata dal vivo nell'acustica strepitosa di Fabriano. Devo, però, una menzione d'onore al Rachmaninov sacro ascoltato in una serata memorabile a Tours per Les Concerts d'Automne. 

Opera dell'anno all'insegna della gioia di vivere: La fille du régiment a Bergamo con un cast favoloso, una regia spassosissima e la direzione eccezionale di Michele Spotti. Come stagione nel suo complesso, non posso non segnalare l'esito positivo di Opera Lombardia, riconferma della vitalità della provincia sottolineata anche da altre firme dell'Ape musicale.

Per quanto riguarda i singoli artisti, fra grandi nomi, giovani e outsider, le belle prove sono state molte.

Soprani. Un'annata senz'altro positiva per diversi repertori: a Parma abbiamo applaudito Anna Pirozzi nel Ballo in maschera e Lisette Oropesa in un recital notevolissimo, Mariangela Sicilia ha dato ulteriore prova della sua statura di artista a Pesaro in concerto, nella Bohème a Bologna abbiamo ascoltato due Mimì molto interessanti (Benedetta Torre e Karen Gardeazabal). A Brescia, bravissime Rebeka Lokar come Minnie e Marigona Qerkezi come Leonora, ma per Anna Caterina Antonacci in Iphigénie gli aggettivi possono dirsi esauriti. Lode, infine, a Donizetti Opera per un notevole poker di primedonne (Caterina Sala, Carmela Remigio, Marta Torbidoni, Sarah Blanch).

Mezzosoprani/contralti. Vasilisa Berzhanskaya a Pesaro si è ormai confermata come una grande certezza, come pure Veronica Simeoni in Aida a Macerata e Adriana Lecouvreur a Bologna. Meritano una menzione l'intelligente Ulrica parmigiana di Anna Maria Chiuri e i recital raffinatissimi di Anna Bonitatibus a Pesaro e Taranto, anche se per me la vera sorpresa è stata Adriana Bignani Lesca come Marquise de Berkenfield a Bergamo.

Tenori. Sentire Osborn e Camarena in un paio di giorni a Bergamo è già un lusso che potrebbe valere l'anno intero. In ambito verdiano (e oltre) ci sono a darci grandi soddisfazioni anche Luciano Ganci a Macerata e Bologna e Piero Pretti a Parma. Antonino Siragusa ci ribadisce ogni volta di possedere l'elisir dell'eterna giovinezza vocale, ma in ambito rossiniano abbiamo ascoltato con gioia anche Maxim Mironov; cresce bene Ruzil Gatin e desta curiosità Jack Swanson. Mert Sungu ha fatto splendida figura in Gluck, mentre in Verdi registriamo i bei debutti di Riccardo Della Sciucca come Gabriele Adorno a Parma e quello di Matteo Falcier in Manrico per OperaLombardia.

Baritoni. Giorgio Caoduro, Pietro Spagnoli, Nicola Alaimo, Igor Golovatenko sono fra le conferme e le scoperte dell'anno. Ma una menzione speciale voglio riservarla a Bruno Taddia, grande Oreste nell'Iphigenie en Tauride.

Bassi. Propongo una triade d'oro con Roberto Tagliavini, Michele Pertusi, Ildar Abdrazakov. E, fra i più giovani, segnalo Roberto Lorenzi.

Direttori. Ormai molti emergenti sono definitivamente emersi e direi che abbiamo una generazione di over 40 che ci regala soddisfazioni, da Michele Mariotti e Francesco Lanzillotta, passando per Juraj Valcuha e comprendendo anche le generazioni di Roberto Abbado e Riccardo Chailly. Oksana Lyniv è anche lei per poco over 40, ma in Italia è una novità (e una bellissima novità: il suo concerto wagneriano a Bologna è stato notevole). Ora guardiamo agli under30: i concerti di Alessandro Bonato e le opere dirette da Michele Spotti stanno già per me nell'Olimpo del 2021 e ipotecano le mie aspettative per gli anni a venire. Sono stata felicissima di applaudire anche un altro giovane di talento come Nikolas Nägele e di assistere a Parma alla premiazione di Vitali Alekseenok al Concorso Toscanini.

Regia. La morte di Vick stende un velo su tutto l'anno. Ma lui ci avrebbe detto di guardare avanti. Ottimi i lavori di Rosetta Cucchi su Adriana Lecouvreur, di Emma Dante su Iphigenie en Tauride, Andrea Cigni con La fanciulla del West, Roberto Catalano con Il trovatore, Francesco Micheli con Medea in Corinto e Luis Ernesto Donas con La fille du régiment.

Solisti. Pochi i concerti da camera o con solisti in evidenza dal vivo quest'anno, ahimé. Ma fra questi, si segnala senz'altro il piacere di aver ascoltato il violino di Gennaro Cardaropoli: un giovanissimo dalla sensibilità musicale e maturità artistica rare.

Ripercorrendo questi ultimi mesi mi rendo conto che sono molte le belle cose che meriterebbero di esser citate, ma nella maggior parte dei casi si tratta di artisti che già annunciano di potersi far valere ancora in futuro. C'è anche qualcosa che non è andato, soprattutto, più che per mancanza di qualità, per eccessiva sicumera, qualche pizzico di divismo e compiacimento. Il bilancio, però, è di quelli che fanno guardare avanti con fiducia.


LUIGI RASO

Di questo 2021 ripercorro gli spettacoli più significativi che ho potuto seguire dal vivo.

Carmen in Piazza del Plebiscito a Napoli lo scorso giugno con una straordinaria e raffinatissima Elīna Garanča;

Il trovatore con il dream cast Anna Netrebko, Yusif Eyvazov, Luca Salsi e Anita Rachvelishvili: la prima rappresentazione si è tenuta in Piazza del Plebiscito, la seconda all’interno del San Carlo: sebbene in forma semiscenica, quella all’interno del San Carlo (a causa rischio pioggia) la ricordo come una delle più entusiasmanti serata d’opera alle quali abbia assistito. Pubblico in delirio per le prove trascinanti di Anna Netrebko e Anita Rachvelishvili;

Mi ha entusiasmato molto il violino di Valery Sokolov accompagnato da Jurai Valchua nel Concerto per violino di Chačaturjan al San Carlo lo scorso settembre;

A novembre 2021 all’Auditorium Parco della musica ho assistito al concerto dei Berliner Philharmoniker diretti da Kirill Petrenko. I Berliner sono sempre i Berliner e Petrenko si conferma e riconferma, battuta dopo battuta, il direttore geniale che è, capace di dare nuova vita a qualsiasi brano che esegue, di imprimergli una forza dionisiaca interna che – azzardo un paragone – mi ricorda quella di…Carlos Kleiber. E qui mi taccio per non addentrarmi in paragoni forse peregrini. Ad ogni modo, oggi, non credo che esista direttore più interessante di Kirill Petrenko;

Nel mio 2021 c’è La bohéme del San Carlo dell’ottobre scorso, se non altro perché ha segnato il ritorno del pubblico in sala, al pieno della capienza. Uno spettacolo prima dello spettacolo, dopo i lunghi mesi di spettacoli in streaming, che provo a rimuovere dalla mia memoria;

Più recentemente, l’Otello dello scorso novembre/dicembre al San Carlo, per la presenza di un grandissimo artista come Jonas Kaufmann, perfetto nel sopperire con la propria smisurata musicalità a un’organizzazione vocale ormai non più nel fiore degli anni. Interessantissima anche la direzione  di Michele Mariotti e ottima la prova del coro diretto da José Luis Basso. Della regia di Martone ho scritto volutamente fin troppo: riconfermo tutto e ribadisco che è stata di una intelligenza straordinaria e rara, a dispetto di ciò che ha pensato la maggior parte del pubblico. Per me, una delle più interessanti regie viste al San Carlo negli ultimi dieci anni;

In ultimo, La traviata di Salerno: il Verdi di Salerno è un teatro di provincia, ma – ed è ciò che più mi piace – trabocca di passione, al di là della resa artistica; lavorano tutti con impegno ed entusiasmo e ciò va riconosciuto e incoraggiato. Lo scorso 15 dicembre ho avuto modo di assistere alla (finora) più compiuta Violetta di Nino Machaidze, tra le varie che ho ascoltato: una Violetta estremamente matura vocalmente e interpretativamente;

Meriterebbe un cenno anche lo splendido Vespro della Beata Vergine eseguito nel Duomo di Napoli lo scorso 13 novembre dall’ensemble Musica Antiqua Latina e il Coro da camera italiana diretti da Giordano Antonelli per la Stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti. Confesso di nutrire profonda simpatia per l’Associazione Scarlatti, perché, pur senza tanti fondi, con una piccola struttura organizzative, firma stagioni di musica da camera sempre interessanti, ricche di stimoli, contaminazioni e proposte. Hanno attraversato, causa Covid, un periodo molto difficile, ma ora sono riusciti a programmare, per i prossimi mesi, una stagione di tutto rispetto, “itinerante” tra varie sedi a Napoli.

Per restare in ambito napoletano, le personalità che ricorderò del 2021 sono: Jurai Valcuha per aver saputo accrescere, anche in quest’anno “complicato”, smalto all’orchestra; José  Luis Basso per essere tornato a dirigere dopo un quarto di secolo il Coro del San Carlo e averlo letteralmente trasformato in soli pochi mesi di attività, donandogli una carica di energia e entusiasmo che ha del miracoloso, oltre che maggiore precisione e cura del suono.


ALBERTO PONTI

Per quanto riguarda i concerti cui ho avuto modo di assistere a Torino, sia di persona sia in streaming, direi che in genere, a fronte di un'offerta che, per gli inevitabili strascichi della pandemia, è stata senz'altro minore rispetto al passato (ma superiore al nefasto 2020!), la qualità è stata molto alta.

Mi riferisco al programma dell'Orchestra Sinfonica Nazionale e di MITO Settembre Musica.

La stagione del Regio mi è parsa finora molto di ripiego con qualche spettacolo estivo 'fatto in casa' di livello abbastanza routinario nella bellissima cornice dell'Arsenale (ma era importante rimettere in moto la macchina) e un paio di buoni concerti in autunno, soprattutto quelli diretti da Hartmut Haenchen (Brahms corale e Terza di Bruckner) e da Gianandrea Noseda (Schumann, ancora Brahms con il Canto delle Parche, e a mio parere la più bella tra le sinfonie di Dvorak vale a dire la Settima in re minore). Un plauso agli organizzatori per aver proposto un'opera rarissima e di estremo impegno come l'oratorio La vita nuova di Ermanno Wolf-Ferrari sotto la bacchetta di Renzetti. La stagione vera e propria del Regio entrerà nel vivo, salvo complicazioni si spera gestibili, a breve e promette di essere di alto livello. Vedremo!

Tra i concerti dell'OSN Rai emergono su tutti Daniele Gatti con la meditata integrale della quattro sinfonie di Schumann, in attesa tra pochi giorni della sua Nona di Bruckner, e del direttore emerito Fabio Luisi, a cui è stato affidata una direi storica serata d'apertura ad ottobre con la Fantastica di Berlioz e il Concerto per violino di Sibelius suonato da Hilary Hahn. Aspettiamo con piacere il ritorno di Luisi nei prossimi mesi con tre programmi sulla carta ben impaginati: il contemporaneo Panfili, la Quarta di Bruckner (autore che per fortuna si ascolta con sempre maggior frequenza!), Beethoven, Dvorak, Chopin e Aus Italien di Richard Strauss.

Tra le conferme Robert Trevino, nominato direttore ospite principale, con una spettacolare Quarta di Cajkovskij ascoltata di recente. È dal punto di vista della resa timbrica uno dei migliori direttori sulla piazza mondiale ed è quindi a suo agio nello sfolgorante repertorio tardoromantico e del secondo Ottocento e del Novecento storico. Se saprà confermarsi in autori finora da lui meno frequentati come la grande triade Haydn, Mozart (sinfonico e operistico) e Beethoven, che un musicista ambizioso non può non affrontare, sarà un protagonista di primo piano per molti decenni a venire. Anche Trevino ritornerà presto sul podio dell'auditorium Toscanini, con tre concerti di seguito a marzo: accanto a nomi a lui congeniali come Cajkovskij (Manfred), Webern, Elgar (la grandiosa prima Sinfonia), sarà a fianco dell'attesa venuta di Hélène Grimaud nel Concerto di Schumann. Farà anche un'interessante incursione nel contemporaneo interpretando Brett Dean e Fabio Nieder per Rai Nuova Musica.

Conferma, e non è una novità, per Ivo Pogorelich ascoltato a MITO nei sei Momenti musicali di Schumann e nello Chopin della terza Sonata e della Fantasia op. 49. Con gli anni il suo pianismo si è fatto meno irruento e più sfaccettato nelle minime sfumature, in grado di far percepire nuovi aspetti di pagine molto note.

Tra le scoperte, infine, il pianista francese Lucas Debargue, ospite ancora a MITO con un non facile ma affascinante impaginato tutto dedicato a Gabriel Faurè (poco frequentato nei grandi concerti ma nella musica pianistica e da camera è uno dei massimi autori di ogni epoca) e il violoncellista franco-tedesco Nicolas Altstaedt applaudito di recente alla Rai con un'intensa esecuzione di Schelomo di Ernest Bloch.


ANTONINO TROTTA

Tra i ricordi dell’anno si fanno adesso insistenti quelli che hanno scandito il ritorno ai luoghi del cuore, alle vecchie abitudini, alla quotidianità musicale che la pandemia ha violentemente cancellato. Si tratta di serate che in tempi di serenità sanitaria sarebbero state “un’altra serata” ma che nella ridda del virus si legano indissolubilmente e inevitabilmente all’emozione di quel piede che per la prima volta dopo mesi rivarca la soglia del foyer, emozione condivisa in parti eguali tra palcoscenico e platea. Penso a La traviata del Teatro Regio di Torino, con protagonista un’eccellente Gilda Fiume, al concerto Quarta-Redaelli dell’Unione Musicale, dove i protagonisti erano più emozionati del pubblico stesso, al Requiem del Teatro Municipale di Piacenza, al concerto Luisi-Malofeev con l’OSN Rai.

In un anno in cui per incentivare il ritorno al teatro talvolta s’è fatto appello ai grandi titoli della tradizione, non sono mancate grandi e interessanti novità: il Teatro Regio di Torino ha festeggiato l’anno dantesco con originalità, rispolverando la cantata La vita nuova di Wolf-Ferrari; il Teatro Carlo Felice, che negli ultimi anni ha ideato cartelloni con rare alzate d’ingegno, quest’anno ci ha piacevolmente sorpresi con Bianca e Fernando di Bellini, titolo che ha impegnato il teatro genovese anche in un processo di studio che instrada l’opera verso un’edizione critica definitiva.

Tante stelle internazionali hanno calcato le tavole di legno nostrane: Netrebko, Garanca, Kaufmann, Meade che nell’ultimo anno ha fatto dell’Italia il suo principale palcoscenico con il Gala e Il trovatore Teatro Massimo di Palermo, il recital a Martina Franca, Simon Boccanegra a Parma, Norma a Piacenza e Modena, Aida all’Arena e a Torino.

Di spettacoli purtroppo ne ho visti pochi, l’unico che mi sento di segnalare è Iphigénie en Tauride del circuito OperaLombardia, per la prova maiuscola della protagonista Anna Caterina Antonacci e degli altri comprimari, per la bella concertazione di Fasolis, per il lavoro di regia di Emma Dante, perché conferma la qualità della provincia italiana.


Un'ottima annata (anche per la musica)

di Lorenzo Cannistrà

Il 2021 è stato un anno d’oro non solo per le memorabili vittorie nello sport, ma anche per i trionfi dei giovani artisti italiani, che hanno dato lustro al Belpaese affermandosi nelle più prestigiose competizioni internazionali, dal ”Premio Paganini” di Genova al Concorso “Chopin” di Varsavia.

Al netto della recrudescenza del Covid-19 nell’ultima parte dell’anno, il 2021 è stato un anno per molti versi memorabile. Esso ha segnato, anche nell’opinione di chi non è aggiornato sui casi dell’arte, della scienza o dello spirito, il momento del riscatto di una nazione troppo spesso relegata nelle retrovie delle più importanti classifiche internazionali.

Innanzitutto, già il Paese nel suo complesso ha ricevuto degli attestati di stima non indifferenti dalla comunità internazionale per i miglioramenti registrati durante l’anno. Non a caso l'Economist ha incoronato l’Italia “Paese dell’anno 2021” per “un governo migliore, il successo sui vaccini, una nuova competenza politica e una forte ripresa economica”. E scusate se è poco.

Ma a trainare il sentimento collettivo di riscatto sono state forse di più (lo dico con una punta di malizia) le vittorie nello sport. E’ stato infatti obiettivamente difficile stare dietro alla girandola di emozioni e trofei che gli atleti italiani ci hanno regalato nel calcio, nel tennis, nell’atletica, e in varie altre discipline sportive.

Ma ricordiamoci anche di aver vinto un premio Nobel (Giorgio Parisi, per la fisica), e che anche la musica pop ha registrato importanti successi, come la vittoriadei Maneskin all’Eurovision, e il Golden Globe vinto da Laura Pausini.

Già, la musica. E la classica? Con piacevole sorpresa di chi segue il mondo della musica d’arte, l’ondata vincente ha riguardato anche alcuni giovani artisti italiani che si sono battuti quest’anno nelle più importanti competizioni internazionali del momento.

Si tratta di un settore che, ahimè, notoriamente non fa notizia, un po’ come se si stesse parlando di una clamorosa vittoria nella pelota basca. Ma senza addentrarci in una polemica un po’ trita, e limitandoci alla cronaca, segnaliamo che ci è voluta una lettera di Danilo Rossi, prima viola del Teatro alla Scala, indirizzata anche al Capo dello Stato, affinchè il violinista Giuseppe Gibboni venisse invitato proprio da Mattarella al Quirinale per ricevere gli onori dovuti a chi ha vinto – e in maniera decisamente meritata – il “Premio Paganini” di Genova, edizione 2021, uno dei concorsi più importanti al mondo per lo strumento ad arco.

Originario della provincia di Salerno, appena ventenne, Gibboni è stato incoronato dalla prestigiosa giuria presieduta da Sergej Krylov, vincendo anche altri premi minori all’interno della competizione. Una qualità del giovane violinista, che salta subito alle orecchie anche del più smaliziato ascoltatore, è quella riconosciutagli nientemeno che da Salvatore Accardo: la musicalità sincera. Bastano poche battute per capire che difficilmente ci si stancherà di ascoltarlo in concerto, tanto naturale e chiaro è il fraseggio, mobile e duttile come se il violino stesse davvero imitando la voce umana. Tanta chiarezza e sincerità non si perdono neanche nei passaggi più virtuosistici, condotti peraltro con sicurezza da veterano. Una splendida realtà, questo giovane strumentista, che ha già numerosissimi ingaggi, e al quale non è difficile preconizzare una carriera da star del suo strumento.

Da Paganini a Chopin: anche in terra polacca i nostri giovani hanno saputo farsi onore, dopo molti anni in cui al prestigiosissimo Concorso “Chopin” di Varsavia mancava un nome italiano tra i laureati. Il quinto posto di Leonora Armellini suona allo stesso tempo come un risultato di portata storica e tuttavia quasi ingeneroso: la ventinovenne pianista padovana ha mostrato una personalità assai spiccata e riconoscibile, soprattutto in mezzo ai soliti metronomici ed impeccabili orientali (il vincitore, Bruce Liu, cino-canadese, ne è un “fulgido” esempio). Alcune interpretazioni della Armellini (penso alla Ballata op. 52, o alla Polacca op. 53) sono state semplicemente memorabili per la freschezza e, anche qui, la sincerità dell’ispirazione. In questo senso la Armellini, lo dico senza retorica e conscio dei limti di questa espressione, si è fatta portatrice con il suo modo di suonare di una inconfondibile “italianità”. Mi ha favorevolemente impressionato poi l’assenza di remore della pianista a suonare spesso come se fosse in concerto piuttosto che in un concorso, prendendo anche dei rischi notevoli ma ben ripagati da una tecnica rodata, oltrechè del tutto naturale e piacevole da vedere. Di assoluto prestigio, poi, il secondo posto, ex aequo con il giapponese Kyohei Sorita, di Alexander Gadjiev, ventiseienne italo-sloveno. Personalità completamente opposta alla Armellini, Gadjiev ha impressionato per la tensione e l’introspezione delle sue esecuzioni. Sentirlo suonare significa trovare sorprese ad ogni angolo, grazie ad un incessante scandaglio, una continua interrogazione della partitura, il tutto sorretto da mezzi tecnici imponenti, eppur mai esibiti con compiacimento. Gadjiev si è rivelato una sorta di “pianista del futuro”, con un’attitudine all’analisi del testo musicale che ben di rado si può riscontrare in un giovane musicista.

Da Chopin a Liszt: a Budapest, il venticinquenne Giovanni Bertolazzi ha riportato un importante successo con il secondo posto alla prestigiosa “F. Liszt” International Piano Competition, svoltasi, appunto, nella capitale ungherese. Bertolazzi, veronese, già vincitore del premio Alkan edizione 2019, è un pianista solido, oserei dire granitico, capace di suonare le pagine più virtuosistiche di Liszt, oppure veri e propri banchi di prova come la sonata Waldstein di Beethoven e la Wanderer-Fantasie di Schubert (portate insieme, impavidamente, in una delle prove del concorso “Rina Sala Gallo” di Monza, nel 2018) senza versare una stilla di sudore. Come interprete ha ancora dei margini di crescita, attestandosi, per il momento, non oltre una notevole correttezza e un grande rispetto del segno grafico. In ogni caso, la tenuta concertistica perfetta, il gusto musicale sicuro (nonostante la giovane età), e la varietà timbrica che gli deriva da una tecnica di livello superiore, ne fanno uno dei giovani pianisti più interessanti dell’attuale panorama concertistico.

Non si può dimenticare, in questo breve excursus di successi musicali, l’Accademia Bizantina, ensemble fondato a Ravenna nel 1983, votata come seconda migliore orchestra al mondo ai “Gramophone Awards 2021”, e peraltro prima nella classifica delle orchestre europee. Il suo direttore, Ottavio Dantone, lo scorso novembre è stato invitato, insieme ai giovani vincitori di concorsi appena passati in rassegna, dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, il quale, preso evidentemente atto delle proteste arrivate dal mondo musicale per la scarsa considerazione di tali vittorie, ha affermato:"Il Paese si mobilita giustamente per le vittorie sportive, ma non abbastanza per dei risultati incredibili e straordinari sul piano culturale, come quelli raggiunti da questi ragazzi".

Questa osservazione, per quanto tardiva e ovvia, rende tuttavia giustizia anche a tutti quei giovani artisti che, sia pur nel piccolo e spesso misconosciuto mondo della musica classica, non hanno ottenuto forse altrettanta visibilità – penso alla straordinaria Serena Valluzzi, quarto posto al Concorso “Busoni” ed. 2021, che ha infuso nuova vita al Ravel di Gaspard de la nuit, con un controllo sopraffino del materiale sonoro e una musicalità alquanto originale. A lei, e a tutti i giovani artisti italiani che si stanno battendo con abnegazione negli agoni concorsuali di mezzo mondo, auguriamo che il 2022 sia un’altra ottima, memorabile, annata.