Metamorfosi di un sogno

di Michele Olivieri

Rai 5 nel palinsesto di Rai Cultura, ha proposto la coreografia ideata da Laurent Hilaire, ispirata alla versione di Mikhail Baryshnikov (disponibile anche su Rai Play). Tra gli interpreti principali, Isaac Hernández e Iana Salenko, accanto al corpo di ballo del Teatro Costanzi diretto da Eleonora Abbagnato. Un balletto particolarmente amato per virtuosismi e tecnica, tra colori accesi e mondi fumettistici, adatto a farsi circondare dal pubblico (in particolare quello giovane) sino a far diventare lo spettatore stesso protagonista della tecnica teatrale tra realtà e sogno.

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Roma, Don Chisciotte, 17/11/2017

Roma, Don Chisciotte, 16/10/2019

Don Chisciotte prende spunto dal romanzo di Miguel de Cervantes El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha. La storia narra di un eccentrico gentiluomo di campagna che si ritiene legittimo successore dei cavalieri erranti medievali e sogna la sua nobile dama Dulcinea, per la quale combatterà. I suoi sogni, però, vengono bruscamente interrotti da Sancho Panza, che sta fuggendo dopo aver rubato un pollo. Don Chisciotte lo nomina subito suo scudiero e insieme partono per avventure cavalleresche di guerra e d’amore. Nel primo atto Kitri, figlia dell’oste Lorenzo, è alla ricerca del suo innamorato, il barbiere Basilio, che incontra sulla piazza del villaggio. Le loro allegre danze si fermano improvvisamente all’apparire del padre di Kitri, che vuole costringerla a sposare il nobile e ricco Gamache che la ragazza fermamente rifiuta. Sopraggiungono Don Chisciotte e il suo servo Sancho ai quali Lorenzo offre ospitalità nella propria locanda. La gente del villaggio continua a danzare allegramente, prendendo in giro Sancho, finché il padrone non interviene in suo aiuto. Ammirando Kitri, Don Chisciotte ravvisa in lei l’adorata Dulcinea e galantemente le offre il braccio per un minuetto. A Gamache, furioso, non rimane altro che partecipare alle danze. Protetti dalla confusione, Kitri e Basilio riescono a fuggire e trovano rifugio in un mulino a vento, dove vengono assaliti dagli zingari, i quali, accortisi che i due non possiedono nulla, spostano la loro attenzione su Lorenzo e Gamache. Don Chisciotte accorre in aiuto degli oppressi ma viene improvvisamente attratto dal mulino a vento, che la sua fantasia trasforma in un gigante nemico da combattere. Ma le pale del mulino lo gettano a terra e gli zingari, per l’occasione travestiti da mostri, tentano di spaventarlo mentre Kitri e Basilio fuggono nuovamente. Ancora tramortito, Don Chisciotte sogna di essere trasportato in un giardino incantato, come premio per il suo coraggio e la fedeltà dimostrata. La regina delle Driadi lo conduce da Dulcinea, alla quale egli dichiara il suo amore. Ma il bel sogno svanisce all’improvviso.

Nel secondo atto Kitri e Basilio, rifugiatisi in una taverna, festeggiano felici il loro incontro con gli amici, ma sono raggiunti da Lorenzo, Gamache, Don Chisciotte e Sancho Panza. Lorenzo è più che mai deciso a dare sua figlia in sposa a Gamache. Disperato, Basilio tenta di salvare la situazione con un trucco e simula il suicidio, mentre Kitri implora l’aiuto di Don Chisciotte. Questi costringe Lorenzo a benedire i due innamorati, prima che la morte li separi per sempre. Ma appena ricevuta la sospirata benedizione, Basilio svela l’inganno, rialzandosi più vivo che mai. Indignato, Gamache sfida a duello Don Chisciotte, che ritiene responsabile dell’accaduto ma ne esce sconfitto. Tra i festeggiamenti e il gran finale Don Chisciotte e il suo scudiero ripartono in cerca di nuove avventure.

Anche se esistono numerosi adattamenti, la versione coreografica più celebre rimane quella firmata da Marius Petipa, su musica di Aloisius Ludwig Minkus, rappresentata per la prima volta in Russia nel 1869, dal Balletto del Teatro Bol’šoj di Mosca con interpreti Anna Sobeshchanskaya e Sergei Sokolov. Una nuova versione di Alexander Gorskij sempre per il Bolshoi appare nel 1900, su libretto ridotto a tre atti. Mentre nel 1871 troviamo il titolo a San Pietroburgo, presso il Teatro Marijinskij, con Alexandra Vergina e L.I. Ivanov.

Nel 1924 una nuova versione abbreviata, su coreografia di Laurent Novikov, viene creata per la Compagnia della leggendaria ballerina Anna Pavlova. Nel 1953 per la Stagione Mediterranea di Arte e Culturale, presso il Festival di Nervi, si assiste ad un adattamento firmato da Anatole Oboukoff. In Francia troviamo il debutto del Don Chisciotte all’Opéra-Comique nel gennaio 1958, sempre su coreografia di Marius Petipa, con interpreti M. Tallchief e M. Skibine. Nel giugno dello stesso anno al Théâtre de l’Opéra (Palais Garnier) fa capolino con il Balletto del Bolshoi di Mosca su coreografia di Alexandre Gorsky con interpreti principali la coppia Olga Lepechinskaia e M. Kondratov. Nello stesso anno al Balletto Nazionale Finlandese di Helsinki è di scena la coreografia di George Gé con Doris Laine e Klaus Salin.

Si ricordano poi le versioni del Ballet Rambert nel 1962 per la coreografia di Gorskj e Zakharov, riprodotta da Witold Borkowski, con le scenografie e i costumi di Voytek (versione proposta in seguito nel 1970 dal London Festival Ballet al Coliseum di Londra con le scenografie e i costumi di Emanuele Luzzati, interpreti Galina Samtsova, André Prokovsky e Piers Beaumont), e quella di George Balanchine nel 1965 per il “New York City Ballet” su musica di Nicolas Nabokov.

Significativo l’allestimento di Rudolf Nureyev del 1966 per il corpo di ballo dell’Opera di Stato di Vienna (adattamento musicale di John Lanchbery) con interpreti Ully Wuhrer e lo stesso Nureyev (versione entrata da anni con successo nel repertorio del Teatro alla Scala di Milano), e quella del 1972 a Parigi presso l’Opéra con il Balletto del Bolshoi di Mosca per la coreografia di Gorskij revisionata da Zakharov-Goleizovsky, con interprete la leggendaria coppia formata da Ekaterina Maximova e Vladimir Vasiliev.

Nel 1974 si ricorda a New York per l’American Ballet Theatre il passo a due nella versione del Kirov danzato da Mikhail Baryshnikov con Natalia Makarova (poi con Gelesy Kirkland e Noëlla  Pontois) in scena nella versione integrale del 1978 firmata da Baryshnikov con ABT (da cui Laurent Hilaire si è ispirato per la produzione andata in scena a Roma e trasmessa dalla Rai).

La versione di Gorskij venne riprodotta anche da Zarko Prebil con le scene di Nicola Benois per il Teatro dell’Opera di Roma nel 1979, con Diana Ferrara e Vladimir Vasiliev. Nello stesso anno al Palazzo dei Congressi di Mosca il Balletto del Boshoi presenta la coreografia di Gorskij con danze e variazioni coreografiche aggiunte da Kasyan Goleizovsky e Rostislav Zakharova. Sempre nel 1979 è la volta nuovamente della coreografia di Rudolf Nureyev (con Richard Nowotny) in debutto a Zurigo presso l’Opernhaus con interpreti Eva Evdokimova e lo stesso Nureyev.

La messa in scena di John Neumeier nel 1979 su musica di Richard Strauss, scenografie e costumi di Marco Arturo Marelli, vide il debutto con l’Hamburg Ballet: nei ruoli principali Max Midinet, Roy Wierzbicki, Ivan Liska, Colleen Scott, Beatrice Cordua, Lynne Charles. Il Don Chisciotte di Neumeier sogna un mondo cavalleresco. Sancho sogna un mondo profano. Quando si svegliano, i due si incontrano. Alienati e allo stesso tempo affascinati l’uno dall’altro, stanno insieme. Don Chisciotte confonde costantemente la realtà con il suo mondo dei sogni. Sancho lo salva dalle difficoltà che ne derivano. Don Chisciotte parla con entusiasmo del suo mondo cavalleresco. Sancho si addormenta. Don Chisciotte è arrabbiato. Sancho, invece, incontra il suo sogno e segue la ragazza. Don Chisciotte confonde una pazza con la sua figura da sogno, Dulcinea. Sancho interviene con orrore e conduce Don Chisciotte più a fondo nei piaceri del suo mondo moderno. Don Chisciotte partecipa e diventa anche campione di boxe. Mentre gli altri celebrano la sua vittoria, si rende conto di aver ucciso il suo stesso sogno.

Da menzionare il Don Chisciotte nell’adattamento per il Moscow City Ballet firmato a livello coreografico da Marius Petipa, Kasyan Goleizovsky, Alexander Gorsky, Rostislav Zakharov e Victor Smirnov-Golovanov.

Nel luglio del 1978 a Sanremo sul palcoscenico del Teatro Ariston il Don Chisciotte viene rappresentato in un prologo e 2 atti, con 8 quadri, per la scenografia di Marinel Stefanescu su musica di Minkus, diretta dal M° Trailescu con l’Orchestra di Oradea, scene di Aldo Vacondio, costumi di Marinel Stefanescu. Importante la figura del pianista per le prove: Voicu Emilian, in quanto, curiosità dell’epoca, non esistevano registrazioni in commercio. Nel cast originale Nicolae Denes, Vasile Mattei, Liliana Cosi, Marinel Stefanescu, Gheorghe Iancu, Ileana Iliescu, Cesare Proietti, Ovidiu Stoica, Louise Stefanescu, Liliana Sandu, Marc Renouard, Cornel Stroia, Laurance Moussard. Tutto il Corpo di ballo fu impegnato nei ruoli del duca di Barcellona, mercanti, fioraie, toreri, zingari, driadi, cortigiani della città. Un particolare nuovo allestimento vide la luce nel 1983 per la tournée estiva, in due atti e prologo senza il Sogno, sulle scene di Basilio Chalkidiotis (sempre a cura della Compagnia di Balletto Classico Cosi-Stefanescu).

Una versione fu firmata da Michail Baryšnikov nel 1980 per l’American Ballet Théâtre, e un altro adattamento da Éric Vu-An per il Balletto del Grand Théâtre di Bordeaux nel 1995, in seguito ripreso a favore del “Ballet Nice Méditerranée” nel 2010.

Da menzionare l’adattamento del 1989, nato dall’estro coreografico di Heinz Spoerli per il proprio ensemble, in scena al Teatro di Basilea, e nuovamente riallestito nel 2006 al Teatro dell’Opera di Zurigo.

La Compañía Flamenca de José Moro, danzatore di flamenco italiano che corrisponde al nome di Alvise Carbone. Nato dalla celebre famiglia di artisti (padre Giuseppe Carbone, madre Iride Sauri, fratelli Alessio, già primo ballerino dell’Opéra di Parigi e Beatrice, solista del Corpo di Ballo della Scala), ha firmato la coreografia e la regia dello spettacolo ispirato alle vicende di Don Chichotte con lo stesso José Moro nel ruolo da protagonista, in scena nel 2009 presso lo storico Festival Vignaledanza (Monferrato).

Presentato dall’Universal Ballet, la più antica compagnia di balletto privata della Korea, il Don Chisciotte, ha debuttato nel 1997 all’Opera Theatre nel Seoul Arts Center, con la versione di Aleksander Gosky, Rostislav Zakharov da Marius Petipa rivista per l’occasione dal Maestro Oleg Vinogradov.

Nel 2013 viene presentato l’arrangiamento della coreografa venezuelana Laura Fiorucci, basato sull’originale di Marius Petipa, con interpreti Susan Bello e Henry Montilla, per il “Ballet Teresa Carreño”.

In prima assoluta appare, nel 2016, la rielaborazione coreografica al PimOff di Milano del collettivo torinese Zerogrammi dal titolo Jentu, sul Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Questa riscrittura attinge, oltre al romanzo, anche a diversi spunti letterari e cinematografici tra cui la poesia Don Chisciotte del poeta turco Nazim Hikmet, alla quale il coreografo Stefano Mazzotta si è ispirato per la creazione del personaggio del protagonista. Nello spettacolo, come nel testo, lo sguardo di Don Chisciotte si posa sull’ambiguità della vita senza farsene schiacciare, sfida le convenzioni, prova a tenere insieme passione e disincanto perché la bellezza trionfi sopra ogni imbruttimento del mondo. Ma è nel titolo che si rivela l’anima del progetto poiché Jentu in dialetto salentino, terra d’origine del coreografo, significa vento, elemento semantico che assume un triplice significato nella scrittura scenica. Il primo legato a tradizioni e leggende popolari secondo cui alcuni venti sono portatori di follia e fanno impazzire gli uomini, proprio come l’eroe protagonista incompreso, ridicolizzato e neutralizzato in quanto pazzo. In secondo luogo il vento è metafora dello scorrere del tempo e dell’avanzare della vicenda, ambientata in un momento storico indefinito, elemento cui aggrapparsi per sfuggire all’immobilità. Da ultimo è possibile scorgere nel vento il senso di sospensione, di trasporto e di leggerezza che si traduce nelle scelte coreografiche. Come diceva Stefano Mazzotta in un comunicato stampa al tempo del debutto: “La follia di Don Chisciotte ci può rendere saggi. Il suo sguardo resta prezioso per chi osa ancora oggi, ai tempi del pensiero unico, sperare contro ogni speranza. È un innocente che grida perché lo si liberi dagli incantamenti del mondo”. Zerogrammi è una compagnia costituita nel 2006 da Stefano Mazzotta ed Emanuele Sciannamea, diplomati presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, diretta da Marinella Guatterini.

Il Teatrul De Balet Sibiu ha prodotto un suo Don Chisciotte con la Compagnia Sibiu Ballet (fondato nel 2008 presso la House of Culture di Sibiu, nel cuore della Transilvania), supportata dai virtuosismi coreografici di Marius Petipa e Alexander Gorsky, adattati dal Maestro Mihai Babușka (attuale direttore artistico e coreografo del Bucarest National Opera Ballet), per la regia di Ovidiu Dragoman (direttore della compagnia e già primo ballerino del Serbian National Théâtre di Novi Sad, e del Balletto Nazionale Sloveno di Ljubljana) con le scenografie di Alin Gavrilă.

Anche il grande ballerino e coreografo spagnolo, Joaquín Cortés ha danzato nel Don Chisciotte sulle coreografie di Vicente Nebrada per il Balletto Teresa Carreño (conosciuto anche come National Ballet of Caracas), uno dei complessi culturali più importanti dell’America Latina e il più grande di tutto il Venezuela, con sede nella capitale. La compagnia, di prestigio internazionale, che porta il nome della famosa pianista venezuelana Teresa Carreño, è composta del Coro dell’Opera Teresa Carreño e bene appunto dal Balletto. L’adattamento di Nebrada, già celebre ballerino internazionale, gode di uno stile neoclassico per cui le variazioni in scena conferiscono plasticità ed espressività alle linee simmetriche e l’armonia si tramuta in viscerale portamento.

È del 2014 la nuova creazione Don Q (Don Quixote de la Mancha) del coreografo Eugenio Scigliano per Aterballetto in debutto al Teatro Comunale di Bolzano. Ad interessare Scigliano la particolare natura umana – quella del “dreamer” – dell’Hidalgo di Cervantes, eroe particolarmente amato dal mondo del balletto per il suo mondo ideale acceso di sogni. Scigliano porta in scena lo spaesamento umano e la necessità di non abdicare ai propri principi. Nel suo Don Q l’antieroe di Cervantes assume connotazioni contemporanee tra visioni oniriche e percezione di un contesto d’azione reale. Emerge, da un impianto scenico sospeso fra il concettuale e il “puro visivo”, un uomo che da un lato “sopravvive” alla decadenza del suo tempo grazie alla sua stessa follia e dall’altro “vive” in virtù dei sentimenti più nobili e universali: amore ed amicizia. L’ingegnoso Hidalgo diventa così metafora inquieta dell’artista in equilibrio instabile fra la realtà e l’immaginario da lui stesso creato. Anche la scelta musicale ricalca questa sorta di schizofrenia: a brani di musica classica spagnola si alternano le sperimentazioni sonore del finlandese Kimmo Pohjonen, quasi ad affermare l’universalità di un Don Quixote, il cui spirito non omologato dovrebbe ispirarci oggi più che mai.

Nell’aprile 2017 al Teatro dell’Opera di Norimberga debutta il Don Quijote su musica di Owen Belton e Frédéric Chopin con la coreografia originale di Goyo Montero creata per lo Staatstheater Nuremberg Ballet.

Una versione dal titolo Io, Don Chisciotte la troviamo per e con il Balletto di Roma nel 2019 con la coreografia e la regia di Fabrizio Monteverde, musiche di Ludwig Minkus e autori vari, (assistenti alla coreografia Anna Manes e Sarah Taylor). In questa trasposizione del romanzo di Cervantes il protagonista incarna la doppiezza, la con-fusione degli opposti.

Al San Carlo di Napoli nel 2020 è stato rappresentato un Don Quijote nella scrittura originale russa con l’inedita coreografia di Aleksej Fadeečev, che ha ripreso fedelmente l’originale di Petipa, sulle scenografie di Viaĉeslav Okunev, nell’allestimento del Teatro Statale d’Opera e Balletto di Tbilisi. Nel cast due stelle di prima grandezza del panorama della danza mondiale: Maria Kochekova e Daniil Simkin con il Balletto del San Carlo diretto allora da Giuseppe Picone. La sfavillante edizione di Aleksej Fadeečev ha incantato gli spettatori per la sua atmosfera solare, allegra, divertente e di grande bellezza tecnica.

Nella trasposizione trasmessa da Rai Cultura a chiusura della stagione di danza 2018-2019 del Teatro dell’Opera di Roma (medesima produzione che aveva aperto il 15 novembre 2017 la precedente stagione) le coreografie di Laurent Hilaire sono ispirate all’allestimento creato da Mikhail Baryshnikov per l’American Ballet Theatre, basato sull’originale di Marius Petipa e poi di Alexander Gorky. L’elaborazione del tutto nuova, concepita per il corpo di ballo romano su commissione della direttrice Eleonora Abbagnato, è un omaggio al mondo della celluloide. Colori e fumetti fanno da contorno a questo Don Chisciotte in scena al Teatro Costanzi. Protagonisti indiscussi dell’operazione Laurent Hilaire, già étoile e Maître de Ballet associé à la Direction de la Danse dell’Opéra di Parigi e Direttore del Balletto dello Stanislavsky and Nemirovich-Danchenko Moscow Music Theatre (ha rassegnato da poco le dimissioni per protesta contro l'attacco russo in Ucraina), e Mikhail Baryshnikov, iconico danzatore, tra i più grandi ballerini della storia mondiale. Come aveva dichiarato la Abbagnato ai tempi del debutto “(...) è di Mikhail Baryshnikov l’idea di affidare a Laurent Hilaire una rivisitazione della sua versione di Don Chisciotte, una versione che fu presentata per la prima volta il 28 marzo 1978 al Kennedy Center Opera House di Washington e danzata dalle maggiori compagnie internazionali. Ne abbiamo parlato a lungo a Parigi ed è stato Baryshnikov a darmi l’idea di scegliere Hilaire. Tra loro c’è un legame molto forte, un legame che incrocia anche il nome di Rudolf Nureyev”. L’estro di Hilaire (qui coadiuvato dal coreografo collaboratore Yuri Vasilkov e dagli assistenti coreografi Patricia Ruanne e Gillian Whittingham) risulta particolarmente ridondante, con l’aggiunta a quelle firmate da Baryshnikov (di matrice favolistica ben adatte ad un pubblico di giovanissimi) di altre danze sull’originale di Marius Petipa. L’accademismo si colora in maniera fantasmagorica grazie alle scene e ai costumi ideati da Vladimir Radunsky, il quale ha dipinto le proprie idee trasformandole in quadri con suggestioni che si rifanno ad un misto tra Almodovar, Luzzati, Miró e Botero, per stile, forma ed atmosfere. I riferimenti sono giocosi, buffi e grotteschi, rimandando al candore scherzoso della fanciullezza. A interpretare i ruoli principali di Kitri e Basilio le star Iana Salenko e Isaac Hernández, con l’affiatato Corpo di ballo del Costanzi. Due fuoriclasse che hanno saputo mostrare, entrambi, il punto di forza della produzione che è da ricercarsi nella chiara leggibilità della narrazione e degli intrecci. La parte di Basilio è rimasta invariata rispetto all’originale creata da Baryshnikov per sé stesso, con le ormai famose prodezze tecniche, che insieme a quelle di Kitri infondono vitalità, dinamismo, rendendo perfette le fisicità e le agilità tecniche dei due interpreti. Nel complesso la serata, pur vista con i limiti dei mezzi televisivi, risulta ricca di luce e di spazialità. Chi ne esce maggiormente soddisfatto sono i bambini che non sanno resistere al fascino dei “giocattoli” che si animano in palcoscenico per il fantastico viaggio di Don Chisciotte. Già dalla sigla di apertura si intuisce il desiderio di trasformare il balletto in un cartone animato (regia televisiva di Alessandra De Sanctis). Il pregio dello spettacolo è che educa i più giovani all’arte della danza e del teatro, divertendoli, con un linguaggio a loro affine, assecondandoli nella curiosità di riconoscere un furibondo gigante sotto la maschera di un innocente mulino. Le musiche dirette da David Garforth sono apparse a tinte piene, particolarmente raggianti. I freschi talenti capitolini hanno dato prova di crescita. Da sottolineare per efficiente presenza e interiorizzazione del ruolo: Rebecca Bianchi (Amore), Arianna Tiberi (Regina delle Driadi), Claudio Cocino (Espada), Manuel Paruccini (Gamache), Annalisa Cianci (Mercedes), Damiano Mongelli (Don Chisciotte), Mike Derrua (Sancho Panza), Michael Morrone (Lorenzo), Sara Loro e Giorgia Calenda (Due Amiche), Marco Marangio (Capo dei Banditi). Divertenti i saluti finali giocati sotto una fitta, e poetica, nevicata. Perseguire i propri ideali è la migliore dimostrazione del proprio valore, e di questo ci auguriamo che gli spettatori più giovani ne abbiano tratto consiglio e ispirazione. A tal proposito, Miguel de Cervantes nel suo Don Chisciotte della Mancia, scriveva “Chi non sa godere della fortuna quando gli si presenta, non si deve lamentare se poi gli sfugge”.