Il valore del canto

di Roberta Pedrotti

Insieme con Roberto Abbondanza, Nicolò Ceriani, Rosanna Savoia e Orietta Calcinoni facciamo il punto sulla candidatura dell'arte del canto lirico italiano a patrimonio immateriale dell'umanità Unesco.

Nel marzo 2022 l’arte del Canto lirico italiano è stata candidata ufficialmente dall’Italia come patrimonio immateriale dell'umanità presso l'Unesco. È un punto d'arrivo – seppur non ancora la meta finale che tutti auspichiamo – di un percorso che viene da lontano, dal 2013, quando si candidò l'Opera lirica italiana. L’obiettivo fu mancato e la pizza ebbe la meglio. La cosa, naturalmente, destò un certo scalpore nell'ambiente, ma bisognava approfondire ciò che Unesco definisce Immaterial Cultural Heritage: ovvero tutto ciò che concerne una tradizione, un artigianato, saperi tramandati in forma orale, consuetudini che parlano di identità ed evocano un’appartenenza sociale e culturale che va ben al di là di un piatto, una bevanda, una prassi musicale. E l’arte del canto lirico italiano possiede tutte quelle peculiarità che richiede la Convenzione Unesco 2003.A questo patrimonio culturale immateriale , che utilizza l’italiano come strumento peculiare di emissione vocale, sono associati una molteplicità di patrimoni materiali: basti pensare alla ricca bibliografia di trattati e manuali di canto fino ad arrivare alle varie composizioni vocali ove esso si esprime, dalla musica da camera, passando per quella sacra e sinfonica fino ad arrivare all’opera lirica, sua massima espressione. E, naturalmente, coinvolge attorno a sé tutta una comunità di professionisti e amatori, artigiani, artisti, appassionati, autori e interpreti, nonché addetti ai lavori a vario titolo. Pertanto, l'iter burocratico per inoltrare e sostenere la candidatura di questo bene culturale immateriale ha richiesto non solo un'approfondita conoscenza dell’elemento, ma soprattutto un dossier complesso, come indicato dalla Convenzione.

L’iniziativa fu proposta dalla pionieristica associazione dei Cantori professionisti d'Italia (CPI) e poi il testimone, negli anni, è stato raccolto da Assolirica, attuale associazione di categoria degli artisti lirici. Molti sono i nomi che si sono spesi per promuovere questo percorso, né si può dimenticare la memoria di Gianluca Floris, presidente di Assolirica recentemente e prematuramente scomparso. Abbiamo sentito il suo successore, il baritono Roberto Abbondanza, insieme al collega di corda e vicepresidente Nicolò Ceriani, mentre ci hanno aiutato ad entrare un po' più a fondo nel percorso il soprano Rosanna Savoia (già presidente di Assolirica e attualmente membro del direttivo) coordinatrice del Gruppo di lavoro per il dossier e la foniatra Orietta Calcinoni, a sua volta parte gruppo di esperti.

Con tutti è inevitabile parlare delle problematiche sorte negli ultimi due anni, con la pandemia, la chiusura dei teatri e tutte le limitazioni imposte dall'emergenza sanitaria. In questo momento di precarietà sono venuti al pettine tutti i nodi critici del settore in Italia (ma non solo), in primo luogo la mancanza di tutele e garanzie, i modelli contrattuali vetusti, lo scarso dialogo fra parti in causa. La crisi ha portato alla luce problemi latenti, ma ha anche dimostrato la vitalità, la capacità di reazione nonché l'impegno e la coesione di molti lavoratori – non solo cantanti – per elaborare soluzioni condivise. Non c'è dubbio che questo clima abbia anche incentivato l'impegno per affermare il canto lirico nel suo valore culturale a più ampio raggio, di fatto già patrimonio culturale dell'umanità. A riguardo Abbondanza si esprime con passione portando ad esempio la sua esperienza di docente anche in estremo oriente: il baritono romano segnala da un lato il valore intrinseco, subito riconosciuto (fa l'esempio di competizioni corali internazionali) della formazione tecnica e musicale nel canto lirico all'italiana anche per chi poi si rivolge ad altri generi musicali, dall'altro lato sottolinea l'importanza di una tutela anche didattica, di una valorizzazione del canto e della qualità dell'insegnamento nei cicli di studi professionalizzanti e non. Gli fa eco Ceriani, nel raccontare sia le esperienze personali come alunno alle prese con il canto corale grazie a un maestro elementare illuminato, sia delle ricerche svolte per la sua tesi di laurea nei territori un tempo appartenenti all'impero asburgico: qui l'idioma del canto lirico è una costante culturale diffusa e riconosciuta proprio perché ampiamente praticata anche dai dilettanti.

Dunque, il riconoscimento è un'importante certificazione per quello che ai promotori (e a tutti noi che ruotiamo intorno al mondo dell'opera, ed evidentemente anche a chi ha accolto e appoggiato la candidatura) pare un dato di fatto: la tradizione antica di un canto basato sull'articolazione della parola e affinato in modo da poter essere udibile in ampi spazi, con accompagnamento di organici strumentali anche nutriti senza bisogno di amplificazione artificiale è un elemento culturale importante, socialmente radicato, al centro di una rete di trasmissioni di conoscenze e competenze ampia e ramificata. L’arte del canto lirico italiano, come ci racconta Rosanna Savoia, non è solo un tipo di canto fisiologicamente controllato che, tramite una serie di pratiche e abilità, tramandate oralmente da maestro ad allievo, permette la proiezione della voce similmente ad uno strumento musicale ma è soprattutto racconto della voce interiore dell’uomo, è veicolo di sentimenti, affetti, emozioni che ne raccontano la storia, le usanze, l’appartenenza: davanti alla crescente globalizzazione, è necessario tutelare un patrimonio così ricco ma fragile. Il riconoscimento spingerà a sostenere ed incrementare l’educazione al canto lirico italiano delle giovani generazioni attraverso la trasmissione formale e non formale ma soprattutto educherà alla conoscenza del patrimonio culturale immateriale in generale.

Fra le mille sfaccettature del canto lirico all'italiana è stato infine interessante indagarne l’aspetto scientifico e terapeutico, come ci racconta la foniatra Orietta Calcinoni: ben prima dell'epoca positivista e del laringoscopio (inventato da Manuel Garcia jr) la voce è stato oggetto d'attenzione scientifica, come testimoniano gli scritti di Gaffurio e Leonardo. Tutto questo retaggio, portato nella pratica quotidiana, acquista un suo fascino quando si osservano le caratteristiche uniche di ogni persona, di ogni fisiologia, di ogni voce, per cui “fa un po' sorridere di tenerezza sentir parlare di nuovo Pavarotti, nuova Callas...” Così, si apre anche il discorso storico e stilistico sulle classificazioni delle voci, una convenzione che può cambiare nel tempo e che fa parte di una trasmissione del patrimonio in continua evoluzione, inducendoci anche a riflettere sulla definizione stessa di vocalità associate a determinato repertorio come avviene, per esempio, nella prassi ottocentesca. Torna alla ribalta il tema della formazione, della trasmissione tecnica e della competenza per sviluppare e assecondare al meglio il potenziale di una voce (fa l'esempio di Marcell Jacobs, che dal salto in lungo è passato alla corsa con i risultati strepitosi che sappiamo: il canto ha molto in comune con lo sport), e con esso anche il tema del linguaggio, perché la trasmissione del patrimonio passa anche attraverso la descrizione di sensazioni fisiche o termini gergali che possono cambiare nei diversi generi vocali o nella pratica di diverse scuole e che non sempre hanno un'effettiva corrispondenza scientifica (di fatto non l'hanno i concetti di petto o maschera, che pure sono fondamentali nel lessico consolidato). Ma ciò che emerge particolarmente è il valore socio-culturale di quest’arte e le sue capacità terapeutiche :oltre alla rete di professionalità, attività e competenze che afferiscono specificamente alla pratica del canto lirico, c'è la socialità, l'ascolto reciproco, la ricerca di armonia e consonanza nella coralità e nel far teatro e musica insieme, il rapporto con il proprio corpo, il benessere che ne consegue dalla pratica, la consapevolezza che per farsi sentire non occorre affatto urlare: infatti il canto lirico è l'antitesi dell'urlo, si poggia sulla parola articolata senza sforzo, e i suoi principi sono utilissimi anche solo a chi ha bisogno di parlare molto (per esempio, gli insegnanti). Sempre con Orietta Calcinoni si affronta la questione anche in rapporto alla pandemia, ha un virus che colpisce proprio le vie respiratorie, all'uso della mascherina e, ancora, all'importanza e all'utilità del patrimonio del canto lirico all'italiana per la salute della voce e della comunicazione, a livello fisico ma anche psicologico, di percezione di sé e degli altri.

Quest’arte tutta italiana porta con sé una profonda rete di valori universali, che va be al di là della punta dell'iceberg della performance professionale e, con la sua portata sociale, culturale, terapeutica, antropologica, inclusiva e identitaria ha davvero tutte le caratteristiche per essere patrimonio immateriale dell'umanità.

Info

Il canto lirico candidato come bene immateriale Unesco

https://www.assolirica.it/

https://www.slideshare.net/cantoriproitalia/resoconto-2011-2017-candidatura-unesco-opera-lirica-italiana

Il Comitato per la Salvaguardia dell’Arte del Canto Lirico Italiano è composto da:
• Assolirica con sede in Roma, nella persona del suo presidente Roberto Abbondanza
• Francesco Bellotto, esperto
• Orietta Calcinoni, esperta
• Carmelo Di Gennaro, esperto
• Fondazione Teatro alla Scala con sede in Milano, nella persona del suo Sovrintendente Dominique, Robert, Antoine Meyer
• ANFOLS con sede in Roma, nella persona del suo Presidente Francesco Giambrone
• ATIT con sede in Roma, nella persona del suo presidente e legale rappresentate Luciano Messi
• Federico Domenico Eraldo Sacchi, esperto
• Rosanna Savoia, esperta
• Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia con sede in Roma, nella persona del suo Presidente Sovrintendente  Michele dall’Ongaro
• Marco Tutino, esperto

Il direttivo di Assolirica