Una carriera “in volo”

di Michele Olivieri

Un ricordo di Bruno Vescovo, storico primo ballerino scaligero, ma anche insegnante, Maître e Professeur de ballet.

Milano, 2 gennaio 2023 - Con Bruno Vescovo si spegne un nome storico del Balletto della Scala, un primo ballerino sempre al passo coi tempi grazie alla sua innata positività, all’ironia, all’integrità dei valori. Costantemente pronto alla battuta, lo ricordiamo per il suo coinvolgente sorriso e per la sua generosità verso i tanti allievi cui in anni di onorata professione, sia nelle vesti di maestro sia in quelle di maître, ha saputo ispirare e trasmettere passione, esperienza e amore per la nobile professione tersicorea. Un grande signore, un ballerino con una carriera ricca di incontri e di collaborazioni. Ha ballato con i più grandi miti del Novecento, è stato una persona munita delle capacità e dell’autorità necessarie per incoraggiare e spronare, per molti anche un amico prezioso. Sicuramente il suo ricordo ci illuminerà e come un faro sarà di esempio ai danzatori del presente ed anche a coloro che si avvicineranno alla carriera che lui aveva intrapreso con trasporto. Un interprete completo, curioso, poliedrico e intelligente, un esempio di dedizione e determinazione.

La Scala, il suo teatro che lo ha visto per tanti anni alla ribalta a raccogliere consensi e successi, unitamente all’attuale Corpo di Ballo (nel comunicato stampa diramato dall’Ente Lirico) piange “la scomparsa di Bruno Vescovo, che nel tempio del Piermarini ha iniziato e sviluppato la sua lunga carriera artistica, da allievo della Scuola di Ballo, dove si è e diplomato nel 1968, per poi entrare subito, all’età di diciannove anni, nel Corpo di Ballo, in breve tempo diventandone solista e poi primo ballerino. Una carriera intensa in anni storici per il balletto scaligero, per il grande repertorio e per la presenza di prestigiose firme coreografiche del panorama moderno e contemporaneo internazionale e anche italiano, che lo hanno visto protagonista in innumerevoli ruoli classici e moderni nei balletti di Rudolf Nureyev (Don Chisciotte, Romeo e Giulietta, Lo schiaccianoci, La Bella addormentata nel Bosco, Il lago dei cigni), John Cranko (Jeux de Cartes, The Lady and the Fool, Bisbetica Domata, Romeo e Giulietta), Maurice Béjart (L’uccello di fuoco, Nona Sinfonia) George Balanchine, (I Quattro Temperamenti, Serenade, Allegro Brillante, Cajkovskij Pas de Deux) Aurel Milloss, Hans Van Manen (Adagio Hammerklavier), Roberto Fascilla, David Lichine, Amedeo Amodio, Félix Blaska, Mario Pistoni, Flemming Flindt, Paolo Bortoluzzi (Cenerentola), Erik Bruhn, Jiří Kylián (Sinfonia in Re), Enrique Martinez (Coppélia), Léonid Massine (Tricorno e Pulcinella), Lorca Massine, Dell’Ara (Excelsior) e tanti altri. Con la Scala ha partecipato a numerose importanti tournée, danzando come principal al Metropolitan di New York, a Buenos Aires, San Paolo, Rio de Janeiro, Ottawa, San Francisco, Saint Louis e Atlanta; alla Scala è stato anche assistente alla coreografia e, tra il 1994 e il 1996, Maître e Professeur. L’ultimo ruolo da Primo ballerino alla Scala è stato Rothbart nel Lago dei cigni di Rudolf Nureyev nel 1994, anche se non ha mai smesso di frequentare il Teatro, sempre presente ad assistere con entusiasmo agli spettacoli del Corpo di Ballo oggi diretto da Manuel Legris”.

Personalmente lo ricordo con affetto, abbiamo condiviso spesso cene tra conoscenti, giurie ai concorsi di danza, siamo andati insieme a vedere a spettacoli a teatro, ho assistito alle sue lezioni, abbiamo riso e scherzato, viaggiato, scambiato confidenze; sovente si parlava del passato e mai ha fatto mancare un aneddoto, un ricordo, un dettaglio legato alla grande storia del balletto di cui lui ha fatto parte ed è stato apprezzato protagonista. Ci univano carissimi amici in comune, a partire dal compianto maestro Roberto Fascilla, ma anche tanti altri come Luciana Savignano, Ivonne Ravelli, Luigi Sironi, Paolo Podini, Sebastiano Coppa, Annamaria Grossi, Rossana Seghezzi, solo per citarne alcuni, e Oriella Dorella di cui tutti ricordiamo quella tenerissima fotografia che li ritrae giovanissimi allievi, scattata da Piccagliani nella stagione 1962/1963 durante il secondo saggio di fine anno (quando la Scuola era ancora all’interno del Teatro) effettuato direttamente insieme al Corpo di Ballo sul palcoscenico della Scala. Oriella lo ricorda come un grande amico, generoso in qualità di partner, compagno di viaggio straordinario, disponibile e presente nei momenti di bisogno, artista duttile e versatile. Basti citare la sua interpretazione nella Fille mal gardée in cui Bruno danzava il ruolo en travesti nella “danza degli zoccoli” dimostrando una tecnica granitica, ma anche nella variazione dell’Uccellino azzurro. Indimenticabili i suoi tour en l’air e quei perfetti brisé accompagnati da una impeccabile musicalità.

Mi raccontava spesso che nel 1959, quando non era ancora iscritto alla Scuola di Ballo, vide la celeberrima coreografia di Romeo e Giulietta di John Cranko con interpreti Vera Colombo, Mario Pistoni, Roberto Fascilla, Walter Venditti, Bruno Telloli e proprio in quell’occasione nacque in lui inizialmente l’interesse, non tanto per la danza, quanto per la musica. Infatti desiderava diventare un concertista (amava il pianoforte), ma su consiglio di suo padre si iscrisse alla Scuola di Ballo della Scala ed ebbe come insegnanti Carola Zingarelli ed Elide Bonagiunta e come direttrice la leggendaria Esmée Bulnes che ebbe modo di annoverare tra i suoi allievi Carla Fracci, Luciana Savignano, Vera Colombo, Amedeo Amodio, Liliana Cosi, Anna Maria Prina, Oriella Dorella, Giovanna Lisa, Roberto Fascilla, Paolo Podini, Anna Maria Grossi, Elettra Morini, Luigi Sironi, Sebastiano Coppa, Tiziano Mietto, Vittorio Biagi e molti altri divenuti poi nel tempo grandi danzatori e coreografi.

Bruno studiò seguendo il metodo Cecchetti e marginalmente quello Vaganova. Delle sue maestre rammentava la straordinaria forza e i rudimenti della danza accademica appresi con la massima disciplina, e per la tecnica maschile un pensiero grato andava al maestro Giulio Perugini. Dopo il Diploma - come lui ricordava - ebbe modo di ricevere una pergamena con scritto “dopo aver frequentato otto anni di studio Bruno Vescovo viene abilitato alla professione”;immediatamente si iscrisse al Concorso Nazionale (vincendolo) entrando nel corpo di ballo scaligero. Grazie al direttore John Fields gli furono affidati prestigiosi ruoli. Amava sottolineare che fu il primo interprete alla Scala del passo a due dei contadini in Giselle, per lui un motivo di grandissima soddisfazione, anche in virtù del fatto che quel ruolo era uno dei primissimi da lui danzati e lo rese popolare al pubblico milanese della Scala. Ha ballato in seguito in qualità di ospite in vari altri teatri dove c’erano ancora stabili i corpi di ballo, come alla Fenice di Venezia, al Teatro Verdi di Trieste, al Comunale di Bologna, al Bellini di Catania, danzando spesso accanto a Carla Fracci e alla sua Compagnia. Tra le sue partner alle quali era più legato citava, oltre a Carla Fracci, le étoile Anna Razzi, Oriella Dorella, Luciana Savignano e le prime ballerine Anna Maria Grossi, Barbara Geroldi e tante altre incontrate in una carriera lunga e fertile. Godeva della stima di Rudolf Nureyev e proprio in virtù di questa considerazione ebbe modo di danzare in diverse produzioni storiche coreografate dal tartaro volante come La bella addormentata e in seguito lo Schiaccianoci, Il lago dei Cigni, Don Chisciotte debuttando nelle vesti di Basilio quando aveva compiuto già trentotto anni. Amava ricordare anche l’amicizia che lo legava a Paolo Bortoluzzi.

La sua seconda carriera ebbe inizio nelle vesti di maestro dopo l’addio alle scene e a tal proposito affermava “tanti maestri purtroppo non hanno avuto l’esperienza diretta del palcoscenico, e quindi conoscono il repertorio solo per averlo visto... ma questo porta a un reale pericolo: che un insegnante non sia in grado di trasmettere l’autentica atmosfera di un balletto. Per un esecutore è difficile identificare la sostanziale differenza tra uno Schiaccianoci da un Lago dei Cigni, oppure un Don Chisciotte da una Coppelia perché certamente un arabesque è sempre un arabesque, ma non è così, perché l’arabesque viene effettuato in funzione di quello che si sta interpretando”. Durante le sue lezioni ricordava spesso agli allievi che nella danza esiste oltre alla tecnica anche un cuore e un’anima, che devono essere superiori alle possibilità fisiche. La danza a Bruno ha donato tantissimo; è stato un grande lavoratore e lo affermava senza rimpianti: “ho avuto tanto e penso di aver ripagato in egual misura, anche perché non mi è stato regalato nulla”.

Grazie di tutto Bruno, il mondo della danza non ti dimenticherà mai, sarai sempre nei pensieri di chi ti ha conosciuto e ammirato. Ogni giorno il tuo sorriso, la tua ironia, la tua gioia, vivranno nei personali ricordi, perché come dicevi tu “l’amore non teme niente”.