L’Ape musicale

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La Fondazione del Maggio in 10 anni ha bruciato 5,76 mln€ in interessi al netto di piccoli proventi finanziari (assolutamente irrilevanti dal 2004 in poi). È interessante osservare dal grafico sull’indebitamento come dal 2009 in poi aumenta progressivamente anche la forchetta tra debito totale e quota di debito verso banche; in effetti farsi prestare il capitale da un istituto di credito ha un costo, mentre non pagare più fornitori e scritturati (per quanto pratica un poco delinquenziale) consente di usare il capitale senza costi: comportamento censurabile, certamente, ma in effetti, alle condizioni date, va detto non c’è molto altro da fare, anche perché le banche non concedono credito all’infinito.
Un’ultima digressione merita l’operazione di de-patrimonializzazione del 2005-2006, ossia lo scalino verso il basso nella linea rossa del patrimonio totale comportato dalla vendita dell’ex Longinotti legata all’intervento del Commissario straordinario Nastasi, il Salvatore che, curiosamente, compare in ogni Teatro allorquando si profilino all’orizzonte dei lavori di ristrutturazione o operazioni patrimoniali varie ed eventuali. L’intervento del commissario sul bilancio fiorentino è taumaturgico: egli impone le mani sulle poste, invoca lo spirito santo, e con delibera commissariale n. 5 del 23/12/2005 dispone l’azzeramento del patrimonio disponibile e la copertura residua delle perdite portate a nuovo con una riduzione di patrimonio indisponibile, in altre parole “disponendo dell’indisponibile” (che non è solamente un gioco di significanti). Peccato che il medesimo diritto risulti iscritto tra le “immobilizzazioni immateriali” e in “attivo patrimoniale” con importi non più congruenti, peccato che si tratti di mero maquillage contabile (ancorché tecnicamente ammissibile) giacché le passività non risentono di tale misura taumaturgica, peccato ancora che esprima parere contrario anche il Collegio dei Revisori: il taumaturgo cura comunque, sana ciò che sanguina, risolve, agendo – in fondo – su un numero virtuale e soprattutto facendo risultare “zero” la voce “perdite portate a nuovo”, ché negli stati patrimoniali è sempre di sgradevole lettura. Fatto “‘o miracolo“, il teatro è risanato (ma quando mai!), e il Salvatore dei teatri indica anche il nuovo sovrintendente, rimanendo peraltro nel cda fino alla conclusione dell’altro capolavoro di questi anni, ossia la vendita dell’ex Longinotti. Il bene, già ipotecato per 15 mln, è venduto in realtà con un realizzo inferiore e pari a 13˙079˙000 € che comporta, al netto della riduzione di patrimonio per il valore con qui il bene vi era appostato (6 mln€), una plusvalenza di 7˙078 mila€ tale da procurare, anche grazie ad un contributo straordinario aggiuntivo del Comune di Firenze (soppravvivenze attive per 2˙074 mila€ ), un risultato di esercizio straordinariamente non in perdita: ordinario e straordinario si scambiano di posto.
Al nodo gordiano si aggiunga che adoperare plusvalenze da dismissioni di patrimonio per coprire spese in conto esercizio anziché debiti pregressi era cosa addirittura vietata dall’art. 139 del Testo Unico sugli Enti Locali; il fatto che, in punto di diritto, con percorsi diversi, si potrebbe arrivare a dimostrare la legittimità dell’operazione o l’esatto suo contrario, per via della natura ibrida pubblico-privato delle Fondazioni e che quindi la Corte dei Conti non esprima censure in merito non dissuade comunque dal ritenere l’evenienza se non del tutto scellerata quantomeno poco conveniente. La formulazione di un giudizio di merito su questioni del genere dovrebbe basarsi, infatti, non solamente con riferimento a risultati contabili, ma più in generale con riferimento a tutte le ricadute gestionali: la dismissione dell’ex Longinotti comporta per la Fondazione la perdita di proventi da locazione di parte dell’immobile (che era adoperato da Longinotti Meccanica s.r.l. con affitti dell’ordine di 150 mila€ a esercizio), inoltre comporta la conversione di parte dell’esposizione debitoria costituita da un mutuo in esposizione debitoria a breve termine (ossia con maggiori interessi) e soprattutto lascia la Fondazione senza magazzino per le scenografie.
Da questo punto comincia un film che vi raccontiamo con estrema fantasia, lo diciamo a mo’ di premessa. Ipotizziamo che qualcuno, per esempio un colosso dell’edilizia che facciamo finta si possa chiamare BTP (magari già socio della Fondazione, in virtù di un afflato di filantropia dal 2001 fino al 2008, e magari queste date le capiremo meglio se e quando ci occuperemo dell’appalto per il nuovo Teatro) offra il comodato d’uso gratuito per un anno dell’ex manifattura tabacchi di cui è comproprietario (assieme a Fintecna, al gruppo Ligresti e ad Etruria). Dopo il primo anno gratuito, la filantropia può anche scemare, con conseguente richiesta di affitti esorbitanti o la minaccia di sfratto di una settantina di container pieni di scene che non si sa dove piazzare; insomma una roba tale da far sbottare anche un ipotetico placido sovrintendente nelle veementi dichiarazioni stampa «e io sarei stato così pazzo da spendere 400 mila euro di trasloco solo per un anno?». La vicenda dello sfratto dall’ex manifattura tabacchi si potrebbe allora trascinare per un bel po’ d’anni (comportando alla fine magari un oneroso ulteriore trasloco temporaneo al vicino Olmatello, prima della collocazione definitiva alla nuova Opera di Firenze), e la società proprietaria potrebbe allora chiedere come contropartita alla somma esorbitante contestata alla Fondazione semplicemente l’adozione da parte del Consiglio Comunale di una variante allo strumento urbanistico congeniale ai propri piani. Ovviamente ogni riferimento a fatti e persone (sia fisiche che giuridiche) di questo film è da ritenersi come assolutamente e puramente casuale e comunque escludibile in via di principio; però è innegabile come il finale risulti assai verosimile e convincente: una variante al PRG è stata intavolata nel 2011 e adottata assieme al nuovo regolamento edilizio il 2 aprile scorso.

05 Variante PRG (opzionale)


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