La cittadina medievale del wagneriano Enrico l'Uccellatore e dei rossiniani Adelaide e Ottone è sede della prima manifattura europea di porcellane, un luogo che dietro la superficie nivea del prodotto finito svela una storia d'arte, artigianato, alchimia e quotidianità.
MEISSEN, 19 maggio 2025 - Ottone I di Sassonia e Adelaide di Borgogna ci osservano dall'alto, lui un po' perplesso, lei con un gioviale, ben poco statuario, ampio sorriso. Una piccola parentesi rossiniana si apre nel duomo gotico di Meissen fondato dai due sovrani e oggi sede della diocesi luterana (quella cattolica fa capo invece alla Hofkirche di Dresda). L'aspetto affabile delle effigi reali si armonizza con il gotico purissimo e le ardite decorazioni che si inerpicano fin sull'estrema guglia della torre sorvegliata dai gargoyle. Tutto il castello si presenta a un primo sguardo come una gemma intatta sopravvissuta all'alto medioevo, anche se gli interventi succedutisi inevitabilmente nel tempo arrivano alle soglie del XX secolo, con quel gusto neogotico che fa subito pensare alla nostra Gradara: non falsificazioni, ma la testimonianze del tempo, del gusto, del modo di vivere il luogo storico. L'allestimento, peraltro, gioca con (auto)ironia sulla sua storia e propone un'esposizione di arazzi, serissimi nella realizzazione, a soggetto pop: ecco Lara Croft, ecco le Tartarughe Ninja, ecco le casalinghe di Westeria Lane apparire alle pareti come una scena di torneo o d'amor cortese.
Basterebbe, poi, la voluta sinuosa dell'antica scala a chiocciola a giustificare la visita a quello che – pare a buon diritto – si definisce il più bel castello della regione. La struttura intatta del castello, del duomo, del borgo arroccato a dominare la valle dell'Elba valgono la visita e trasportano in tutto un altro mondo rispetto alla molteplice Dresda rigogliosa e rinascimentale, fantasma, ricostruita, moderna.
Eppure, Meissen è anche – e da più di tre secoli – industria. Quel castello che sorse con Enrico l'Uccellatore nel X secolo (da Rossini passiamo a Wagner...) divenne nel 1710, per iniziativa di Augusto il Forte, la prima manifattura europea di porcellane: la tradizione alchemica e la disponibilità di materie prime erano il terreno più fertile per tentare di riprodurre la meraviglia cinese. Oggi, mentre tornano alla ribalta dazi, protezionismi, critiche anche legittime a certi aspetti del mercato globale, forse non farebbe male ricordare che ispirazioni, imitazioni, perfino spionaggi industriali hanno lunghissima storia e non unilaterale.
Anche qui, c'è lo sguardo in superficie e ci sono i dettagli più nascosti; c'è lo spettacolo alla ribalta e il lavoro dietro le quinte. L'ingresso del museo della manifattura di porcellane attraversa un'ampia area commerciale con servizi di piatti e tazzine, soprammobili, gioielli, vasi, vasetti, ciotole, vassoi e quanto si possa immaginare plasmato nella bianchissima materia. Sotto la superficie nivea del lusso anche nell'uso comune c'è un'altra storia, che non è quella del servizio buono per il gran ricevimento all'ambasciata o per la villa del magnate: sono le mani di chi porta a compimento ogni tappa dalla polvere di caolino all'oggetto finito. Chi plasma, modella, rifinisce, dipinge, cuoce, smalta, decora. Insomma, la manifattura, organizzatissima catena industriale di artigianati, rappresenta quel plusvalore umano che trasforma il minerale inerte in opera senza prezzo (e con un costo decisamente altino). Il lavoro del musicista non è poi così diverso, coordinando saperi e competenze pratiche per fare di semplice aria vibrante, di inerti segni scritti qualcosa di sfuggente e incalcolabile, superfluo e indispensabile. Non sarà un caso che non abbiamo solo statuine di strumentisti o danzatori, ma anche due organi funzionanti con canne in porcellana.
Anche chi non si sognerebbe mai di prendere il caffè appena sveglio in uno di questi gioielli (se non altro per il terrore di ogni minima scalfittura) non può rimanere indifferente di fronte alle mani che li creano. Attraversando, dopo le dimostrazioni dei laboratori, il museo, la storia delle ceramiche diventa una storia tangibile del gusto e del quotidiano, proprio perché la porcellana è materia prima domestica – in cucina e in bagno ma non solo – quanto artistica, versata al soprammobile e all'oggetto di design o all'istallazione. Meissen parte dal rococò, arriva al neoclassico e al Biedermeier, al déco e al design contemporaneo. Subisce il affascino di composizioni floreali tecnicamente impressionanti (magari non le metteremmo mai in casa, tuttavia non possiamo non inchinarci alla maestria manuale di chi le ha plasmate), della fauna esotica, di musicisti e figure mitologiche, testimonia anche la Storia che qui passa terribile senza interrompere la tradizione della manifattura. Si arriva ad autentici capolavori d'arte contemporanea, vasi o pannelli che subito si sintonizzano al sentire attuale, ricordandoci come quel che è venuto prima era sempre sintonizzato a ciò che eravamo. O a ciò che avremmo voluto e che vorremmo essere.
Dietro una vetrina di porcellane con il prezzo in vista, c'è comunque un mondo, una storia che vale di per sé, così come vale la riflessione che ci lascia uscendo: se certo lusso può sembrare anacronistico, se l'utensile quotidiano è ormai più bene di consumo lontano dall'idea del corredo con i “servizi buoni”, tuttavia il perpetuarsi di mani che ripetono gesti unici e antichi, passo per passo, è qualcosa di cui non si vorrebbe mai fare a meno, come esseri umani. Provare – è possibile e il personale è gentilissimo e internazionale, italiani compresi – a decorare una tazza o un piattino è un'occasione eccellente per toccare il lavoro ancora incompiuto, sentirlo trasformare nelle dita, avvertire la difficoltà e la soddisfazione, tutto quello che non si può quantificare e fa parte dell'istinto positivo dell'essere umano, quello che trasforma e costruisce. Gli alchimisti che studiarono la formula della porcellana cercavano anche di trasformare il metallo vile in oro e hanno raggiunto l'obiettivo non solo sul piano economico, ma anche e forse soprattutto su quello simbolico.
Un caffè, naturalmente filtrato e in un bicchierone di carta, e gustosi biscottini con le spade incrociate della manifattura accompagnano le ultime chiacchiere nel bistrot con le nostre guide. Poi si riprende il cammino all'ombra del castello gotico, non senza fare tappa dall'ufficio di promozione turistica, dove troviamo Annett, che ha vissuto diversi anni a Milano, è felicissima di poter parlare un po' in italiano e manda calorosamente a salutare la Madonnina.
Leggi anche
Dresda, concerto Zweden/CSO, 19/05/2025
Dresda, concerto Fang/Vogler/Luisi/NHK, 18/05/2025
Dresda, concerti Hofkirche e Frauenkirche, 17-18/05/2025
Dresda, concerto Gabetta/Sokhiev/Saatskapelle, 18/05/2025
Dresda, concerto Kreuzchor/Philharmonie, 17/05/2025
Dresda, Roméo et Juliette, 16/05/2025
Viaggio, non solo musicale, a Dresda
Dresda, concerto Gatti/Staatskapelle, 31/08/2024