L’Ape musicale

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Fu vero fiasco?

Non è raro che i grandi capolavori, in quanto tali spesso rivoluzionari, al debutto risultino incompresi e vadano incontro a clamorosi insuccessi, come nel caso del Sacre du printemps di Stravinskij, sommerso da improperi alla prima parigina del 1913. È, però, altrettanto comune che l'esito non felice all'esordio s'ammanti di un'aura di leggenda che ne ingigantisca le dimensioni e ne alteri le motivazioni in proporzione diretta con i successi posteri.

Con i fiaschi di Tannhäuser e della Traviata sta, in ottima compagnia, quello del Barbiere, reso dal mito colossale quanto la fortuna successiva.

Ma fu vero fiasco? Ai posteri fa comodo sentenziarlo, ma uno sguardo più attento ridimensiona e di molto i fatti.

Rossini così rende conto alla madre della prima:

Ieri sera andò in scena la mia opera e fu sollennemente fischiata. Oh che pazzie che cose straordinarie si vedono in questo paese sciocco.

Vi dirò che in mezzo a questo la musica è bella assai e nascono di già sfide per questa soré seconda recita dove si sentirà la musica cosa che non accape ieri sera mentre dal principio alla fine non fu che un immenso sussuro che accompagnò lo spettacolo.

Sì, ci fu indubbiamente un dissenso, tuttavia non sembra preoccupare troppo il giovane autore, che sembra guardare con consapevole sufficienza una claque ben definita, cui fa riferimento con maggiore rammarico in una lettera del 26 febbraio anche il librettista Sterbini:

Non credevo io, e dico la verità, che dopo tante fatiche, dopo il carico che mi sono dato oltre ogni dovere e oltre la sfera delle mie attribuzioni perché il tutto andasse in piena regola e colla maggiore sollecitudine, si venisse poi per un vilissimo interesse ad aggiungere nuovi disgusti a quelli rilevantissimi che ho dovuti incontrare per parte d’un’udienza mercenaria e indiscreta.

Mercenari che uno sfogo epistolare dell'impresario dell'Argentina, duca Sforza Cesarini, in occasione dell'Italiana in Algeri del 13 febbraio, sembrano poter individuare in emissari del teatro rivale:

Si è dovuto superare ieri sera un partitaccio terribile che era del Teatro Valle, che non faceva altro che procurare di far star zitti tutti quelli che volevano applaudire.

Della claque avversa fu invece ingiustamente incolpato Paisiello, o, per lui, supposti sostenitori del suo onore leso dal cimento di un giovane in ascesa con un soggetto già musicato dal maestro pugliese. Una vera e propria calunnia, giacché Il barbiere di Paisiello a Roma non era noto (Lamacchia suppone non vi fosse mai stato rappresentato) e il compositore era anziano, a pochi mesi dalla morte, prostrato dalla scomparsa dell'amata moglie ma gratificato dall'ottima posizione come maestro della cappella palatina partenopea. Quale motivo avrebbe mai avuto per accanirsi contro la nuova opera romana di Rossini quando l'uso di mettere in musica non solo intrecci, ma anche libretti già noti era serenamente in vigore fin dagli albori del melodramma? Quando Rossini era sotto contratto a Napoli con l'impresario Barbaja e avrebbe potuto essere più facilmente colpito dalle invidie del collega più anziano, che invece diede addirittura senza problemi al rinomato divo Manuel Garcia, di fatto alle sue dipendenze alla corte borbonica, il permesso di partecipare alla stagione dell'Argentina. Certo, la disfida fra vecchia guardia e nuove generazioni, parallela a quella fra l'anziano Bartolo e i giovani amanti, poteva sortire un effetto ben più forte nell'aneddotica che non la rivalità spicciola fra due impresari.

È vero che l'Avvertimento al pubblico di Cesare Sterbini annuncia un cambiamento di titolo (Almaviva invece del Barbiere) in ossequio a Paisiello, ma Saverio Lamacchia ha ben argomentato come la formalità nascondesse, con un vanto d'originalità teso ad accattivarsi l'interesse del pubblico, la vera ragione della consacrazione del Conte a protagonista en titre: il prestigio dominante di Manuel Garcia nella stagione dell'Argentina e il non irrelato peso drammaturgico dell'aristocratico ben altrimenti determinante rispetto a quello di Figaro.

Fors'anche proprio in reazione al predominio del collega, Gertrude Righetti Giorgi, da brava primadonna, pensò bene di arricchire nelle sue memorie (Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini...") il racconto di dettagli difficilmente verificabili, che rendono più sapida la vicenda, le attribuiscono gli unici applausi e le più alte aspettative della serata, ammantano di una sorta d'aura eroica e leggendaria gli artefici originali di un capolavoro immortale (fugando anche il legittimo dubbio di una prima in cui, in realtà, la compagnia avrebbe potuto non presentarsi preparatissima).

Fischi ci furono eccome, sono registrati unanimemente da più fonti, ma di gatti che attraversano la scena e di altre amenità di cui si è arricchito l'immaginario comune non c'è traccia attendibile, come non restano – fuor del racconto tendeziosetto della prima Rosina – prove delle canzonette spagnole intonate da Manuel Garcia e che avrebbero irritato il pubblico smanioso di una grande cavatina della Righetti Giorgi (più verosimile che abbia ecceduto in variazioni e improvvisazioni che tuttavia non alterassero la struttura generale della sua parte: dove avrebbe altrimenti potuto rispondere coerentemente Rosina “Segui, oh caro, deh segui così”, come la stessa interprete racconta d'aver fatto?).

Di certo, la claque non impensierì Rossini, che dopo essersi compiaciuto delle calorosissime accoglienze romane in numerose missive alla madre (anche per quell'Italiana che Cesarini Sforza racconta disturbata da emissari dei rivali, se non per Torvaldo e Dorliska) così, con il solito italiano zoppicante, testimonia l'esito delle repliche del Barbiere (lettera del 27 febbraio):

Io vi scrissi che la mia opera fu fischiata, ora vi scrivo che la sud:a ha avuto un esito il più fortunato mentre la seconda sera e tutte le altre recite date non hanno che applaudita questa mia produzione con un fanatismo indicibile faccendomi sortire cinque e sei volte a ricevere applausi di un genere tutto nuovo e che mi fece piangere di sodisfazione.

A momenti riceverete del denaro il quale farete fruttare.

Io parto domani per Napoli e dopo torno a Roma il venturo Carnevale ed ho già fatta la scrittura. Il mio Barbier di Siviglia è un capo d’opera e son certo che se lo sentiste vi piacerebbe essendo questa una musica spuntanea ed immitativa all’eccesso. Baciatemi mio Padre e dittele che da Zamboni riceverà il pachetto contenente i diversi oggetti ch’ei mi cerca. Vogliatemi bene, scrivetemi a Napoli e credetemi di tutto cuore

il vo figlio

Gioachino Rossini


 

 

 
 
 

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