Bologna e la musica: dal 1450 al 1700

 AA.VV

Prima parte: il Medioevo

Nel 2006 Bologna è stata dichiarata dall’Unesco Città Creativa della Musica: quest’arte è parte integrante della storia e della vita del capoluogo emiliano, oggi come nei secoli passati: basti pensare alle circa centocinquanta chiese che dove­vano essere attive in questo senso attorno al 1700, al centinaio di organi antichi superstiti, ai numerosi palazzi gentilizi che erano soliti ospitare accademie, concerti, oratorii, opera e balli, secondo quanto attestano i libretti e le cronache del Sei-Settecento.

La nascita della Cattedra di “Lecturam Musicae” all’Università di Bologna

Giovanni Spataro e Girolamo Giacobbi

La disputa tra Giammaria Artusi e Claudio Monteverdi

Le Accademie Musicali a Bologna

Bibliografia

La nascita della Cattedra di “Lecturam Musicae” all’Università di Bologna

Il 25 Luglio del 1450 Papa Nicolò V pro­mul­gava una bolla sull’ordinamento dell'Univer­sità bolognese, uno dei primi e più impor­tanti decreti inviati al nuovo cardinale le­gato a Bologna, Basilio Bessarione. In questo pe­riodo le sorti dello studio non erano liete: ec­cesso di insegnanti, scarsità di allievi. Il car­dinale Bessarione fu una celebre figura del­l’Umanesimo, pochi altri potevano essere più adatti a rialzare le sorti del­l’ateneo e ri­dare lu­stro alla fama dell’Alma Mater Stu­diorum.

La bolla pre­scriveva an­zitutto un or­dine ammi­nistrativo nell’Univer­sità: ven­nero sta­bilite le catte­dre e il nu­mero degli inse­gnanti. Di parti­colare rilevanza è l’i­stitu­zione di una nuova cattedra con un nuovo professore: “Lecturam Musicae”. La musica viene a pren­dere il posto che le compete fra le di­scipline dello studio bolognese. Le ordinanze della bolla ebbero effetti­va­mente applicazione nel 1451-52, dimostrato dalla presenza del “ro­tulo” ovvero un elenco preciso degli inse­gnamenti che si impartivano in un dato anno accademico. Annualmente veniva pubblicato un rotulo per le discipline artistiche che ri­portava lo stemma del cardi­nale Bessarione, seguito da quello del ponte­fice e del comune di S. Petronio. La cattedra per l’insegnamento della musica è presente nel rotulo, anche se risulta incompleta del nome dell’insegnante. Di fatto, la cattedra di Mu­sica, legalmente istituita, rimaneva vacante.

Ad ambire al posto di docente vi fu Barto­lomé Ramos de Pareja (1440 – 1522), musici­sta, compositore e teorico spagnolo, già pro­fes­sore di musica all’università di Sala­manca. Egli raccolse le sue dottrine in uno scritto, che per anni non volle pubblicare. Verso il 1481-82, sollecitato dagli sco­lari e con la sicurezza o almeno la speranza di con­quistare la catte­dra universitaria, si decise a dar corso alla pubblicazione. Nel 1482 Ramos de Pa­reja fece quindi stam­pare, proprio in Bo­logna, il suo innova­tivo trattato di scienza musicale: Musica Practica. L’im­portanza di questo trattato è fondamen­tale poiché segna un con­fine tra il sistema musi­cale antico e quello moderno. Pa­reja, sem­pre aspirante docente di musica nell’Univer­sità di bolognese, in­comin­ciò a insegnare privata­mente musica in Bo­logna, raccogliendo una vera e propria scuola tenuta in forma libera e modesta. La pubblicazione di Musica Practica non riu­scì a candidarlo come insegnante di cattedra. Le cause sono impossibili da docu­mentare, ma è certo che l’insegnamento del Ramis era in aperto contrasto con la tradi­zione e per niente ri­spettoso dei classici. Non manca­rono quindi numerose polemiche che die­dero nei primi decenni del Cinque­cento una vasta lette­ra­tura critica e batta­gliera. Tra le prime pole­miche andrebbe citata a titolo di esempio quella di un suo allievo, Nicolò Burzio da Parma, che ar­rivò a definire il maestro come uno “spa­gnuolo trasgressore della verità”.

La pre­senza del Ramis a Bologna segna l’o­rigine di quella che fu definita la Scuola Musicale Bo­lognese. Nel momento in cui Ramis lasciò Bologna, la scuola ormai era avviata e gli al­lievi poterono portare avanti quanto appreso dal maestro. Allievo fedele e autentico con­tinuatore del Pareja fu Gio­vanni Spataro. La dottrina derivata dal Ramos de Pareja si basava su un pratico em­pirismo e ambiva a sottrarre l’arte musicale alle astrusità e agli assurdi di teorie ormai desuete, sosti­tuendole con re­gole chiare, precise concretamente legate all'impatto sensoriale.


Giovanni Spataro e Girolamo Giacobbi

Spataro (1458-1541), musicista e teorico vissuto prevalentemente a Bologna, ufficialmente dal 1512 diventa maestro di canto per il coro di San Petronio, probabilmente la sua fama da musicista era già ben nota. Autodefinitosi “Musico Illette­ratus”, privo cioè di una cultura umanistica, fu allievo del Pareja dal 1482 e fu un forte sostenitore delle teorie del maestro. Fu protagonista di numerose dispute assai accese nel panorama teorico musicale italiano.

La prima fu quella con Nicola Burzio, che pubblicò un “opuscolum” con­tro le teorie del Pareja al quale Spataro risponde col suo trattato Honesta defensio, scritto interamente in vol­gare. La più rilevante avvenne con Franchino Gaffurio. I due in principio erano molto vicini, ma a partire dalla pubblicazione del Gaffurio Apologia adversum Joahnnem Spatarium et complices musicos bononienses, alla quale Spataro rispose con due trattati, Dilucide et probatissime demonstratio e Errori di Franchino Gafurio, entrambi del 1521, si sviluppò una crescente disputa che vide i due passare da disquisizioni scientifiche a pesanti insulti.

Della sua musica rimangono solo sei mottetti e una laude. Conosciuto per la sua ampia conoscenza della musica passata e contemporanea. Oltre agli insegna­menti di Pareja stimò profondamente il compositore Jo­squin Des Prez, e fu molto vicino alla scuola veneziana.

Altra figura di rilievo nel panorama bolognese è quella di Girolamo Giacobbi (1567-1629): nato nel capoluogo emiliano da famiglia umile, riceve i primi insegnamenti di grammatica musicale e canto presso la Basilica di S. Petronio, che forniva gratuitamente questo servizio. Grazie alle sue doti riesce a ottenere un posto tra i cantanti del coro, ricevendo anche un pagamento col quale può aiutare la famiglia. Dal 1584 in poi vedrà la sua vita dedicarsi a due vie maestre, ossia la carriera ecclesiastica (riceve gli ordini di sacerdote nel 1589) e la carriera musicale. Nel 1594 viene nominato “promagister” del maestro di Cappella di S. Petronio, carica che manterrà fino al 1604, quando diventa egli stesso maestro di cappella. Rimarrà tale fino all’esaurirsi della sua carriera artistica. Giacobbi fu un importante personaggio per la vita musicale bolognese ed italiana: sua fu la musica de L’aurora ingannata su testo del Conte Ridolfo Campeggi, quarta opera in musica in ordine cronologico dopo la fiorentina Euridice di Peri e Caccini e le monteverdiane Orfeo e Arianna andate in scena a Mantova. Questa prima opera bolognese venne rappresentata nella sede dell’Accademia dei Gelati. Nel 1610 Giacobbi ottiene un nuovo primato: scritta la musica per la sua seconda opera L’Andromeda, sempre su testo del Campeggi, decide di mandarla in scena all’interno di una sala pubblica. È il primo caso in cui un privato affitta una sala pubblica per mandarvi in scena un’opera, prassi che renderà magnifica l’opera veneziana. Inoltre Giacobbi fu un affiliato molto importante per il crescere e l’affermarsi delle Accademie bolognesi: fece parte dell’Accademia de’ Floridi, e al decadere di questa raccolse gli altri membri nell’Accademia de’ Filomusi da lui costituita nel 1622.


La disputa tra Giammaria Artusi e Claudio Monteverdi

I musici bolognesi del XVI secolo fu­rono ca­ratterizzati da una forte canonicità: le teo­rie musicali impe­ranti di Adrian Willaert e Gio­seffo Zarlino (entrambi maestri di cap­pella a San Marco, Venezia) riscossero, dopo quelle del Pa­reja e dello Spa­taro, molto suc­cesso an­che a Bo­logna. Senza ne­cessità di no­vità te­ori­che, i compo­si­tori bo­lognesi del­l’epoca po­terono esprimersi vi­vace­mente senza liti di sorta. Le dispute cominciarono gra­zie al bo­lognese Giamma­ria Artusi (1540 circa – 1613) che, non sop­por­tando le innova­zioni te­oriche pro­poste da alcuni ri­voluzionari teorici e compo­sitori, ri­volse pesanti de­nunce contro il to­scano Vin­cenzo Galilei prima e contro Clau­dio Mon­teverdi poi. Vincenzo Galilei (pa­dre del fa­moso Galileo) mosse alcune critiche alle te­orie contrappunti­stiche di Zarlino (che fu maestro sia di Artusi sia di Galilei). Con il trattato in controten­denza Dialogo della mu­sica antica et della mo­derna Galilei scatenò l’avversione di Artusi, il quale ri­spose con una lettera molto ac­cesa:

Che domine è quello costì di voi si sente?[...]Un bisbiglio, un fracasso, un ro­more che m’ha per amor vostro hormai le­vato il cervello da luoco a luoco [...]. La­sciate le bagattelle d’alcuni mo­derni, et at­taccatevi ad uno stile che sia pur­gato, che a guisa di un Cicerone, di un Tito Li­vio, d’un altro Cesare, vi acqui­starete un credito in­credibile; ma fintanto che state avvolto nel­l’ignoranza et che ve ne vivete senza pen­siero di passare più oltre che l’intelligenza delle cose, credete a me che gittate tempo à pigliar cocodrilli.

La disputa continuò a lungo, ma non fu l’unica. Artusi in­dividuò un altro grande “pe­ricolo” per la musica: Claudio Monte­verdi. Questo fu un famoso dibat­tito che con l’inaugu­rarsi del XVI secolo, fece da sfondo alla rivoluzione mu­sicale nata con Monte­verdi, il quale cosi rispose, nella prefazione alla stampa del suo quinto volume di madri­gali, alle solite de­nunce dell’Artusi:

Non vi maravigliate ch’io dia alle stampe questi ma­drigali senza ri­spondere alle oppo­sitioni che fece l’Artusi contro al­cune minime par­celle d’essi […], ho non­dimeno scritta la ri­sposta per far cono­scere ch’io non fac­cio le mie cose a caso, e tosto che sia rescritta, uscirà in luce portando in fronte il nome di Se­conda Prac­tica[…], del che forse alcuni s’ammireranno non credendo che vi sia al­tra pratica che l’insegnata da Zar­lino.

Anche questo dibattito non si fermò alle prime battute: alle successive offese del­l’Artusi, pubblicate all’interno del suo vo­lume Ragionamento secondo delle imper­fettioni della moderna musica, intervenne in difesa il fratello di Monteverdi, al quale l’Artusi ri­spose con una nuova lettera fir­mata con lo pseudonimo di Antonio Brac­cino da Todi, nella quale le innovazioni monteverdiane venivano definite “barbari­smi”. Questo pare es­sere l’ultimo episodio della disputa, proba­bilmente perché nel frattempo le forze di Giammaria Artusi si diressero verso un altro personaggio, il bolognese Ercole Bottrigari. La storia della musica decreterà assoluto vin­citore della disputa Claudio Monteverdi, personaggio chiave della storia della musica occidentale. Tutta­via biso­gna riconoscere ad Artusi diversi meriti in quanto teorico ed insegnante della musica nella città di Bologna, ottimo esem­pio del grande impegno dei bolognesi nello stu­dio e nella pratica musicale tradizio­nale.


Le Accademie Musicali a Bologna

La monotonia e la fissità delle tradi­zioni por­tarono, nel finire del Cinquecento, a un forte ridimensiona­mento della vita mu­sicale bolo­gnese: la musica profana era in decadenza, mentre quella sacra stava diventando troppo austera. A fornire nuova linfa fu un fe­no­meno, già avviato nel XVI secolo in tutta Ita­lia, ossia il formarsi delle cosiddette Ac­cade­mie Artistiche o Letterarie.

A Bologna, sede della più antica Università d’Europa, il nascere delle Accademie è molto legato a questa isti­tuzione: capitava che un docente universi­tario, per liberarsi da al­cuni vincoli posti dall’università sul metodo o sul contenuto dell’insegnamento, cercasse spazi più agevoli, trovandoli aprendo una propria Accademia che veniva frequentata dagli stu­denti, ma an­che da persone esterne all’Università, ossia dottori, canonici, e arti­sti. Non è questo il solo modo in cui poteva na­scere un’Accademia, ma in genere ciò av­ve­niva solo grazie all'iniziativa di figure di spicco nell'ambito intellettuale.

L’Accademia, per come veniva intesa all’e­poca, era un’istituzione culturale in cui erano consentiti e incoraggiati dibattiti in­tellettuali su temi dell’arte interessata, al fine di pro­durre un progresso dell’arte stessa. Fra i numerosi esempi ricordiamo l’Accademia dei Siti­bondi, fon­data attorno al 1550 dal profes­sore uni­versita­rio di Diritto Canonico Celso Sozzini, che si prefiggeva come scopo l’arte di trattare leggi sia canoniche sia civili, oppure l’Accademia Bocchiale, fondata nel 1546 da Achille Bocchi professore di Let­tere Greche, Retorica e Poesia, la quale si occupava della correzione dei libri che do­vevano andare in stampa.

Le Accademie Musicali bolognesi furono di­verse, tutte nate nel XVII secolo: la prima a veder la luce fu l’Accademia de’ Floridi, fon­data da Adriano Banchieri, già brillante compositore e teorico musicale, nell’anno 1615. I ritrovi avvenivano presso il mona­stero di San Michele in Bosco, poco lontano dalla città, e qui venivano impartiti inse­gnamenti di teoria e di pratica musicale. Nel successivo 1622 il Maestro di Cappella di S. Petronio, Girolamo Giacobbi, prese l’asso­ciazione culturale sotto la sua protezione ri­battezzandola Accademia de’ Filomusi, e concedendo la propria abita­zione in città come ritrovo più degno e più comodo. In questa prestigiosa accademia era uso af­frontare e dibattere questioni musicali che venivano poi reinterpretate nell’esercizio pratico; ne fu membro anche il Maestro di Cappella di S. Marco a Venezia, Claudio Monteverdi. Nel 1633 i due musici bolo­gnesi Domenico Brunetti e Francesco Ber­tacchi, entrambi maestri di cappella a S. Petronio, fondarono l’Accademia de’ Fila­schisi in cui si preferiva trattare di musica strumentale piut­tosto che cantata.

Infine, nel 1666 tutte le realtà accademiche dedicate alla musica confluirono in una nuova Accademia che dalla fondazione fino ai giorni nostri ricopre un ruolo da impor­tante istitu­zione a livello sia cittadino che internazio­nale: l’Accademia Filarmonica di Bologna. La nascita di questa associazione è avvenuta per iniziativa del nobile Vincenzo Maria Car­rati, intento a riunire in un’unica voce i vari gusti musicali cittadini, al fine di una mag­gior pos­sibilità di dialogo e di sviluppo. Non a caso il motto della Filarmonica è sempre stato “Unitate melos”.


Verso il Settecento

Nel corso del Settecento, l’Accademia e la città di Bologna vissero un periodo straordi­nariamente proficuo e furono, anche grazie alla rpesenza di musicisti teorici e didatti del calibro di Giacomo Antonio Perti, polo d'attrazione personalità d’eccezione, fra cui ricordiamo il cantante Carlo Broschi detto il Farinelli, padre Giovanni Battista Martini, allievo di Perti e a sua volta uno dei più celebri eruditi e compositori del suo secolo, e Wolfgang Amadeus Mozart.

In particolare, fu proprio l’Accademia, fon­data nel 1666, a far diventare Bologna uno dei maggiori centri musicali d’Europa in questo periodo. L’Accademia aveva il potere di autorizzare i musicisti alla professione, certificandone le competenze e il valore.


Bibliografia

C. Bellaigue, Mo­zart vita e arte, Rizzoli, 1955.

G. Merizzi, E tutta la città era in suoni. I luo­ghi della storia della musica a Bologna, Bo­logna, 2007.

E. Surian, Manuale di storia della musica, Milano, Rugginenti, 1998.