Souvenir dal ROF

 a cura di Roberta Pedrotti

 

Concluso il XVIII Rossini Opera Festival, proponiamo una breve serie di video e ascolti che riassumono questa edizione emblematica nella storia della rassegna pesarese, la prima firmata da Ernesto Palacio come direttore artistico (e gli avvicendamenti in questa carica non son certo una novità) ma soprattutto la prima dopo la scomparsa di pilastri della Rossini Renaissance come Philip Gossett, che aveva interrotto già da qualche anno in rapporti con Festival e Fondazione Rossini, e, soprattutto, Alberto Zedda, che di Pesaro era invece anima instancabile e onnipresente. Palacio ha saputo intelligentemente coglierne l'eredità anche instaurando un proficuo dialogo con la Fondazione, un dialogo che con Zedda era stato interno, fra pari, e ora assume nuovi tratti - fra musicista e musicologi - che possono risultare non meno dialetticamente proficui.

Ripercorrendo la panoramica di questo ROF salta all'occhio, specialmente nella nuova produzione, come l'aspetto (e il dibattito) musicologico e filologico sia l'anima e l'inesauribile ragion d'essere del Festival: ascoltare finalmente Le siège de Corinthe in edizione critica, e in particolare il Finale III (video/audio), restituisce un nuovo aspetto all'opera, una nuova lettura della drammaturgia e un nuovo posto nella storia della musica. D'altra parte, si conferma la ricerca delle voci, che affianca conferme e scoperte, grandi e gradissimi nomi (non solo e non esclusivamente rossiniani) a talenti emergenti, sempre secondo il principio della non specializzazione, persuasi che l'esperienza rossiniana non sia esclusiva, ma utile e formativa anche per affrontare altri repertori. Non si tratta, così, di rinnegare i cosiddetti specialisti degli anni '80: in realtà, Samuel Ramey non fu un pregevole, talora eccellente, Attila, Filippo II, Mefistofele? E Rockwell Blake non portò forse la sua arte, formata su Rossini anche in tanti ruoli di Bellini e Donizetti fino alla Lakmé di Délibes? Chris Merritt non ha scoperto una nuova vita nella musica del XX secolo? Marilyn Horne e Lucia Valentini Terrani si sono distinte solo forse nel Belcanto o hanno ribadito che il Belcanto pò essere una chiave di lettura di tutta la musica?

Fra i cantanti, se si esclude il debutto marginale, in recital, di una deludente e distratta Margarita Gritskova, solo i due protagonisti della Pietra del paragone, Aya Wakizono e Gianluca Margheri, non si sono mostrati all'altezza dei rispettivi ruoli, con l'attenuante, per il ROF, dell'emergenza che ha portato a scritturare in extremis il basso toscano. Per il resto, i cast sono apparsi tutti ben equilibrati e i concerti hanno regalato vere emozioni, dalla raffinata Liederabend di Pisaroni ai gradi appuntamenti per voci e orchestra dedicati ai tenori rossiniani e alla presenza eccellente di Ildar Abdrazakov. Forse si potrà giocare a individuare presenze azzardate (quale manifestazione non ha mai sbagliato un colpo nell'assortire un cast o nel dar fiducia a un giovane?) e assenze eclatanti (esiste un grande teatro dove un grande cantante non sia mai apparso, per le ragioni più svariate?), ma se, per esempio, John Osborn o Javier Camarena non hanno ancora messo piede, almeno per cantare, nella città di Rossini, se nel mondo ne hanno affrontato ad alti livelli grandi titoli seri, se sono diventati delle stelle internazionali come belcantisti, il merito è anche di quel che il Rof ha seminato negli anni, riportando al centro dell'attenzione l'opera del Pesarese: se Rossini si esegue bene, e talora con audacia filologica e sperimentale, anche altrove è un risultato di cui sulle sponde dell'Adriatico, senza ambire ad assurdi monopoli, c'è da andar fieri.  

Sul podio il bilancio è positivo per il ritorno di Roberto Abbado, che si direbbe all'apice della sua maturità artistica, e l'esordio pesarese di Francesco Lanzillotta, una delle migliori bacchette dell'ultima generazione italiana già meritatamente contesa all'estero. Destano legittime speranze anche il debutto di Michele Spotti sul podio del Viaggio a Reims e il ritorno del pure giovanissimo Ivan Lopez Reynoso, già applaudito nella stessa produzione dell'Accademia nel 2014 (leggi la recensione) e oggi al fianco di Abdrazakov. Viceversa, Daniele Rustioni continua a non sembrare particolarmente affine al linguaggio rossiniano.

Da sempre il Rossini Opera Festival rappresenta, nella produzione lirica italiana, una realtà particolarmente attenta all'espetto teatrale e anche alla sperimentazione registica, da Ronconi a Vick a Michieletto, passando anche per Pizzi De Ana e Ponnelle, ché il buon teatro, il teatro intelligente non si definisce in base alle scelte iconografiche, ma alla qualità dell'insieme. Abbiamo accolto con favore e curiosità la scelta della Fura dels Baus per riportare in scena Le siège de Corinthe, anche se il risultato non è stato pari alle aspettative: capita, ed è capitato anche in maniera assai più eclatante con il deliberato disprezzo espresso per la stessa opera da Massimo Castri nel 2000 o per il pasticcio volgarotto del collettivo Teatro sotterraneo nel Signor Bruschino, per non parlare di nomi più illustri e collaudati che hanno voluto tener fede al motto "quandoque bonus dormitat Homerus" (Armida e La donna del lago di Ronconi per esempio). Nessuno, al momento della programmazione, potrà garantire il risultato di uno spettacolo, il teatro è anche rischio: quel che conta è che sia calcolato con coerenza e saldi principi e non v'è dubbio che il Rof abbia sempre, anche quando con esiti alterni fra l'eccelso e il tonfo, non abbia sempre perseguito una linea di saggia ricerca e di sperimentazione quale ci si aspetta da un festival. Quest'anno il difetto della Fura è stato essenzialmente il non sviluppare l'assundo iniziale (riducondurre tutte le sovrastrutture che generano i conflitti tragici all'elementare lotta per la sopravvivenza) ma decorarlo con tutti i cliché estetici del collettivo, anche senza una chiara intelligibilità. Ci si conferma così l'impressione che nel gruppo catalano la mente drammaturgicamente più arguta sia quella di Alex Ollé (Aida, La bohème, Madama Butterfly...), mentre i lavori firmati da Carlus Padrissa manchino di una piena compiutezza concettuale.

Ora, conviene pensare al futuro: tutte nuove produzioni per il Festival 2018, il quadro di cast e concerti ancora da completare, un trio di titoli principali che affianca due opere coeve (1818) e, purtroppo, rare e sovente incomprese (Ricciardo e Zoraide e Adina) all'opera più nota ed eseguita di Rossini, quel Barbiere di Siviglia da cui ci si aspetta sempre un'idea illuminante che ne giustifichi la rappresentazione in sede di festival (cosa che, in fin dei conti, è avvenuta solo nel 2011 con la recita semiscenica diretta da Zedda). Poi si parla, finalmente, di dare attenzione a Eduardo e Cristina e di stringere la sincronia con la realizzazione delle edizioni critiche e con i filoni di studio seguiti dalla Fondazione. Tutti ottimi propositi a cui si sottintende, però, un grido di dolore che il Rof condivide senza potere sulla sua risoluzione: nonostante un progetto sia stato approvato e un bando vinto il vecchio palafestival giace ancora in stato di abbandono. Pesaro deve tornare ad avere i suoi spazi in città, la natura stessa del Festival esige che tutti i luoghi degli spettacoli siano raggiungibili a piedi, fra il centro e il mare; l'Adriatic Arena è uno spazio che nasce provvisorio, con problemi acustici e di tenuta (basta una pioggia perché tutta la sala rimbombi e qualche goccia cada sulla platea!), uno spazio terribilmete scomodo non solo per un pubblico anziano o con difficoltà motorie, uno spazio che non permette di socializzare, nemmeno di fermarsi serenamente a chiedere un autografo. Sono undici anni che il Rof è in esilio e il Comune deve agire, non si può più aspettare se si ha veramente a cuore il Festival e il suo ruolo nell'identità e nell'economia della città.

Per approfondire i singoli spettacoli

Pesaro, Le siège de Corinthe, 10/08/2017

Interviste, Damien Colas

Pesaro, La pietra del paragone, 11/08/2017

Pesaro, Torvaldo e Dorliska, 12/08/2017

Pesaro, Il viaggio a Reims, 14/08/2017

Pesaro, concerto Pisaroni, 15/08/2017

Pesaro, Tenors, 17/08/2017

Pesaro, concerto Abdrazakov, 19/08/2017

Pesaro, concerto Gritskova, 21/08/2017

Pesaro, Stabat Mater, 22/08/2017

Video e Ascolti


 

Gianfranco Mariotti ricorda Alberto Zedda


Le siège de Corinthe (estratti)

Le siège de Corinthe (finale I)

 

Le siège de Corinthe (stretta duetto Pamyra-Mahomet)

Le siège de Corinthe (divertissement)

Le siège de Corinthe (finale III)


La pietra del paragone (estratti)

 

La pietra del paragone (estratto finale I)

La pietra del paragone (coro di cacciatori)

 

La pietra del paragone ("Donna di sensi equivoci")


Torvaldo e Dorliska (estratti)

Torvaldo e Dorliska (terzetto Torvaldo-Duca-Giorgio)

Torvaldo e Dorliska (duetto Duca-Giorgio)

Torvaldo e Dorliska (estratto dal finale)