di Andrea R. G. Pedrotti
Con il Neujahrskonzert diretto da Riccardo Muti Vienna si conferma la capitale mondiale del Capodanno, anche grazie alle splendide coreografie ambientate in luoghi suggestivi e all'altissima qualità della realizzazione tecnica.
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Vienna, verso il Concerto di Capodanno 2018
Ancora una volta Vienna è la capitale mondiale del Capodanno, pronta a confermarsi tale, con elegante naturalezza, nella cornice aurea della sala dorata, grazie alle intramontabili note della dinastia degli Strauss. Questo è Capodanno, una festa che non può prescindere dai sorrisi dei professori d’orchestra della filarmonica di Vienna, un sorriso tanto contagioso da provocar un’autentica pandemia che va ben oltre le sponde del Danubio, irresistibilmente suscitata dall’intrigante morbo delle partiture degli Strauss.
Il catalogo a disposizione dei Wiener Philharmoniker è sterminato, tanto da consentire una quantità incredibile di possibili variazioni, seppur con alcuni irrinunciabili punti fermi, per il Neujahrskonzert viennese.
Il grande successo di questo 2018 non è stato a esclusivo appannaggio di una delle migliori orchestre al mondo, è stato un successo del concertatore Riccardo Muti, del Wiener Staatsballet, dell’eccellente ripresa televisiva offerta dalla ORF (la televisione nazionale austriaca) e di una cura dei dettagli pressoché maniacale nell’approntare ogni cosa nel migliore dei modi: nessun particolare è stato lasciato al caso, nessuno dei meravigliosi fiori era fuori posto, gli ottoni scintillavano come non mai e persino i fazzoletti a protezione delle mentoniere, della medesima tinta e fantasia delle cravatte grigio perla (colore d’ordinanza per la cravatta a plastron o semplice cravatta in seta d’un tight). Tutto in ordine, tutto perfetto, ed è a questo punto che l’animo soavemente infantile dell’Austria Felix può condurci al gioco e alla spensieratezza, due condizioni che sarebbero necessità anche dell’età adulta. Se questo venisse riconosciuto, molto probabilmente il mondo avrebbe meno problemi da affrontare.
Partiamo dal podio, che, quest’anno, ha visto protagonista Riccardo Muti, ed è proprio dalla sua espressione, sorridente e rilassata che traspariva la soddisfazione di uno dei direttori tecnicamente più preparati al mondo per la prestazione dei Wiener Philharmoniker, i quali non solo si sono dimostrati, come sempre, precisi, ma anche spensierati e sorridenti, al pari del concertatore. È bello, quanto raro, vedere dei professionisti, oltretutto di tale livello, tanto gioviali nello svolgere il proprio lavoro, per la gioia del pubblico. Con un Muti quasi immoto, si ammiravano tutti i musicisti impegnarsi con passione e giocosità sul proprio strumento. Anche questo ha contribuito, per esempio, a una splendida esecuzione del primo dei tre bis conclusivi, la Polka schnell, op. 324 Unter Donner und Blitz. Tutto impeccabile come nelle previsioni, seguendo appieno il gusto viennese.
Sul programma musicale avevamo già scritto nei giorni scorsi e solo ora possiamo raccontare delle meravigliose coreografie che hanno deliziato il pubblico. Il balletto non può prescindere dal Neujahrskonzert der Wiener Philharmoniker e il Neujahrskonzert der Wiener Philharmoniker non può prescindere dal balletto, sia perché i ritmi utilizzati dagli Strauss sono quelli della danza, sia perché il concerto è inserito nella stagione dei balli dei salotti viennesi, ma anche perché Vienna è città onirica per eccellenza, fatta di sogno, inconscio e pulsioni soavemente (perché no?) erotiche e del fascino del linguaggio non verbale, caratteristica tipica dell’elemento femminile preponderante in questa strana città, così come nella danza: arte femmina per eccellenza. È bella la coreografia del Pas de deux di Davide Bombana all’Hofpavillon (una delle stazioni progettate da Otto Wagner), disegnata sulla Stephanie-Gavotte, op. 312 di Alphons Czibulka, ma splendida quella realizzata nella cornice dello Schloss Eckartsau. La vicenda narrata sulle note di Rosen aus dem Süden, Walzer, op. 388 di Johann Strauss figlio, è quanto di più viennese si possa sognare: una romantica passeggiata di due amanti diviene motivo di schermaglie, litigi, scambi di coppia, in cui i protagonisti esprimono un campionario indimenticabile di bisticci amorosi; un giovane segue la fidanzata furibonda per motivi noti solo a lei e che egli avrebbe dovuto comprendere senza il bisogno d’essere informato verbalmente, un’altra coppia si incontra nel parco del castello, lei intenta a leggere un libro, lui a corteggiarla. Visivamente mirabile (anche tecnicamente) l’ingresso nel castello: un ballerino insegue la fanciulla di cui s’è invaghito, la insegue fino alle soglie del palazzo, quando tutte le danzatrici (a eccezione dell’oggetto del suo desiderio) si dispongono in formazione, distraendolo con le loro perfette movenze che gli ostruiscono il passaggio. Splendido, al pari, il finale con le coppie che si mescolano: un fanciulla si cela in una stanza, inseguita da un ragazzo, inseguito a sua volta dalla gelosia della sua amante ufficiale. Scambi, intrecci, soavità: tutto si ricompone nel bel finale e la vita viennese così prosegue. La vita viennese proseguì, infatti, anche dopo la fine ufficiale dell’impero Ausburgico, firmata proprio allo Schloss Eckartsau nel 1918. Bellissimi i costumi di Jordi Roig.
È da sottolineare come numerosi fra i ballerini e le assai avvenenti ballerine del Wiener Staatsballet fossero italiani, come concertatore e coreografo. Tutti artisti di cui, come connazionali, dovremmo essere orgogliosi.
Eccellente la regia televisiva di Henning Kasten, capace di scoprire gli angoli più nascosti del Musikverein, con un movimento delle telecamere che pareva danzassero anch’esse sulle note degli Strauss. Si apprezza anche il montaggio, su vari brani, di immagini che illustrano dalle tipiche porcellane fino al percorso del Danubio, passando attraverso le suggestive inquadrature alla biblioteca nazionale Austrica.
Successo indiscutibile al termine, con un pensiero che già corre al primo gennaio 2019, quando la direzione del Neujahrskonzer der Wiener Philharmoniker sarà affidata a Christian Thielemann, ma non prima di perdersi nel sorriso degli orchestrali, del pubblico e in quello di Riccardo Muti, ricambiato dalla consorte Cristina Mazzavillani.
foto Thomas Jantzen
foto Terry Linke