Onestà, educazione e rispetto reciproco

 di Roberta Pedrotti

Qualche riflessione su audizioni e concorsi di canto sulla scia di alcuni recenti episodi.

La mia prima esperienza come membro della giuria in un concorso di canto è stata nel 2002, per la prima edizione dell'Anselmo Colzani di Budrio. Da allora ho partecipato a molti concorsi e a diverso titolo: in segreteria, come organizzatrice, in giuria per tutte le fasi o solo per la finale. Nella maggior parte dei casi al fianco di colleghi correttissimi, con rare occasioni di disaccordo nel metodo e nel merito.

Se l'esperienza e il contatto con illustri colleghi molto ha da insegnare, ci sono, però, aspetti di questo lavoro che nessuno ha mai dovuto spiegarmi, perché si tratta di elementi basilari di civiltà, rispetto, educazione. Per questo mi stupisco ancor più quando vedo che questi sono messi in discussione da commissioni e giurati poco corretti. Per questo sento il bisogno di fare il punto sul lavoro in un concorso o in una serie di audizioni.

In primo luogo, a scopo unicamente documentario, trovo legittimo registrare un'audizione e molti bandi comportano anche una liberatorio in tal senso. Tuttavia dovrebbe essere lapalissiano che la registrazione deve servire solo ed esclusivamente a uso interno, come archivio e promemoria, come documento nel caso in cui il candidato chiedesse di approfondire il giudizio e puntualizzare eventuali errori commessi. Senza autorizzazione del candidato nulla dovrebbe poter uscire, l'audizione deve essere trasparente, certo, ma non è un'esibizione pubblica. Ricordo che già alla mia prima esperienza vi fu chi (totalmente esterno al concorso) mi chiese di passargli le registrazioni delle prove più buffe o improbabili, ricevendo il mio rifiuto più sdegnato: fra la giuria e i candidati ci deve essere una sorta di patto di rispetto e fiducia reciproca che va al di là anche del regolamento che tutti abbiamo accettato.

Chi decide di partecipare a un concorso o a un'audizione presumo lo faccia anche perché ripone fiducia nella serietà di chi organizza la manifestazione e di chi lo andrà ad ascoltare e giudicare. Noi dobbiamo essere degni di quella fiducia, prima di tutto assumendoci la responsabilità di un giudizio che non è solo un voto, un “sì” o un “no”, un commento appuntato sulla scheda. Stiamo parlando di una persona che nello spazio di un'aria può trovarsi a giocare una parte del suo futuro, dei suoi sogni, delle sue aspirazioni, che ha investito tempo, denaro, energie. Quella persona ha pagato per avere la nostra attenzione per una manciata di minuti ed è nostro dovere, ad ogni costo, darle la nostra attenzione, la nostra disponibilità, il nostro sorriso, il nostro consiglio sincero e la nostra comprensione.

Possiamo sbagliare, e dobbiamo saperlo. Il futuro miglior cantante del mondo potrà capitarci in una giornata no, emozionato, con un'aria poco adatta, e dobbiamo esserne coscienti. Una bella voce potrà azzeccare una performance d'impatto, ma poi denunciare limiti artistici e professionali nel prosieguo di una carriera non brillante, e dobbiamo esserne coscienti.

È un lavoro difficile il nostro, perché richiede naturalmente istinto, competenze, esperienze, ma anche un impegno umano ed emotivo che può risultare perfino spossante dopo una giornata di audizioni. Dobbiamo capire e interpretare una persona, un artista nello spazio di pochi minuti, di un'aria o due.

Questi sono principi ineludibili, come la correttezza o la trasparenza (se anche il regolamento non prevede espressamente astensioni e io non sono un'insegnante, quando fra i candidati riconosco un volto noto lo saluto e dichiaro coram populo come e quando ho già avuto occasione di incontrarlo, oltre alla disponibilità a rinunciare a esprimermi a suo riguardo).

Dovremmo aver bisogno di un codice etico per stabilire che non bisogna deridere una persona, né divulgare sue registrazioni effettuate in contesto privato e delicato, in un rapporto di fiducia? Per stabilire che si debba rispetto al prossimo, tanto più a quello non conosci e che si affida a te per avere un'opinione sul suo lavoro e sulle sue possibilità? Spererei di poter considerare requisiti imprescindibili e sottintesi onestà, trasparenza, educazione in un giurato, compito dell'organizzazione convocare persone degne (e se capita di sbagliare, non riconfermarle in futuro).

Al di là di queste basi di civiltà, tutto è disciplinato dal regolamento e forse val la pena di ricordare che, se i bandi si somigliano un po' tutti con una serie di consuetudini condivise, non esiste una norma fissa.

Per esempio, possono cambiare sistemi di votazione e di conseguenza il peso e il numero dei giurati. Possiamo dare, soprattutto per le eliminatorie, dei o dei No, possiamo utilizzare voti numerici con più o meno decimali, possiamo suddividere la valutazione in più punti, stilare ciascuno una personale classifica a cui attribuire valori elaborati dal computer, il presidente può avere voto doppio o semplicemente un ruolo di coordinamento e l'ultima parola in caso di discussioni insolute... Non esiste una regola fissa. Esiste il principio secondo cui, qualunque sistema si utilizzi, questo possa esprimere il giudizio della commissione in modo equo e fedele. Le operazioni di voto sono giustamente riservate – né sarebbe gentile esporre una graduatoria umiliante per chi non ha passato le prime selezioni – ma buona norma è quella della disponibilità al dialogo per spiegare al candidato le ragioni della scelta della giuria, con eventuali consigli.

E se il giurato deve essere consapevole della propria infallibilità e porsi onestamente all'ascolto della persona e dell'artista, così il candidato dovrebbe vivere il concorso, l'audizione con spirito positivo, costruttivo e di confronto, cosciente, a sua volta, di non essere perfetto e infallibile. Il rispetto deve essere reciproco, ma è dovuto anche se la controparte non lo dimostra. Selezionate, informatevi, valutate chi meriti la vostra stima, il vostro tempo, il vostro denaro, ma non abbiate paura di mettervi in gioco e di ascoltare un altro parere. Non è detto che anche una critica non possa esservi utile, aiutarvi a prendere in considerazione una prospettiva differente. Soprattutto, non pensate mai che il critico/giurato buono sia solo quello che parla bene di voi. Fatevi un'idea su quello che dice e scrive degli altri, su come lo dice e lo scrive: se lo ritenete onesto e competente curatevi delle sue opinioni, quali esse siano, in caso contrario, anche se vi si coprisse di elogi, vi conviene non dargli peso.

Mi è capitato di riconoscere immediatamente e di sostenere il talento di alcune delle voci che oggi sono sulla cresta dell'onda, ma non mi vergogno di dire di aver avuto anche dubbi che poi i fatti hanno smentito. Ho incontrato straordinari giovani musicisti disponibili al dialogo e ben consapevoli di sé, altri che si sono permessi, dopo aver dato loro un consiglio, di inviarmi sms con raccomandazioni sui criteri di voto (e risposi con un altro consiglio: "io il mio giudizio l'ho espresso e unicamente sulla performance in concorso, altri avrebbero potuto offendersi e penalizzarti, capisco che sei giovanissimo, ma ti conviene evitare in futuro di provare a insegnare a un giurato a fare il suo mestiere"). Mille sono gli episodi che chi ha frequentato i concorsi a qualunque titolo potrà aver collezionato. Ogni aneddoto ci parla della varietà dei casi umani e ci ricorda la necessità di quei principi basilari di educazione, onestà, rispetto, ma non intacca il valore del concorso in sé, che se ben gestito e organizzato (e per fortuna non sono pochi a funzionar bene!) rappresenta un'occasione impagabile per mettersi alla prova, per confrontarsi, per crescere, per creare un dialogo reciproco e costruttivo fra aspiranti artisti e addetti ai lavori a vario titolo.