Desperate Times, Desperate Measures

  di Giuliana Dal Piaz

In vista della rappresentazione della versione inglese di Napoli milionaria di De Filippo, una tavola rotonda fa il punto sul testo teatrale e sul tema dell'etica in situazioni estreme di guerra e tirannide.

Stratford, 8 agosto - L’agenda dei Forum, in questa stagione dello Stratford Festival, è molto fitta, legata agli spettacoli in programma ma anche intesa come approfondimento di qualcuno dei filoni che a essi sottendono. Il Forum che ha avuto luogo l'8 agosto mi è parso particolarmente meritevole di attenzione, perché dedicato alla famosa Napoli milionaria di Eduardo De Filippo, tradotta in inglese da Donato Santeramo e adattata per il palcoscenico del Festival dal drammaturgo canadese John Murrell (in scena dal 17 agosto al 27 ottobre).

Antoni Cimolino, direttore del Festival e regista dell’opera, suggerisce qui un tema di riflessione: la “matriarca” – come lui la definisce – Amalia Jovine si impegna con tutta se stessa nel mercato nero napoletano dei tempi di guerra per la sopravvivenza della famiglia; quali sono gli effetti della guerra sul paese e sui cittadini dal punto di vista economico, e dal punto di vista etico?

Modera e guida il dibattito l’economista David Prosser, ponendo domande allo stesso Antoni Cimolino, a Donato Santeramo (docente di Letteratura Italiana del Novecento, di Semiotica e di Storia della Mafia presso la Queens’ University di Kingston, drammaturgo e regista, editore associato del Giornale Internazionale di Arti dello Spettacolo dell’Università di Roma Tre “Tor Vergata”), e a Brian Orend, docente di Filosofia presso la University of Waterloo.

“Quando ho letto [l’opera] per la prima volta – afferma Cimolino –, ho avuto il sospetto che, per un pubblico odierno, sarebbe stato difficile capire il mondo della Napoli tra il 1942 e il 1944. Ma gli accadimenti degli ultimi anni, tra i quali, la primavera araba e la crisi siriana tuttora in corso, mi hanno indotto a pensarla diversamente. La scintilla che fece deflagrare la primavera araba fu l’immolazione di un giovane venditore ambulante tunisino in protesta per la corruzione e la crudeltà dei funzionarî governativi. Come il regime fascista italiano nel primo atto di Napoli Milionaria!, il governo tunisino aveva creato un mondo in cui l’onestà era ricompensata con la povertà e l’umiliazione”.

L’intervento di Cimolino nell’ambito del Forum va tuttavia molto oltre quest’affermazione, che fa parte del comunicato stampa di presentazione dello spettacolo: malgrado non conosca la “guerra in casa” che ha funestato i paesi europei durante la II Guerra mondiale – dice – , il pubblico canadese riesce comunque a provare una grande empatia per l’opera di de Filippo, come ha già dimostrato anni fa la presentazione, sempre per la regia di Cimolino, di Filumena Marturano.

La poetica di De Filippo, la sua capacità di mettere in risalto gli aspetti umoristici presenti anche nelle situazioni più tragiche, la sua analisi delle questioni sociali, “non segue l’impulso di idee politiche, filosofiche o religiose. La sua attenzione si concentra sulla persona e sui suoi legami con la famiglia e la comunità. Qual è la nostra responsabilità personale nell’aver cura dei nostri figli, dei nostri amici e dei nostri vicini?”.

Entrambi figli di italiani emigrati, quando era ancora un ragazzo nel caso di Santeramo, prima generazione nata in Canada nel caso di Cimolino, hanno condiviso dei ricordi analoghi di quanto raccontato loro dai genitori sull’epoca della guerra e del fascismo. Ne è emerso un panorama realistico – punteggiato da cenni comici, molto nello stile di De Filippo! – delle condizioni di Napoli e dell’Italia alla fine della guerra, con l’accento posto soprattutto sulla disgregazione morale a cui una situazione estrema porta la gente comune, e che richiede uno sforzo non indifferente per recuperare in integrità e dignità umana.

Al giovane professore di Filosofia, Brian Orend, è stata chiesta invece una riflessione sulla particolare economia del mercato nero che si crea in tempo di guerra, e non solo. Le sue considerazioni etiche sulla legittimazione della ribellione a un regime ingiusto come quello fascista mi sono parse superficiali e in ultima analisi non in sintonia con le possibilità di risposte pertinenti e approfondite.

Un breve cenno alla traduzione in inglese, in sole tre settimane, del testo originale – scritto in dialetto napoletano stretto come sempre nelle opere di De Filippo – ci ha dato un’idea dell’impresa di Santeramo, peraltro autore di numerose analoghe traduzioni di opere teatrali italiane, che ha poi messo in scena lui stesso.