Un'era del pop-rock italiano

 di Gina Guandalini

Gina Guandalini ripercorre una fase della storia della musica pop-rock italiana sia nei suoi aspetti legati a politica e società, sia in un percorso musicale che ha toccato anche importanti esponenti internazionali di diversi generi.

Il 9 settembre 1998 moriva in un ospedale di Milano, a 57 anni Lucio Battisti: “Il più famoso cantante pop italiano, paragonato a volte a Bob Dylan, non per il contenuto politico delle sue canzoni ma per aver definito un'era»; così scriveva il New York Times. Battisti è stato infatti oltre che uno dei primi e maggiori esponenti del moderno e innovativo pop-rock italiano, il breviario emotivo di chi è diventato adulto negli anni ’70. Negli oltre 25 milioni di dischi da lui venduti ha spiegato una capacità straordinaria di creare melodie orecchiabili ma niente affatto scontate e intuizioni armoniche inusuali per il suo periodo più grande, tra il 1967 e il 1978. Nei suoi brani si alternavano ironia e profonda introspezione, che ne hanno fatto una sorta di poeta del primo rock italiano.

Lucio Battisti, il musicista che avrebbe sprovincializzato la musica italiana, nasce a Poggio Bustone in provincia di Rieti un giorno dopo Lucio Dalla, il 5 marzo 1943, da famiglia modesta e semplice. Nel 1950 c’è il trasferimento a Roma. Fin da bambino suona la chitarra, apprendendola da autodidatta. Nella migliore tradizione degli adolescenti, agli studi presso l’istituto tecnico preferisce suonare e ascoltare musica – ama particolarmente i Platters, gli EverlyBrothers, Ray Charles -, provocando arrabbiature nel padre. A diciannove anni  entra a far parte come chitarrista nel complesso “Gli Svitati", poi passa qualche mese a Napoli  suonando con “I  Mattatori” - ma riesce anche a diplomarsi perito elettrotecnico. Nel 63 entra nel gruppo  “I Satiri”,e si trova così a suonare la chitarra al night romano Cabala. Lì si esiniscono anche i più celebri  “ Campioni”, che lo scritturano e lo portano a Milano. Lucio si trova quindi in un ambiente che ruota intorno al club Santa Tecla, punto d’incontro di jazzisti e rockettari. Per il resto della sua vita avrà come base la Lombardia. A Milano frequenta la storica Trattoria Arlati, in cui conosce virtuosi della chitarra come Alberto Radius e Ares Tavolazzi. Nel 1964 prende parte con “I Campioni”a una tournée in Germania e Olanda, che gli permette di ascoltare alla radio musica che allora in Italia non arriva: conosce così i Beatles e Bob Dylan. I Campioni registrano, tra il ’64 e il ’66, alcuni 45 giri in cui Lucio suona a canta nel coretto. Il leader del gruppo, Roby Matano, lo convince  a collaborare alla composizioni (uno di questi canovacci diventerà pochi anni dopo Mi ritorni in mente).

All’inizio del ’65  Battisti viene notato, durante un provino con il discografico Franco Crepax, da  un'editrice musicale di origine francese, Christine Leroux ( moglie dell’attore Cino “Mago Zurlì” Tortorella). La Leroux è cacciatrice di talenti per la casa discografica Ricordi e intuisce subito il talento di Lucio Battisti. È tra i primi dell’ambiente a credere nel talento di Battisti, e ed è lei a procurargli l’incontro con l’autore Mogol, il cui vero nome è Giulio Rapetti- Mogol è un vero, fantasioso  poeta, si delinea un sodalizio artistico senza precedenti. 

Sembra si debba a Mogol l’insistenza affinché Lucio canti in prima persona, con la propria voce le sue canzoni. Mogol deve superare le resistenze presso la Ricordi, la loro casa discografica, ma alla fine, minacciando di dare le dimissioni, vince. Lucio esordisce come cantante solista nel febbraio 1966 con il suo brano Adesso sì (che Sergio Endrigo interpreta al Festival di Sanremo 1966) Maurizio Vandelli, leader del gruppo modenese Equipe 84, ricorda: “A Sanremo, lui era chitarrista in un complesso, io ero già noto. Mi fermò, anzi quasi mi saltò addosso, voleva a tutti i costi farmi ascoltare delle sue canzoni. Pensai fosse uno dei tanti scocciatori senza talento. E invece mi folgorò subito: una serie di cose fenomenali”

Esce infatti il primo 45 giri Dolce di giorno/Per una lira, brano fortemente innovativo nel testo e nella scrittura musicale. Come Bob Dylan, ma senza imitarlo pedissequamente, Battisti usa una voce roca, agra, afona, stralunata spesso nel falsetto. Il gruppo statunitense Canned Heat stravolgerà il blues con una voce simile: ma Battisti è venuto prima. Lucio Dalla ne parla trent’anni dopo: “Battisti è un cantante strepitoso perché non ha nessuna vocalità classica e ha una voce che sembra una lametta da barba. Mi sembra molto simile a Dylan, perché tutti e due usano una voce d’emergenza, cioè fanno della necessità una originalità assoluta. Fa una curva, va su un gradino, poi stride e poi si abbassa, sussurra, arriva alla la comunicazione ideale»  A elogiare l’originale strumento vocale del nostro sarà, a posteriori, anche Salvatore Accardo: “Avvicinerei la sua voce al violino, non per i suoni o per la tecnica, ma per l’espressività e la tensione, capacidi esprimere problemi, inquietudini e contraddizioni di un’intera generazione». E insieme a Battisti Mogol – il quale detesta il termine “paroliere” – dà il meglio di sé.

Nel 1967 Lucio, ancora parzialmente sconosciuto, è a Sanremo solo come autore uando muore Luigi Tenco, Shel Shapiro, leader dei trionfanti Rokes, lo ricorda silenzioso e poco considerato da colleghi pieni di prosopopea. Non molto dopo si presenta timidamente  a casa Shapiro con un foglio strappato contenente le parole della canzone Io vivrò senza te. I Rokes registrano la canzone, ma tagliano il “prologo” quasi parlato, e il duo Mogol- Battisti sente che tocca a Lucio presentare la sua versione. Lo fa pochi mesi dopo, con la “sua” introduzione esplicativa, con arrangiamenti ricercati, complessi fraseggi orchestrali e un livello di pathos impressionante nell'interpretazione canora. All’epoca qualcuno pensa che Io vivrò senza te sia di Luigi Tenco. E’ un “sempreverde” che Mina si aggiudicherà con successo. Lucio dichiarerà “sento di poter dire la mia anche come cantante, cioè di aggiungere qualche cosa, non di migliore ma di diverso, magari, a quella che era la mia canzone. »

La voce di Lucio diviene subito la componente essenziale delle sue canzoni, è la voce di tutti i giovani malinconici o arrabbiati di tutte le classe sociali. Il primo Battisti opera nei filoni blues, rhythm & blues e rock. Ma per diversi anni a rendere celebri le sue composizioni in prima battuta sarà sempre qualcun altro. Non è Francesca esce prima interpretata dai “Balordi”nel dicembre ’67 (“I Nomadi” declinano l’offerta preferendo i testi di Francesco Guccini): è un brillante e geniale esempio di scrittura pop "da camera", che ricorda in qualche misura i Beatles di "Yesterday" o di "Eleanor Rigby", e si conclude con una lunga sezione strumentale ispirata ancora al modello dei FabFour. A livello testuale oggi questa canzone è accusata di forte maschilismo; ma l’ingenuità del ragazzo che non vuole vedere il tradimento è ancora oggi struggente. Altro hit di Mogol-Battisti è  29 settembre che, interpretato dall’Equipe 84 in versione psichedelica e beatlesiana, due anni dopo, 1969, è cantata da Battisti nel suo primo album a 33 giri con una sorta di esultanza malinconica. Ancora  Vandelli: “29 settembre  è uno di quei casi in cui si incrociano coincidenze cosmiche, c' è qualcosa nell' aria e serve un fattore scatenante per tramutare tutto in realtà. Noi eravamo lì lì per esplodere, volevo fare qualcosa che non fosse beat perché mi pareva che il fenomeno fosse già avviato al tramonto, e la coppia Battisti-Mogol stava iniziando a sfornare capolavori. Quando Lucio me la fece sentire saltai sulla sedia e gliela feci suonare di nuovo. Mi piaceva da matti, perché era una canzone non ballabile, ricca di passi in due quarti, era orecchiabile, ma al contempo raffinata”. Anche Nel sole, nel vento, nel sorriso e nel pianto è incisa originariamente da qualcun altro, in questo caso i Ribelli; registrata da Lucio sembrerà un pezzo nuovo,

Come solista, Battisti pubblica il suo secondo singolo, Luisa Rossi/Era, che contiene un rhythm and blues e sul lato B una perfetta imitazione dello stile di Donovan. Era sfrutta inoltre le tecniche sperimentate dai Beatles con "Revolver" (i nastri ascoltati al contrario). Va ricordato che, oltre che chitarrista, compositore e cantante, Lucio è attivissimo e meticoloso come tecnico in sala d'incisione: è tra i primi in Italia a utilizzare la tecnica di capovolgere i nastri nelle registrazioni (anche in Non è Francesca). In quel 1967, creativamente prodigioso, Battisti affida ancora all’Equipe 84 Nel cuore, nell'anima; per l'ex Camaleonte Riki Maiocchi scrive con Mogol Uno in più, canzone-manifesto della cosiddetta linea verde, con cui nasce un  rinnovamento della tradizione musicale italiana. Tutti titoli trasmessi e ritrasmessi nei programmi radiofonici più seguiti dagli under 25, Bandiera gialla, Per voi giovani, Supersonic.

Per creare attesa per la uscita del nuovo successo annunciato dal gruppo I DikDik Lucio va ad alcuni programmi radio cantando lui "la prossima canzone dei DikDik", che è sua e di Mogol, Il vento, in un arrangiamento di chitarra acustica e voce. E in quella primavera ‘68 arriva Balla Linda, anche qui direttamente interpretata da Battisti con la sua voce agra e sconcertante. A suonare il pianoforte in studio è proprio Lucio. Ed è conBalla Linda che Battisti partecipa al Cantagiro, entra nella hit parade italiana, impone la propria personalità. Uscirà anche la prima cover  in inglese, Bella Linda, eseguita dai “The Grass Roots”, che negli Stati Uniti otterrà un notevole successo, piazzandosi al numero 28 della classifica di Billboard  (complesso dall’orecchio lungo, i GrassRoots, che ai Rokes ha sfacciatamente rubato  Sha-la-la Piangi con me facendone un successo mondiale contro la guerra del Vietnam).               

Battisti esemplifica prima di altri in italiano la globalizzazione internazionale del linguaggio musicale. È la fine degli schemi della musica italiana e più in generale europea; dilagano gli influssi  del blues, del mondo americano, del rock di Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Little Richard. E naturalmente dei Beatles, che hanno compreso come una canzonedi 3 minuti può presentare variazioni di tempo improvvisea seconda dello stato d’animo. La struttura cambia se occorre esprimere rivolta o invece malinconia. La linea melodica battistiana è semplice e accattivante, ma esibisce forme dl tutto originali: in una struttura circolare e ipnotica, c’è sempre una fitta trama di corde di chitarra a terzine, cui subentrano basso, archi e fiati . Non c’è quasi mai un ritornello di tradizione ed ecco sbirciare dagli arrangiamenti, dalla veste musicale, la psichedelia. La versione in inglese de Il vento, tradotta da Shel Shapiro per i suoi Rokescome When the Wind Arises  è oggi considerata la partenza dello psychedelic rock, nato con i Beatles e i Byrds dalle sonorità del sitar. Alcuni dei commenti americani dicono “freaking insane…very unique from a lot of the psychedelic music of this time…great psychedelic track!”   Lucio Battisti, afferma Vandelli, «anticipava ogni tendenza, è sempre stato di una modernità imbarazzante. Erano gli altri a copiare da lui”

I produttori dei Beatles si fanno avanti attraverso Paul McCartney, che conosce i dischi di Lucio: sono pronti a investire su di lui per lanciarlo nel mercato americano, ma, con sorpresa di Mogol, lui rifiuta. Perché il 25% dei suoi guadagni dovrebbe andare ad estranei? In realtà c’è dietro il classico problema della impossibilità degli italiani a spostarsi all’estero, linguisticamente e culturalmente.

Un altro successo di Mogol-Battisti scala le classifiche al Festival di Sanremo ’69, dove Lucio canta di persona Un'avventura, agile mescolanza di beat e rhythm & blues avvolta intorno a una melodia come sempre accattivante. Aumenta la popolarità ma si infittiscono le critiche. Si ironizza anche in TV sulla capigliatura da Pierino Porcospino, e Natalia Aspesi definisce la sua voce «chiodi che gli stridono in gola». Un mese dopo Sanremo esce il primo album a 33 giri tutto composto di creazioni Mogol-Battisti.

All’inizio del ’69 entra nella vita di Battisti Grazia Letizia Veronese, proveniente dal Clan Celentano, che diventerà sua compagna e madre di suo figlio Luca, poi collaboratrice; infine gelosissima custode della sua eredità sonora. Il 15 aprile Lucio partecipa per la prima volta a una trasmissione televisiva, Speciale per voi di Renzo Arbore, lanciando la canzone Acqua azzurra, acqua chiara, che arriverà terza al Cantagiro e diventerà un tormentone estivo. Il batterista Franz Di Cioccio, che suonerà in molti  suoi successi,  ha confermato che «in quella canzone, la prima che ho registrato con lui, mi sono accorto che non era né beat né rock ma un artista italiano che riusciva ad avere una musica internazionale». In quell’estate Battisti compie una prima tournéé personale e fonda insieme a Mogol una sua casa discografica indipendente, la Numero Uno, insieme alla casa editrice Acqua Azzurra. Era evidente il progetto di staccarsi da Ricordi. In questo progetto vengono coinvolti Bruno Lauzi, che dichiara«è nettamente il più bravo di tutti. Sono certo che non sarà questa generazione a vederlo finito, anzi ritengo che durerà per sempre».   Il terzo 45 giri dell’anno è Mi ritorni in mente. Qui Battisti  prende dagli americani una diversa divisione ritmica della melodia, mescola melodia larga con rock pesante, fa proprie le caratteristiche del soul, del blues e quindi del linguaggio rock: sincope, scansione ritmica in "levare". Sul lato B c’è 7 e 40, originalissima ballata, incalzante, affannosa,  martellata dal basso e punteggiata dalla celesta, che qui è una sorta di xilofono esile. Mogol, in stato di grazia, asseconda  le incredibili trovate musicali di Lucio.

Ma continuano le grandi canzoni scritte per gli altri. Questo folle sentimento, vagamente psichedelica, è un grande successo dei Formula 3;Il paradiso della vita  viene tradotta dal gruppo inglese Amen Corner, con il titolo If Paradise Is Half as Nice, raggiungendo il primo posto delle classifiche di vendita britanniche. Patty Pravo rimane affascinata dal brano, ignorando che sia italiano, e vuole farne una cover: uscirà come Il paradiso, rendendo la canzone popolare anche in Italia. Mina accetta con entusiasmo di mettere in repertorio Insieme e Io e te da soli e dice di Lucio «È un ragazzo straordinario, un autore straordinario, un cantante straordinario». E penso a te e Mary oh Mary ridanno estro e lustro alla carriera di Bruno Lauzi.

Solo dopo la morte di Battisti si è diffusa l’idea di quante canzoni attribuite ad altri erano in realtà sue: come La spada nel cuore portata a Sanremo 1970 da Patty Pravo e Little Tony, o un singolo di quest’ultimo, Lasciami vedere il sole. Gli inconfondibili coretti e la chiave blues sono chiaramente battistiani. In una trasmissione di “Speciale per Voi” del 1970 otto complessi, seduti nel pubblico,  ne cantano una frase per uno, senza strumenti: i Camaleonti, i Formula 3, l’Equipe 84, I Profeti, gli Showmen, i Rokes, i DikDik, i Giganti, i New Trolls. Un piccolo ma impressionante omaggio.

«Sono tre ore che state a parlare e non si è concluso niente! Io propongo delle cose: vi emozionano, vi piacciono, sì o no?» Tornato a Speciale per voi di Renzo Arbore nel giugno ’70, così il nostro tronca tutti i discorsi supercritici con cui il giornalista e conduttore Renzo Nissim lo confronta. Poi canta con una modesta chitarra comprata poco prima alla stazione Termini. Molti hanno riproposto la canzone, ma ancora oggi nessuno è riuscito a riprodurre quel riff alla chitarra. Non è una questione di velocità, di tecnica estrema, è una questione di tocco: l'”approccio Battisti" amplifica la comunicazione e l’ espressione dello strumento. Poco dopo la morte di Lucio il periodico Chitarre scrive: “Qui siamo di fronte a una delle grandi esecuzioni di Battisti. Questa introduzione di Lucio ha dell’inverosimile: il tocco è quanto di più aggressivo si possa immaginare, il muting sulle corde è ai limiti dell’impossibile, la saturazione è da vera elettrica, lui suona da raffinatissimo autodidatta. Un capolavoro.” Poi presenta Fiori rosa, fiori di pesco. Il testo è un vero e proprio ottovolante emotivo di Mogol:  racconta di un ragazzo che spera di ricominciare da capo come se non fosse passato un anno, ma, raggiunta nella sua casa, lei non è sola. “Credevo di volare e non volo” canta dodici anni dopo l’entusiasmo di Volare di Modugno; che sia una metafora della canzone italiana? Nella base ritmica di Cioccio, Dario Baldan Bembo all’organo e l’Orchestra Sinfonica della Scala. Detto Mariano crea infatti una ricca atmosfera in stile Michelle dei Beatles, con archi, celesta e arpa.

Quattro mesi dopo è la volta di Emozioni, delicata e immaginativa poesia di Mogol notoriamente sbeffeggiata da Walter Chiari (il video Youtube è al momento oscurato dalla RAI). 

Una poesia privata, sottovoce, intimissima, dalla struttura armonica atipica. È una sorta di crescendo con un arrangiamento di archi e tastiere con le percussioni che fanno da contorno. Si è appreso che noi oggi ascoltiamo Emozioni nella sua prima esecuzione in studio: non furono necessarie ripetizioni. Sul lato B di questo piccolo poema c’è Anna, che arriva in testa alla hit parade italiana prima di Emozioni. Musicalmente si fa notare per l’assolo di mellotron di Dario Baldan Bembo e la raffica interminabile di batteria sfoggiata da Di Cioccio. “Voglio Anna…” rantola Lucio, diviso (come già, a ben vedere, in Acqua azzurra) tra la compagna devota e la predatrice sensuale. Nel film Ecce Bombo di Moretti il padre del protagonista la canticchia nel sonno, a insinuare che le velleità di evasione dalla routine sono onnipresenti.

Nel ’71 esce Pensieri e parole, canzone in cui i dati autobiografici di Mogol, frammentati e resi ermetici, richiamano ancora oggi l’attenzione e l’esegesi quasi ancora più della musica. Mogol prevarica anche in Eppur mi son scordato di te, che per contenuto appartiene al filone  “giustificazioni della scappatella”, come già 29 settembre e in futuro Innocenti evasioni. Mentre la stampa inizia a lamentare la calante disponibilità di Battisti a essere intervistato e fotografato,lui presta ai Dik Dik, un capolavoro della serie “uomo abbandonato e depresso”, Vendo casa, ma ne fa personalmente l'assolo di chitarra in sala di incisione. Quindi Mina canta due sue composizioni,  Amor mio e La mente torna e Lauzi porta al successo Amore caro amore bello.

Il nuovo singolo battistiano Dio mio no viene censurato, a causa di  significati erotici considerati inaccettabili: «la vedo in pigiama e lei si avvicina. Dio mio no! Cosa fai? Che cosa fai?» A fine settembre, nel corso di un programma  RAI in prima serata  ideato da Mogol Lucio esce dalle quinte raggiungendo il centro della scena e con la chitarra Let the sunshine in, canzone inno del pacifismo, dal musical Hair. Mano a mano, è raggiunto da una dozzina di cantanti e musicisti con audio leggermente più basso: Adriano Pappalardo, Bruno Lauzi, Franz Di Cioccio, Edoardo Bennato; inconfondibile la voce di Mia Martini giovanissima.

La canzone del sole è un classico per chi si accinge a imparare a suonare la chitarra. Esce alla fine del ’71 come primo disco della Numero Uno ed è l'unica canzone italiana a essersi trasmessa di generazione in generazione per tradizione orale: tantissimi ragazzini l'hanno imparata senza aver mai sentito il disco, ma solamente per averla sentita cantare e suonare da altri. È semplice: l’armonia è fissata su un solo accordo; e la distinzione tra strofa e ritornello è quasi sempre annullata. Pochi mesi la separano da un altro “inno battistiano”, I giardini di marzo, in cui musica e voce sovrastano l’ennesimo testo poetico di Mogol. La canzone meriterebbe di essere analizzata armonicamente nei conservatori, tanto è abile e suadente il contrasto, il confronto tra maggiore e minore.

È di quella primavera ’72 uno storico incontro televisivo con Mina, per cantare un medley di motivi suoi. una delle esibizioni più importanti della musica pop italiana e l'ultima apparizione televisiva di Battisti in Italia. Ancora un hit, Innocenti evasioni, questa volta pieno di ironia: il protagonista prepara champagne, luci rosse e caminetto acceso per un incontro d’amore; ma piomba inaspettata la sua compagna ufficiale e lui deve fingere di avere aspettato proprio lei e di non sentire che bussano alla porta. Nel film con la Garbo Margherita Gauthier c’è un episodio analogo – ma Mogol e Battisti pare fossero ispirati da una disavventura capitata in realtà a Renzo Arbore…

Il 25 marzo 1973 nasce l'unico figlio di Battisti e Grazia Letizia Veronese, di nome Luca Filippo Carlo. Il comportamento istericamente invasivo della stampa in questo evento causeranno la definitiva rottura tra Battisti e i giornalisti: arriva infatti a rifiutare un'intervista con Gianni Agnelli, che gli chiede di esibirsi al Regio di Torino in uno spettacolo sponsorizzato dalla FIAT, per un compenso di 2 miliardi di lire.

Nel 1973, caso raro nella storia discografica italiana, Lucio riesce a conquistare il primo ed il secondo posto in classifica (con Il mio canto libero e Il nostro caro angelo), distanziando opere di respiro e successo internazionali come The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd (3°) e Don't Shoot Me I'm Only the Piano Player di Elton John. Lunghe permanenze nel Sudamerica e a Los Angeles continuano a spronare la vena compositiva del nostro musicista, ma il periodo d’oro si avvia al termine. Con l'uscita de Il nostro caro angelo (1973) Lucio sembra confermare vecchie storie per cui sarebbe simpatizzante della destra. Ma i significati delle sue canzoni vanno soppesati in altro modo: se destra c’è, è nell’inevitabile – per l’epoca - maschilismo di Mogol; o forse in qualche vago accenno di pensiero esoterico, che attira i fans di Tolkien.

Nel  settembre 75 realizza due filmati in cui canta Ancora tu e La compagnia: si tratta quasi certamente del primo videoclip nella musica pop, che anticipa di circa due mesi anche quello di Bohemian Rhapsody dei Queen (spesso considerato erroneamente il primo videoclip della storia della musica),

Nel settembre 1976 si sposa in matrimonio civile con Grazia Letizia Veronese. A marzo 1977 esce il singolo Amarsi un po'/Sì, viaggiare; l’album in lingua inglese, intitolato Images, invece viene pubblicato ad agosto sul mercato statunitense e inglese; non soddisfano  la pronuncia inglese del Nostro e le traduzioni dei testi. Si conferma la fondamentale inesportabilità delle canzoni del nostro. Nel web c’è una tesi di laurea su di lui compilata da una studiosa olandese, che si rivela chiaramente preparata e attenta, ma nulla di più.

Nel 79 si svolge la separazione di carriera e amicizia da Mogol. «La musica la concepisco come una cosa che si rinnova», spiega Lucio. «Dopo un disco, io sono già da un'altra parte. Ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali: devo distruggere l'immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L'artista non esiste. Esiste la sua arte». La collaborazione con l’autore e performer romano Pasquale Panella data dal 1983. «Non conosco e non amo la canzone», dichiara Panella, “figlia degenere di un matrimonio d’interesse, ma bella, leggera, idiota». Qui non si ne dirà altro di quel sodalizio, se non che per i fans della prima ora di Battisti Panella è stato un po’ come Yoko Ono per i Beatles. Certo anche gli  album “post Mogol”,ascoltati oggi, rivelano quanti anni luce Battisti fosse musicalmente avanti. Il prog (progressive) rock ha in lui un esponente geniale per inventiva e acutezza.

Il 29 settembre del ’94 esce Hegel, l’ultimo album di un ormai irriconoscibile Lucio.

Salvatore Accardo ha detto di lui «È uno dei migliori musicisti italiani. Come compositore ha una vena genuina, ha istinto, fantasia, facilità espressiva…» Ennio Morricone  «È stato un innovatore. Con lui non si ebbero più tonalità prese a caso, ma corrette e coerenti con l’interpretazione e capaci di dargli un senso vero».   Vasco Rossi «Un giorno a scuola il professore di italiano, uno alternativo, fantastico  che ci faceva sognare, ci ha spiegato una canzone di Battisti. Io ero giù di testa, lo amavo alla follia. È stato per l’Italia quello che sono stati i Beatles per il mondo. Prima c’era la canzone italiana, poi sono arrivati lui e Mogol.». José Feliciano, Mick Ronson,  chitarrista di David Bowie e il produttore di Lou Reed, Pete Townshend, Paul McCartney hanno dichiarato la loro stima e ammirazione.

David Bowie, che ha voluto una traduzione di Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi, negli anni '70 ha citato Battisti come il suo italiano preferito  e nel 1997 lo ha definito il miglior cantante del mondo insieme a Lou Reed.