Gli esordi e i primi rapporti con il disco

di Gina Guandalini

Un viaggio attraverso la storia della discografia callasiana, e quindi dell'opera del '900, dalle prime incisioni alle più recenti ristampe e riscoperte. 

In questa prima parte, entriamo nella rivoluzione operata dalla Divina partendo dai suoi esordi e dalle registrazioni più remote, ma anche dal panorama discografico con cui la giovane greca si confrontò.

“Non paragonerò mai un’interpretazione dal vivo ai dischi…Vedete, per registrare il tipo di disco che faccio io devo ridurre tutto al minimo, perché nella registrazione sonora tutto è esagerato. Questo suono registrato non può riprodurre fedelmente la ricchezza, la varietà di tutte le sfumature che sono possibili in sala da concerto o in teatro”. Le dichiarazioni della Callas a proposito della sua attività discografica sono scarse e sparpagliate. Né più sistematici sono stati i dirigenti e produttori delle sue etichette. Nella sua tesi di laurea, lo studioso canadese Réal La Rochelle ha assemblato una faticosa compilazione, né cronologica, né esaustiva, di lettere e testimonianze. Molti dati interessanti sui progetti discografici della Callas sono stati espunti dal suo libro, pubblicato nell’85.

Il discorso sulla discografia della Callas è tra i più affascinanti nella storia dell’opera. Io qui butto giù una serie di annotazioni e informazioni – scorrendo vari forum di appassionati noto che la disinformazione regna sovrana – per ricordare e puntualizzare come sia cambiato il gusto e il sentire tra il 1949 e oggi (non sempre per il meglio, a dire il vero) e come sia proprio lei, la Divina, ad avere dato le più robuste spallate e a portare avanti la storia della musica lirica.

Da tempo si sa che la prima volta che Maria Callas ascolta la propria voce è il 18 settembre 1949, nell’intervallo dell’esecuzione dell’oratorio di Stradella San Giovanni Battista, nella chiesa di San Pietro a Perugia. L’oratorio viene registrato per una trasmissione radio di undici giorni dopo. Circolano due versioni, entrambi in prima persona, sulle reazioni della cantante: “Che orrore! Quella era dunque la mia voce? Ho pianto come non potete immaginare!” e una, più probabile, sostanzialmente positiva. Non essendo una diretta è possibile che, se veramente la propria voce le facesse orrore, la Callas tenterebbe almeno di impedire la trasmissione del 29 settembre. Non è da escludere che ci sia il preciso progetto di inserire l’oratorio nel catalogo discografico della Cetra, per cui la Callas è sotto contratto, dato che la “compagnia di bandiera” italiana del settore classico annuncia in quei mesi anche preziose rarità come Le cantatrici villane di Fioravanti, Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti, L’Amfiparnaso di Orazio Vecchi; forse in quel settembre 1949 è alla pubblicazione in disco che l’interprete della stradelliana Salome si oppone, forse è contrariata non dal proprio timbro di voce, ma dal contesto al quale affidare il debutto discografico.

Perde comunque plausibilità l’idea che la cantante abbia effettuato dischi a 78 giri a New York, nel periodo ’46-’47 in cui studiava – insieme a Nicola Rossi Lemeni - con Louise Taylor, Louise Caselotti e il marito di questa, Eddy Bagarozy. E’ comprensibile che questa leggenda sia nata negli ultimi trent’anni: oggi è inconcepibile che uno studente di canto non si registri e non abbia i mezzi per farlo in continuazione (quanto alle frasi di “Un bel dì vedremo” intonate da una Mary Callas bambina, a chi scrive non sembra affatto lei; ma è giusto lasciare che i fans sperino...)

Tra l’arrivo in Italia nel ’47 e la stagione teatrale ’51-’52 lo status della Callas è di cantante controversa o addirittura rifiutata; si è parlato di “anti-star”. Certo riporta successi notevoli in un repertorio non popolare, se si eccettuano Gioconda e Turandot. La Cetra (il nome è l'acronimo di Compagnia per edizioni, teatro, registrazioni ed affini) è stata una casa discografica italiana, nata a Torino nel 1933, su iniziativa dell'EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). L’EIAR decide di trasformare le Edizioni musicali Radiofono, attive dal 1923 e di sua proprietà, in casa discografica, cambiandone il nome in Cetra Società Anonima; in seguito l'azienda diventerà una s.p.a. Mitico direttore generale degli anni ’50 e ’60 è Edgardo Trinelli, che non ha un occhio di falco per il lato tecnologico dei dischi. Nel ’48 dichiara “Il 78 giri non morirà mai!”; l’anno seguente, dopo un viaggio negli Stati Uniti, cambia musica: “Il futuro è nel 33 giri”.

Sulle etichette di quei dischi si legge Parlophon, in quanto la casa si avvale per un decennio di questa ditta per lo stampaggio, avocando a sé le registrazioni e la distribuzione dei dischi. Grazie al rapporto diretto con l’EIAR le registrazioni attingono al ricco materiale radiofonico e questo fa sì che nel catalogo Cetra entrino ottimi cantanti ed esecuzioni curate.

Si è sempre sostenuto che le registrazioni discografiche della Callas comincino in ritardo rispetto alle altre star operistiche della sua generazione: Elisabeth Schwarzkopf, Renata Tebaldi e Victoria de los Angeles su tutte. Ma la prima è nata nel 1915. Debutta da solista a 78 giri già nel ’39-’40, con selezioni da Paganini e Il paese del sorriso di Léhar, Wiener Blut di Strauss e – guarda, guarda! – Boccaccio di Suppé; proprio l’operetta in cui la Callas canta in un ruolo secondario ad Atene nel febbraio ’41. La Schwarzkopf avvia una carriera discografica importantissima a partire dal ’46, spaziando da Bach e Haendel a Mozart e Humperdinck, e diventando ben presto, insieme a Karajan, una delle star dell’etichetta His Master’s Voice/Columbia. Incide quindi la prima opera intera a trentaquattro anni nell’estate ’50, la Contessa delle Nozze di Figaro,e un anno dopo Eva nei Meistersinger: in entrambi i casi con Karajan e un cast stellare. Subito dopo Meistersinger, il produttore discografico inglese Walter Legge comincia a utilizzarla come fornitrice di brevi frasi, anche di mezzosoprano, quando manca una cantante, o di note singole in caso di problema della titolare; sostituzioni che saranno rivelate molti anni dopo e che fanno parte dell’uso spregiudicato e a ben vedere avveniristico della sala di incisione da parte di Legge.

Victoria de los Angeles, nata un mese prima della Callas, entra in sala di registrazione EMI nel maggio ’49 con brani spagnoli e un accompagnatore pianistico del livello di Gerald Moore; seguono singole prove liederistiche e di nuovo canzoni spagnole. Nel luglio ’52 è Rosina nel Barbiere con Serafin, Nicola Monti e Nicola Rossi Lemeni. A livello discografico si può dire che tra il ’53 e il ’59 sarà sempre in concorrenza con la Callas: registra Barbiere di Siviglia (1952 e 1962), Pagliacci (1953), Butterfly (1954 e 1959), Bohème (1956), Traviata (1959), Carmen e Cavalleria Rusticana.

Ma è Renata Tebaldi, che entra per la prima volta in studio di registrazione dieci giorni dopo la Callas, a contrapporsi discograficamente. Appartiene alla scuderia della Decca, ben più potente e significativa a livello internazionale della Cetra e schiacciante rivale della EMI.Nel repertorio lirico e lirico spinto il suo timbro rende molto bene in disco e costituisce serio elemento di concorrenza. L’epocale rivalità Tebaldi-Callas, esplosa nell’autunno 1951 in Sudamerica con Tosca, Aida e Traviata esclusivamente in teatro, si amplifica quindi al settore discografico Solo molti anni dopo si saprà che nell’inverno ’51-’52 John Culshaw, storico produttore della Decca, pensa seriamente di invitare la Meneghini Callas a far parte della sua prestigiosa scuderia; ma il problema di bilanciare la sua presenza con quella della Tebaldi, di equilibrare i due cataloghi, magari rischiando le dimissioni della loro stella italiana, sembra alla fine troppo gravoso. Il contratto Decca della Tebaldi vede due “tradimenti” con la Cetra: nel maggio ’50 un recital raffinato con l’orchestra della Scala, in cui canta anche “Deh, vieni, non tardar” dalle Nozze di Figaro e che è la sua seconda registrazione di studio; e tre anni dopo il primo Chénier completo. Anche le registrazioni tebaldiane complete, dunque, sono in diretta concorrenza con i titoli commerciali della Callas: Bohème e Butterfly (1951), Tosca e Aida (1952), Andrea Chénier (1953), Manon Lescaut e Traviata (1954), Forza del destino (1955), Trovatore (1956), Andrea Chénier 2 e Cavalleria rusticana (1957), Mefistofele e Butterfly 2 (1958), Turandot 2, Tosca 2, Bohème 2 e Aida 2 (1959).

Per anni si è scritto che i tre 78 giri (twelve-inch records in inglese) della Callas pubblicati dalla Cetra nel maggio 1950 fossero il riversamento di un concerto cantato alla Rai il 7 marzo 1949 (lo afferma il primo affidabile biografo, George Jellinek, e l’asserzione è stata ripetuta per molti anni). Ma gli storici tre dischi che vengono commercializzati sono registrati tra l’8 e l’11 novembre ’49. Segnalai molti anni fa, in un articolo su “Musica”, l’importanza storica dei due brani di Bellini, che rivelavano al mondo musicale un’interprete e un repertorio nuovi e sconvolgenti.

A livello sovranazionale i due dischi belliniani sono recensiti da George Lascelles, conte di Harewood (cugino della Regina Elisabetta) solo nel marzo ’52, sul mensile inglese Opera. “L’incisione di ‘Casta Diva’ non è affatto bella e per ora la Callas non è in alcun modo all’altezza della Ponselle dal punto di vista della voce e dello stile…”. L’affermazione, che non modifica lo stupore ammirativo dell’autore per l’esecuzione della cabaletta e per l’artista in generale, è molto interessante e ha grande valore storico. Esemplifica quella sensazione di “brutta voce” che al primo ascolto del nuovo soprano greco-americano il mondo operistico inevitabilmente prova, prima dello stupore e dell’ammirazione. Harewood, esatto coetaneo della Callas, per un giudizio sul grande personaggio belliniano deve basarsi esclusivamente sui dischi, nei quali Rosa Ponselle all’epoca regna sovrana – e per una parte dei melomani di lingua inglese, regna tuttora.

Sono rimasti due test di prova delle arie belliniane – per la verità è difficile distinguerli dall’esecuzione che poi è messa in commercio: quello di Norma sarà pubblicato in sordina in un volume commemorativo dell’Orchestra della RAI di Torino; sarà chi scrive a passarne una copia al critico e produttore discografico Danilo Prefumo, per un disco di rarità callasiane in CD che esce nel 2003.

Nel catalogo Cetra si crea ben presto un inedito: “Casta diva” e “Ah, bello a me ritorna” non saranno mai ristampati a 33 giri. C’è da chiedersi se non ci sia dietro un divieto della stessa Callas. Nel ’58 dichiarerà all’intervistatore americano James Fleetwood “Non sono una cantante da concerto. E’ per questo che se mi mettete davanti a un microfono, senza potermi muovere, senza fare altro che emettere suoni, questo non è nella mia natura, capite? Registrare è molto, molto difficile per me”. Fatto sta che bisogna aspettare il 1978 per riascoltare quella interpretazione belliniana, grazie alla “piratesca” BJR - etichetta tecnicamente la più agguerrita di ogni epoca, e quasi sempre preferibile a ogni altra casa discografica “ufficiale” - che pubblica l’album di tre 33 giri “Maria Callas Soprano Assoluta”.