di Gina Guandalini
Un viaggio attraverso la storia della discografia callasiana, e quindi dell'opera del '900, dalle prime incisioni alle più recenti ristampe e riscoperte.
Negli anni Settanta si tentano le ultime imprese, fra cui le ultime tournée con Di Stefano, e si cominciano a tirare le somme, mentre il panorama dei live pirata si amplia sempre più.
Nel ’72 Maria dichiara al critico newyorkese Alan Rich “Io detesto immensamente questa idea di ‘fissare’ un’interpretazione su disco”. E’ preoccupata per molti motivi. L’album “Callas by Request”, che con il consenso della protagonista entra negli archivi dei brani inediti, e mescola un Bellini del ’61 con alcuni Verdi del ’64 e, forse, del ’69, ha un eccellente successo di mercato. Di totalmente sconosciuto ci sono solo due belle arie da Lombardi e Attila. Il disco, che riconferma l’innegabile declino vocale della Callas negli anni ’60, è anche una disperata risposta della discografia “legale” alla trionfante avanzata del live “illegale” (Roger W Frank ribattezza i suoi dischi “Penzance Records”, scherzando sull’operetta di Gilbert & Sullivan, e pubblica una selezione dell’Alceste; la BJR crea una serie a parte chiamata “Robin Hood Records”, altra allusione alla natura fuorilegge di questi dischi, distribuendo Il trovatore scaligero del ’53). Vedete? Sembra voler dire la EMI, anche noi attingiamo a materiale inedito.
E’ di quell’anno l’inizio del discusso rapporto con Giuseppe Di Stefano. Nel 1992 l’ex moglie di Di Stefano, Maria Girolami, pubblica il memoriale Callas, nemica mia. Contiene inesattezze e anacronismi facilmente verificabili sui quotidiani dell’epoca, ma un punto è interessante. La radiotrasmissione della Traviata scaligera con la regìa di Visconti esce in dischi di etichetta MRF nell’agosto 1972. Con l’indicazione “estate (1972)” Maria Di Stefano scrive: “ascoltando insieme le vecchie registrazioni dal vivo di Pippo e Maria, a un certo punto salta fuori la famosa Traviata”. Se il dato è credibile, l’edizione è il tempestivo regalo di fans aggiornatissimi. I commenti della Divina sulla storica serata, raccontati dalla moglie del tenore, sono più scenici che vocali: “Lo so, lo so. Sembro una gatta che miagola. Ma l’anno dopo ho cambiato tutto ed è stato meglio. Quelle scarpe che volavano prima del 'Sempre libera', e tutto il resto, lo ha voluto Luchino, lo sapete. E anche l’interpretazione vocale l’anno dopo l’ho fatta a modo mio. Così anche al pubblico è piaciuta di più”. Per quanto desiderosa di poter contare su una Violetta discografica che la rappresenti al meglio, la Callas morirà senza vedere una Traviata dal vivo nel catalogo EMI.
Come allenamento in vista della tournée mondiali di concerti, la Callas e Di Stefano vogliono testare la possibilità di un disco di duetti. La risposta della Emi è un deciso “No”. Sarà la Philips a rischiare e perdere: le sedute di registrazione del novembre ’72 e del maggio ’73 non producono alcun materiale completo e pubblicabile e restano in cassaforte. John Ardoin segnala addirittura nella sua adorata cantante problemi di intonazione e questo, unito al canto, che definisce “brutale”, di Di Stefano, rende l’ascolto “più un dolore che un piacere”.
Nel libro Diaries of a Friendship il giovane pianista scozzese Robert Sutherland racconta le sue esperienze come accompagnatore, preparatore e amico della Callas tra il settembre 1973 e l’agosto ’75.. Quando la Divina è stanca di provare le arie dei futuri concerti, propone, o meglio impone, a Robert di ascoltare musica. “Musica voleva dire Callas”. Uno degli armadi settecenteschi laccato in stile cinese è pieno zeppo di dischi LP e nastri di recite dal vivo, realizzati e regalati da amici. “Guarda, Robert, tutti pirati! Beccano tutti i soldi e io non ci ricavo un penny!’…Ascoltava con intensa concentrazione, ogni tanto commentando quasi con se stessa, in modo stranamente distaccato ed estraneo, e attirando la mia attenzione su qualche passaggio che la soddisfaceva – ‘Non trovi che io abbia cantato bene quella sera?’ E il sorriso di piacere o di orgoglio si dissolveva in ombre di malinconia”.
All’indomani dei primi concerti europei del ’73, l’impresario Sander Gorlinsky suggerisce alla Callas di fare un disco di brani popolari classici. Lei chiede immediatamente consiglio a Sutherland, che propone Schubert, Schumann. Wolf, Grieg. Ma è dagli anni di guerra che Maria odia la lingua tedesca, e non vuole cantare traduzioni inglesi. Il progetto, che pure merita attenzione, sfuma presto. Un pomeriggio, i due musicisti riascoltano insieme “Tutte le torture” dal Ratto dal Serraglio – registrazione dal vivo delle prove di un concerto a Dallas nel ’57 (ascoltabile già dal dicembre ’72 in una antologia di inediti). “Meraviglioso, vero? Vorrei saperlo fare adesso”. Di nuovo l’autoammirazione diventa amarezza. Alla fine del ’73 la UORC, succedanea della Golden Age of Opera, rende accessibile La traviata messicana dell’estate ’52, con la prima intervista della Callas che sia mai stata registrata alla fine del primo atto (in italiano, o più precisamente in un veneto un po’ caricato).
Nel gennaio 1974, all’arrivo a New York, Maria riceve in dono dall’organizzatore della tournée americana, Mario De Maria, i dischi pirata della Lucia di Berlino 1955 (di una nuova etichetta, la Limited Edition Socierty, sigla LERWC), stampati due mesi prima. E’ emozionata perché non ha mai riascoltato quella sua Lucia. “Non posso credere di aver cantato così bene. E’ quello a cui ho sempre mirato ma che pensavo di non avere mai raggiunto…!” Poi ricorda la rabbia che ha provato quando Karajan ha deciso di offrire il bis del sestetto “Chi mi frena” senza preavvertire i cantanti. “Senti come ero arrabbiata! E avevo ancora da cantare la scena della pazzia. Dopo, a cena, gli ho detto di non permettersi più quello scherzo o gli avrei creato dei guai”. La scena della pazzia la colpisce particolarmente: “Non so come ce l’ho fatta. Non lo so proprio. E pensare che dopo la recita ho pianto perché sentivo di essere molto lontana dai miei obiettivi”. “Meraviglioso”, mormora Sutherland. E lei: “Meraviglioso? Meraviglioso? Non è meraviglioso, è maledettamente miracoloso!”
Dopo l’ascolto di Poliuto (dic.’60) Sutherland le dice che gli sembra “nervosa”. “Chi non lo sarebbe con tutta quella banda in sala”, ribatte lei, alludendo a Onassis, i principi di Monaco, la Maxwell, l’Aga Khan e la Begum presenti nel pubblico. “Cantavo meglio alla seconda recita” e per provarlo tira fuori l’Anna Bolena, di cui la Rai ha radiotrasmesso appunto la “seconda” del 17 aprile ’57. “Aspetta di sentire questo. Questo è cantare. Ah, i miei gruppetti! Ci mettevo tanta cura!” E dopo il duetto con la Simionato “Non è una bella voce, ma quella donna ha grinta”.
Nel marzo 1974 il critico David Hamilton passa in rassegna l’intera discografia Callas di studio e – quale reperibile al momento – sull’importante periodico specializzato High Fidelity- “The Recordings of Maria Callas” è una rassegna importante, che storicizza il fenomeno e lo consegna alla storia. Pochi mesi dopo, un’edizione della Vestale di vent’anni prima si rende reperibile su due o tre etichette diverse, ma in versione quasi inascoltabile e amputata di diverse scene.
Povertà, arretratezza tecnica e casualità limitano sempre, almeno in Italia, una pratica sistematica di registrazione dal vivo. Il 2 ottobre 1950 il baritono Raffaele De Falchi incarica un amico di registrare tra le quinte tutta la sua parte di Amonasro. Il tizio riesce a far funzionare lo scatolone solo al terzo atto, cogliendo le ultime frasi di “O patria mia”. Il Timaclub pubblica il brano nel ’77, completandolo con arie della Tebaldi,
E’ del 1977 la fondamentale rassegna The Callas Legacy (“L’eredità Callas”) del texano John Ardoin, amico devoto ma anche giudice imparziale di Maria. Esaminare tutto ciò che è rimasto come suono dal 1935 al 1977 è impresa formidabile; si renderanno necessari due aggiornamenti-ampliamenti, nel 1982 (al quale sono orgogliosa di avere contribuito) e nel 1996. Un libro-risorsa, sempre affidabile e pieno di dettagli.
Dopo la morte imprevedibile della Divina nel settembre 1977 la EMI si annette in catalogo quasi tutte le registrazioni delle recite live della Callas, proprio come la Cetra che nel 1978 invade il mercato prima italiano e poi mondiale con la serie “Cetra Live”, godendo di un vero e proprio boom di vendite. In Italia si è scoperta la clausola “dei vent’anni”, per la quale il materiale sonoro dopo un ventennio diventa di dominio pubblico. I “Cetra Opera Live”, anche se spesso di qualità inferiore o allungati a 3 LP contro i due delle edizioni statunitensi, resuscitano la grande carriera della Callas, fornendo alle sue registrazioni storiche uno status quasi uguale alla legalità. Non solo in Italia, ma in tutta Operaland, anche dove la clausola dei vent’anni non c’è, e la Emi interviene con diffide e querele. Gli LP Cetra Opera Live costringono anche critici del calibro di Rodolfo Celletti a recensire quelle lontane recite, mettendo a confronto ricordi lontani con la realtà inoppugnabile. In questo senso, gli appassionati hanno un decennio e più di esperienza a loro vantaggio, maturata sul mercato clandestino.