L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Non si ferma il dibattito sullo "Squid Game" veronese

La presa di posizione degli artisti del coro e dei lavoratori dell'Arena di Verona in seguito a malori e svenimenti verificatisi soprattutto durante le rappresentazioni di Aida e Nabucco negli allestimenti di Stefano Poda, che comportano costumi complessi e pesanti, ha riportato l'attenzione sul problema della qualità e della salute sul lavoro nel teatro lirico e soprattutto in un contesto come quello del festival veronese, con ritmi di produzione serrati e spettacoli imponenti durante il periodo estivo.

Le sigle sindacali hanno diramato il 1° luglio un comunicato esplicito in cui si legge che «all'interno di Fondazione Arena di Verona i dipendenti hanno la sensazione di partecipare a "Squid Game", serie nella quale la quasi totalità dei partecipanti ad una competizione fa una brutta fine.»

Un disagio già segnalato in occasione dell'Aida firmata visivamente da Stefano Poda nel 2023 e ripresa nel 2024 e 25 per «la lunghezza, la pesantezza e la scarsa traspirazione dei tessuti, unitamente alle proibitive condizioni climatiche registrate all'interno dell'anfiteatro, hanno reso un vero inferno il lavoro di tutte la maestranze, sia artistiche che tecniche. Non è un caso che lo scorso anno diverse persone hanno accusato malori durante gli spettacoli a causa dell'eccessiva pesantezza dei costumi e delle temperature elevate (picchi di oltre 45 gradi).»

All'annuncio della nuova produzione di Nabucco per il festival 2025 i sindacati raccontano di aver «chiesto con insistenza di prestare particolare attenzione ai tessuti da utilizzare per i costumi e agli altri materiali» e che, tuttavia, tali richieste non abbiano «prodotto alcun risultato, perché anche questa nuova produzione mette a repentaglio la salute la sicurezza sia per il peso dei costumi da indossare, oltre 11 kg, che per i materiali utilizzati, in particolare i "corpetti in plastica" che impediscono la traspirazione per gli Artisti del Coro (i quali, e bene ricordarlo, devono anche cantare con quei costumi addosso).»

Il bollettino medico riportato nel comunicato sindacale riferisce di varie situazioni che hanno richiesto l'intervento degli operatori sanitari, tra cui uno svenimento e due malori durante la recita di Aida del 29 giugno, quattro malori durante il Nabucco del 28 giugno. Si lamenta il silenzio della Fondazione, definito «totale e ambiguo», e si sollecitano verifiche e interventi per tutelare la salute e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori.

In seguito alla pubblicazione del comunicato sindacale, l'ufficio stampa dell'Arena invia un comunicato di risposta ai colleghi di Le salon musical (che ringraziamo per l'autorizzazione alla condivisione), in cui il vice direttore artistico e direttore delle risorse umane e delle relazioni sindacali ad interim Stefano Trespidi afferma «Il benessere dei lavoratori è la nostra priorità, e deve essere affrontato in maniera scientifica, sotto la guida di professionisti con una competenza specifica e strumenti all’avanguardia. Abbiamo avviato uno studio innovativo, mai sperimentato prima da nessuno. Ricordo, comunque, che esiste un protocollo condiviso con le rappresentanze sindacali secondo il quale all’aumentare delle temperature vengono tolti dei componenti dei costumi di scena, che siano di Zeffirelli o di Poda.»

Nello specifico, la Fondazione afferma che «per la prima volta, l’Arena di Verona ha affidato ad una società specializzata di Milano, un monitoraggio dello stress termico dei lavoratori dello spettacolo, sia durante le operazioni diurne di montaggio degli allestimenti scenici, valutazione del rischio che già avveniva ma che ora sarà ancor più approfondita, sia per quanto riguarda prove e spettacoli per il personale artistico che indossa costumi di scena.

Una prima analisi preventiva è già stata condotta sui costumi di tre opere: Aida,Nabucco e Carmen. Per la realizzazione dei nuovi costumi di Nabucco è stata creata una specifica commissione che ha controllato tutte le fasi di produzione, imponendo come criteri base l’utilizzo di fibre naturali, come lino e cotone certificati direttamente da chi ha prodotto i tessuti, e l’uso di materiali tecnici sportivi per tutte le lavorazioni sopra agli abiti.

La seconda fase prenderà il via il 6 luglio, con la rilevazione dei parametri fisiologici di un campione di lavoratori. Tali misurazioni avverranno mediante monitoraggio della frequenza cardiaca di persone individuate nei settori del Coro, Comparse e Ballo, con l’utilizzo di cardiofrequenzimetri da indossare al braccio durante le recite, sotto il costume, per tutto il periodo di esposizione a calore, quindi per tutta la prestazione.

Lo studio avverrà in forma anonima e nel massimo rispetto della privacy dei dati personali raccolti e andrà ad aggiungersi alle attività già in essere previste dalla normativa.»

Questa risposta, tuttavia, pare non aver soddisfatto lavoratori e lavoratrici che ci hanno inviato testimonianze e una lettera aperta chiedendo di tutelare l'anonimato.

Nel riportare le voci degli artisti che costituiscono uno dei pilastri dell'attività di un'istituzione come la Fondazione Arena, restiamo aperti a ulteriori contributi e contraddittori.

«La risposta della Fondazione Arena di Verona – ci scrivono – non si è fatta attendere. Secondo le parole di Stefano Trespidi, uno studio preventivo alla realizzazione dei costumi era già stato fatto, privilegiando tessuti leggeri come lino e cotone per venire incontro alle esigenze dei professionisti che li avrebbero indossati. Peccato che, intervengono i sindacati, per quanto riguarda i costumi di Nabucco, di lino e cotone ci sia forse solo un 10%.»

«Abbiamo lunghe tuniche sintetiche, a cui si aggiungono pantaloni pesantissimi come base e un gilet anch’esso sintetico. A tutto questo si aggiunge la nota “armatura” di plastica con applicati dei led e una ventina di pile stilo. Peso complessivo? 12 kg», denuncia un membro del coro, facendosi portavoce di una situazione che riguarda anche «ballerini e figuranti, con tutine aderenti, pesanti e completamente sintetiche, copricapi e camauri. Non si capisce quindi a cosa si riferisca il capo del personale quando parla di costumi “leggeri”.»

La chiosa conclusiva è lapidaria: «Le dichiarazioni ufficiali appaiono scollegate dalla realtà concreta che gli artisti vivono ogni sera.»

«Anche se le prove e le recite si svolgono dopo il tramonto, la temperatura nei camerini, nei sottopalchi e sulle gradinate sceniche resta altissima. Costumi pesanti, stratificati e di tipo invernale, lunghe attese in ambienti senza aerazione e senza ventilatori adeguati, rendono ogni serata una prova di resistenza fisica e mentale.»

«Siamo letteralmente immersi nel sudore. C’è chi ha vertigini, chi rischia di svenire, chi ha attacchi di panico prima di entrare in scena, sapendo che dovrà stare in piedi, in silenzio e in costume per oltre un’ora», racconta un artista del coro. «E ogni volta è come la prima: non si può accettare che questa diventi una normalità.»

«Non si tratta di disagi occasionali, ma di valori limite superati ad ogni recita, in una struttura unica al mondo per ampiezza, numero di produzioni e ritmo. Nessun altro teatro richiede carichi simili in condizioni così estreme, con un calendario che prevede oltre 50 spettacoli in meno di tre mesi.»

«Siamo spesso stipati in più di 200 persone in spazi dietro le quinte che ne dovrebbero ospitare la metà.»

A fronte di queste testimonianze, i lavoratori esprimono un'amara conclusione:

«Eppure, nonostante la criticità evidente, nessun piano di prevenzione, nessun ascolto, nessun adeguamento delle condizioni di lavoro.»

Si sottolinea anche la condizione di mimi e figuranti, lavoratori senza rappresentanza sindacale, pagati a cachet, esposti a rischi fisici, spesso lasciati senza supporto né strumenti di tutela. «Una collega ha avuto un malore in scena durante Aida, e l’unica reazione è stata fastidio perché si è dovuto ritardare un cambio. È stato agghiacciante», denuncia una testimone. «I mimi sono collassati. Nessuno ha chiesto come stavano. Non c’è assistenza, né empatia.»

Per tutti, tuttavia, si sottolinea «Nessuna reale concertazione, solo imposizioni. Gli errori sono trattati come colpe individuali anche quando nascono da una gestione improvvisata. E con l’aumento delle produzioni negli ultimi anni, la situazione si è progressivamente aggravata.»

«Le recite sono sempre di più, i registi sempre più scollegati dalla realtà quotidiana del lavoro teatrale. Si progettano scene complesse, coreografie impossibili, entrate rischiose, senza mai chiedersi se chi le deve eseguire abbia tempo, spazio, fiato per farlo in sicurezza.»

«Nel frattempo, chi lavora in scena trasporta oggetti pesanti, si muove tra quinte anguste, o resta per ore seduto su gradinate roventi, senza che si pensi a un minimo supporto: sedute, ventilatori, turnazione intelligente, ascolto.»

Il lamento accorato di una situazione che non è ritenuta più sostenibile, si conclude con un auspicio:

«L’Arena è patrimonio mondiale. Che lo diventi, finalmente, anche il rispetto umano.»

Condividendo l'importanza della tutela e del rispetto del lavoro e delle persone, confidiamo in un dialogo costruttivo che, dalle comunicazioni formali, tenga conto delle voci ti tutti gli artisti e i lavoratori coinvolti perché prenda forma una soluzione concreta che davvero soddisfi tutti.

Noi saremo sempre disponibili a ospitare risposte, argomentazioni, testimonianze e contraddittori, convinti che il confronto sia nel bene dell'arte e di chi le dà vita.


 

 

 
 
 

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