Una serata all'insegna della musica di Beethoven

Sarà quella di sabato 24 gennaio alle 21 al Teatro Municipale

A ridare vita alle note del compositore tedesco sarà l'Orchestra da Camera del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Daniele Callegari

Un appuntamento imperdibile quello di sabato 24 gennaio alle 21 con la Stagione Concertistica 2014-2015 della Fondazione Teatri di Piacenza. Sul palco del Municipale si esibirà, infatti, l'Orchestra da Camera del Maggio Musicale Fiorentino diretta dal maestro Daniele Callegari in un programma interamente dedicato alla musica di Ludwig van Beethoven.

Ad aprire la serata sarà l'Ouverture op. 84 diEgmont a cui seguirà la Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore op.60. La serata sarà invece chiusa dalla celeberrima Sinfonia n.5 in do minore op.67.


La composizione delle musiche di scena per l’Egmont di Goethe fu commissionata a Beethoven nella primavera del 1809, mentre Vienna era occupata dalle truppe napoleoniche, dal direttore dell’Hofburgtheater. Sebbene maldisposto nei confronti di quel teatro, nel quale, a suo dire, alla sua musica non era riservata la dovuta cura, Beethoven accettò con entusiasmo, spinto dal profondo amore per la poesia del maggiore autore tedesco della sua epoca.

Il dramma, ultimato nel 1788 dopo una lunga gestazione, è ispirato alla figura storica di Lamoral, conte di Egmont, nobile neerlandese che servì nell’esercito asburgico sotto Carlo V e fu governatore delle Fiandre negli anni Sessanta del Cinquecento. Nella tragedia goethiana il personaggio di Egmont si presta a incarnare gli ideali eroici della rettitudine, della libertà, dell’amor di patria, del sacrificio, ideali che, particolarmente in quegli anni, permeavano il pensiero etico e poetico di Beethoven; la morte del protagonista, che si avvia al patibolo con volto sereno, rivolgendo ai compatrioti l’estremo incitamento a lottare per l’indipendenza, è trasfigurata in un vittorioso martirio.

Le musiche di scena approntate da Beethoven consistono in un’Ouverture, quattro Intermezzi, due Lieder, due Melodrammi – cioè due brani sinfonici concepiti quale accompagnamento della recitazione – e una «Sinfonia di vittoria» conclusiva. L’Ouverture fu l’ultimo brano della serie a essere composto: ancora incompleta alla data della prima rappresentazione della stagione, fu eseguita solo a partire dalla quarta, che ebbe luogo il 15 giugno 1810. Tuttavia, in seguito ebbe fortuna critica ed esecutiva maggiore rispetto alle altre parti dell’opera, tanto da comparire nei programmi concertistici perlopiù come brano autonomo.

In effetti, nell’Ouverture convivono una poderosa compiutezza formale, inclinata in un certo senso verso la musica assoluta, e un’altrettanto radicata vocazione narrativa: essa riassume, anticipandone situazioni drammaturgiche e temi musicali, l’intero svolgimento della tragedia. In conformità col modello tradizionale, già sperimentato da Beethoven nel Coriolano, a una sezione d’apertura lenta se ne avvicenda un’altra veloce, alla quale segue, in questo caso, una coda dal carattere trionfale, cosicché la composizione risulta articolata in tre parti. L’introduzione (Sostenuto ma non troppo) è impiantata nella cupa tonalità di fa minore; vi si ascoltano, proferiti ora con tragica grandiosità, ora con lirico patetismo, motivi e cellule ritmiche sviluppati nel successivo allegro, al quale si giunge attraversando un energico crescendo. L’ampio movimento centrale è tutto improntato ad animosa fierezza: trascorre con impeto fino ad arrestarsi all’improvviso, dopo la triplice riaffermazione del motivo principale da parte della fanfara di corni e trombe, su una pausa coronata, seguita da un compianto di sei rarefatte battute in più che pianissimo affidate ai legni, allusione alla morte dell’eroe. L’apoteosi finale cita per intero la «Sinfonia di vittoria» composta da Beethoven come ultima parte delle musiche di scena per l’Egmont, prefigurandone i giubilanti strepiti militareschi.


I primi abbozzi della quarta Sinfonia risalgono al 1804, poco dopo il completamento dell’ Eroica; pressato da commissioni più urgenti, fra cui quella della Leonore, Beethoven accantonò la partitura fino al 1806.

Di certo l’Eroica e la quinta che le giganteggiano accanto hanno un poco adombrato la popolarità della quarta Sinfonia; cionondimeno, si tratta di un’opera squisita, pienamente matura e complessa, seppure dal carattere più solare e ironico delle circostanti; la prima esecuzione, avvenuta nel palazzo viennese del principe Lobkowitz nel marzo del 1807, riscosse pieno successo, e così le successive.

L’ispirazione classica si rivela sin dall’introduzione (adagio), che richiama quelle delle ultime sinfonie di Haydn: si apre nel modo minore della tonalità d’impianto, si bemolle, con un lungo pedale sostenuto dai fiati che fa da sfondo a un’ombrosa melodia intonata dagli archi in tessitura grave. Dopo aver indugiato in circospette figurazioni tutte frammiste di pause, si giunge d’improvviso a una serie di affermativi accordi a piena orchestra, che con fulminea rincorsa precipitano il movimento nella sua sezione principale (allegro vivace); essa è animata dal gioco di due temi principali spiccati e saltellanti, il primo proposto dai violini, ai quali risponde un più sinuoso disegno dei fiati, il secondo presentato dal fagotto. Il movimento successivo (adagio) è organizzato come una forma-sonata priva dello sviluppo centrale: due temi cantabili, affidati rispettivamente ai violini e al clarinetto, si dipanano su un caratteristico accompagnamento puntato degli archi; ritornano, sottoposti a ingegnose variazioni, nella ripresa, che si chiude pacatamente con un’ampia coda. L’allegro vivace che segue cela, sotto le movenze di un minuetto con trio, uno scherzo pieno di spirito, caratterizzato da un’inattesa struttura simmetrica in conseguenza della ripetizione del trio e dello scherzo dopo la canonica ripresa di quest’ultimo (A-B-A-B-A). Il moto perpetuo di semicrome che percorre per intero il finale (Allegro ma non troppo) imprime al movimento un carattere di scanzonata frenesia che occhieggia di nuovo il tardo sinfonismo di Haydn.


La quinta Sinfonia fu presentata per la prima volta al pubblico il 22 dicembre 1808, in occasione di un’accademia organizzata dallo stesso Beethoven al Theater an der Wien.

La Sinfonia si basa, nella sua concezione generale, sul conflitto drammatico di elementi contrastanti, polarizzati nei due centri tonali di do minore e do maggiore. Al primo appartiene intimamente il fatale motto d’apertura, dal quale scaturisce il tema principale del movimento iniziale, che risulta di conseguenza tutto assoggettato alla cellula ritmica acefala di tre crome e semiminima; anche quando, nella rapinosa concisione dell’esposizione, fa capolino il secondo tema, dolce, il motto dell’incipit rimbomba sommesso nei bassi dell’orchestra. Dalla medesima cellula si origina pure il tema, scandito dal corno, dello scherzo, strutturato in forma simmetrica come già quello della quarta Sinfonia. L’antagonista positivo si esprime invece nella tonalità corrusca di do maggiore: in do maggiore è impiantato l’episodio eroico che si interpone fra le variazioni della melodia sulla quale è basato il secondo movimento (andante con moto), dal respiro profondamente romantico; tale episodio prefigura il trionfo che si realizza nel finale, verso il quale convergono tutti i conflitti e i rovelli sviluppatisi nei primi tre movimenti, rimanendone annientati. Saldato allo scherzo che lo precede attraverso un ponte tutto trepidante per effetto del tremolo in crescendo degli archi, l’allegro conclusivo deflagra nel suo scintillante e definitivo do maggiore con un tema di fanfara, per affermare il quale la batteria dei fiati si arricchisce ulteriormente di un ottavino e di tre tromboni. Fra tali espressioni di vittoriosa esultanza, la Sinfonia si chiude con l’ostinata e liberatoria reiterazione della cadenza finale.


Per info e biglietti è possibile rivolgersi alla biglietteria del Teatro Municipale di Piacenza, in via Verdi 41, al numero di telefono 0523.492251 o al fax 0523.320365 o all'indirizzo mail biglietteria@teatripiacenza.it.