L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

pierre boulez saal

Diversità e inclusione

 di Anna Costalonga

Giovedì 8 giugno si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della nuova stagione del nuovissimo auditorium Pierre Boulez Saal, voluto e fondato da Daniel Barenboim, inaugurato lo scorso marzo e che ha già contato performance eccellenti, nonché Patricia Kopatchinskaja come artista residente. La sala, ricavata da un vecchio magazzino della Berlin Staatsoper, è stata realizzata dall’archistar Frank Gehry, e ha la duplice funzione di sala da concerto per l’accademia Barenboim-Said e per il grande pubblico.

Dopo aver passato la gigantografia di Pierre Boulez all’entrata, ci si rende subito conto, dalle numerose scritte e citazioni appese nel foyer, quale sia lo spirito fondante di questo luogo: l’umanesimo e la fiducia nelle nuove generazioni. Infatti, spicca su tutte la citazione da Edward W. Said: "Humanism is the only, and I would go as far as to say: the final resistance we have against the inhuman practices and injustices that disfigure human history".

Nuovo e diverso sono le due parole chiave per l’ambizioso e nobile progetto di Daniel Barenboim: ciò che è nuovo e diverso in questo spazio, intanto, è il concetto di inclusione, giacché la Pierre Boulez Saal è una sala piccola, sviluppata più in altezza che in larghezza, circolare, con la prima fila del parterre molto vicina agli esecutori. L’idea, sottolinea Daniel Barenboim nella conferenza stampa, è stata proprio quella di portare idealmente gli spettatori sul palco. Racconta di essersi posto la domanda, soprattutto nei suoi primi anni di carriera, quando per la prima volta doveva esibirsi in grandi teatri, come la Royal Albert Hall: “Come si può fare per raggiungere anche gli spettatori nelle ultime file, nei posti più lontani?” La risposta per lui fu subito evidente “Bisogna portare gli spettatori sul palco”.

Barenboim continua dicendo che il musicista classico avrebbe anche il compito di guidare il pubblico a apprezzare programmi e musiche non immediate, di qui la decisione di un programma molto vario, dove al repertorio classico e romantico da camera, si affiancano nella stessa serata classici del Novecento e musica contemporanea.

Il maestro ha inoltre fondato un nuovo ensemble per l’inaugurazione della sala: il Boulez Ensemble, che riunisce membri della Staatskapelle Berlin, della West-East Divan Orchestra, e della Barenboim-Said Akademie e che suonerà con artisti come Emmanuel Pahud, Zubin Mehta e Antonio Pappano, fra gli altri.

Per quanto riguarda il programma, da una parte c’è la tradizionale offerta musicale, come l’integrale dei trii per pianoforte di Beethoven, o le sonate per violino di Mozart con Renaud Capucon e Kit Armstrong, o il ciclo Schubertiano per il duecentoventesimo anniversario - fra cui spicca un weekend di concerti e workshop con Thomas Hampson - o, nel 2018, il ciclo su Debussy, per il centenario della sua morte. D'altro canto, la proposta contemporanea è molto elevata e ambiziosa: in questo senso sono da ricordare due concerti-lezione, uno sui Dialogues pour l’ombre seule e l’altro su Répons di Boulez, e i frequenti concerti in cui le musiche dello stesso maestro francese sono in programma.

Molti nomi eccellenti stanno sostenendo la fondazione Barenboim-Said (che annovera anche il nostro presidente della repubblica come sostenitore) con la loro presenza. D’altronde, cosa si può dire di un’orchestra dove musicisti del medio-oriente, israeliani e arabi suonano assieme, se non che va sostenuta il più possibile?

Zubin Mehta dirigerà il Pierrot Lunaire con il Boulez Ensemble,Daniel Barenboim al piano e la voce di Anna Prohaska.

Gidon Kremer il 15 novembre eseguirà una sua trascrizione per violino dei 24 preludi per violoncello op.100 di Weinberg e La lontananza nostalgica utopica futura di Luigi Nono.

Martha Argerich, poi, insieme all’amico di sempre Daniel Barenboim si esibirà in un concerto per i bambini a Natale, con i Weihnachtsbaum di Liszt

Patricia Kopatchinskaja sarà a febbraio in duo con la pianista Polina Leschenko in un particolarissimo programma: Poulenc, Schnittke, Xenakis, Kurtág, Enescu.

Daniil Trifonov, sempre in febbraio, suonerà in duo con il suo maestro Sergei Babayan Stravinskij, Schumann e Rachmaninoff.

E poi ancora: Piotr Anderszewski, Yefim Bronfman, Radu Lupu, Mitsuko Uchida, Lucas Debargue, solo per quanto riguarda le star del pianoforte.

Per ritornare al concetto di inclusione: una grande attenzione è data alla musica del Medio-Oriente, alla musica contemporanea araba e siriana in particolare. A dicembre, la settimana di musica contemporanea araba, Arab music days, con il clarinettista siriano Kinan Azmeh e il suonatore di oud iracheno Naseer Shamma.

Notevole poi è lo spazio dato ai nuovi artisti di talento della musica classica, come il giovane e virtuoso pianista russo Denis Kozhukhin, che, proprio qualche giorno fa, ha debuttato con la Staatskapelle Berlin sostituendo Lang Lang nel primo concerto di Rachmaninov, sempre sotto la direzione di Daniel Barenboim, sia alla Philarmonie sia al Konzerthaus a Berlino; oppure altri giovani artisti dell’area mediorientale come Lahav Shani, pianista e direttore o il violoncellista Kian Soltani.

Non ci sarà solo musica da camera, però. Una vera sfida è la scelta di inscenare il prossimo ottobre, nello spazio così intimo di questa sala, lo spettacolo teatrale di Robert Wilson tratto da testi di Lutero e della Bibbia per il cinquecentesimo della riforma luterana, LUTHER dancing with the gods, con musiche di Johann Sebastian Bach, Steve Reich, Knut Nystedt.

Il concerto degli studenti dell’Accademia Barenboim-Said ha poi concluso la conferenza stampa di presentazione della prossima stagione, con le impegnative 4 Lodi per violino solo di Elliott Carter, il terzetto op.74 di Dvorak e le sei bagatelle di Ligeti. In sala seduto in mezzo al pubblico, lo stesso Daniel Barenboim.

Definirlo un concerto di studenti è davvero non fare giustizia a dei giovani musicisti che mostrano già un grande talento, e a volte anche una grande impetuosità e maturità espressiva, come nel caso dei violinisti Clémence de Forceville, Yamen Saadi o David Strongin. Come è comprensibile, il pubblico è sembrato seguire con più coinvolgimento il terzetto di Dvorak e le briose bagatelle ligetiane.

Apprezzabile l’idea di far suonare i quattro violinisti delle lodi di Carter dall’alto della sala ovale, in corrispondenza dei suoi quattro punti assiali - d’altronde le dimensioni della sala permettono di poter udire allo stesso modo in qualunque posto ci si trovi, senza in questo caso indebolire il suono del violino solo - e notevole il piglio esecutivo in questo repertorio così impegnativo degli studenti dell’Accademia Barenboim- Said.

Studenti sì, ma che suonano già ad altissimo livello in un piccolo nuovo olimpo della musica classica europea e non solo.


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