L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Indice articoli

dialogues des carmelites

L'opera di Poulenc per la prima volta a Bologna


Nel ruolo principale il soprano canadese Hélène Guilmette; Soeur Constance è Sandrine Piau.

Sul podio Jérémie Rhorer, regia di Olivier Py.

In scena dall’11 al 16 marzo e in diretta su Radio3 Rai

Debutta al Teatro Comunale di Bologna uno dei titoli di maggior successo di Francis Poulenc, Dialogues des carmélites,mai andato in scena nel capoluogo emiliano. L’opera in tre atti e dodici quadri del compositore francese tratta dal testo di Georges Bernanos, per gentile concessione di Emmet Lavery, basato sulla novella del 1931 Die Letze am Schafott (“L’ultima al patibolo”) di Gertrude von Le Fort e sulla sceneggiatura di Révérend-Père Brückberger e Philippe Agostini, è in programma da domenica 11 a venerdì 16 marzo con l’elegante e visionaria regia di Olivier Py.Lo spettacolo, accolto con entusiasmo al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi nel 2013 – tanto da aggiudicarsi il “Grand prix du théâtre du Syndicat de la critique” – e nel 2017 al Théâtre Royal de La Monnaie di Bruxelles che lo ha co-prodotto, è diretto dal francese Jérémie Rhorer, già sul podio a Parigi, al suo debutto alla guida dell’Orchestra del Comunale. Le scene e i costumi sono firmati da Piere-André Weitz e le luci da Bertrand Killy. La “prima” di domenica 11 marzo ore 20.00 è trasmessa in diretta su Radio3 Rai.

Considerata la più impegnativa fra quelle composte da Poulenc (1899-1963), esponente di spicco del “Gruppo dei Sei”, l’opera si basa su una vicenda storica: il 17 luglio del 1794, in pieno regime del Terrore, vengono ghigliottinate a Parigi sedici suore carmelitane, le “martiri di Compiègne”, ree di non avere rinunciato ai loro voti. Il dramma teatrale di Georges Bernarnos, ricavato dal romanzo di von Le Fort, raccoglie un grandissimo successo nel 1952 in Europa e nel 1953 l’editore Ricordi propone a Francis Poulenc di ricavarne una nuova opera per il Teatro alla Scala. L’idea di poter trattare dei personaggi femminili complessi stimola moltissimo il compositore francese, il quale, dopo una battuta d’arresto legata a vicende personali, termina l’orchestrazione dei Dialogues des carmélitesnel 1956. La prima rappresentazione alla Scala ha luogo nella versione italiana di Flavio Testi il 26 gennaio del 1957, mentre il 21 giugno dello stesso anno il titolo va in scena in lingua francese all’Opéra di Parigi. Nell’opera sono chiare le cifre stilistiche di Poulenc che porta nella sua musica la tradizione impressionista francese trasfigurandola nel linguaggio neoclassico del “Gruppo dei sei”. Grande attenzione viene data ai drammi psicologici dei personaggi che si stagliano in un contesto storico che caratterizza l’azione senza esserne il protagonista, nonché all’elemento mistico, fulcro dell’intera vicenda.

Il regista francese Olivier Py, direttore del Festival d'Avignon, sceglie di raccontare il dramma con semplicità e sobrietà. È il destino di Blanche de la Force a collegare tutte le donne che appartengono alla stessa comunità, ma che si ritroveranno sole davanti a Dio nel momento della morte. Il soggetto mantiene la sua forte attualità in una messa in scena radicale che è fedele al testo e ne sottolinea il rigore attraverso la teatralità, le scene – costituite da pannelli scorrevoli che compongono o svelano i diversi luoghi del dramma – la quasi totale assenza di colore e una illuminazione che privilegia l'ombra sulla luce.

Il cast è interamente formato da interpreti francofoni, fra i quali spiccano il soprano canadese Hélène Guilmette, nel ruolo principale di Blanche de la Force, e il soprano francese Sandrine Piau, nota per le sue interpretazioni raffinate del repertorio barocco, tardo-romantico e novecentesco, nei panni di Soeur Constance. Sylvie Brunet e Marie-Adeline Henry saranno rispettivamente Madame De Croissy e Madame Lidoine. Nei ruoli maschili del Marquis de la Force e del Chevalier de la Force, Nicolas Cavallier e Stanilas de Barbeyrac. Completano il cast Sophie Koch (Mère Marie), Loïc Félix (L’Aumônier du Carmel), Matthieu Lécroart (Le Geôlier / Thierry / Javelinot), Sarah Jouffroy (Mère Jeanne) e Lucie Roche (Mathilde).

Il Coro del Teatro Comunale di Bologna è preparato da Andrea Faidutti.

I biglietti (da 125 a 10 euro) sono in vendita sul sito www.tcbo.it e presso la biglietteria del Teatro Comunale di Bologna. Eventuali biglietti invenduti saranno disponibili il giorno dello spettacolo al 50% del costo.



www.tcbo.it

DIALOGUES DES CARMÉLITES

Opera in tre atti e dodici quadri di Georges Bernanos, per gentile concessione di Emmet Lavery, basata sulla novella del 1931 Die Letze am Schafott (“L’ultima al patibolo”) di Gerturde Von Le Fort e una sceneggiatura di R.P. Brückberger e Philippe Agostini.

Musica di Francis Poulenc

Direttore Jérémie Rhorer

Direttore assistente Natalie Murray Beale

Regia Oliver Py

Assistente alla regia Daniele Izzo

Scene e costumi Pierre-André Weitz

Luci Bertrand Killy

Maestro del Coro Andrea Faidutti

Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna

Coproduzione Théâtre des Champs-Élysées di Parigi e Théâtre Royal de La Monnaie di Bruxelles

Personaggi e Interpreti

Blanche de la Force Hélène Guilmette

Madame De Croissy Sylvie Brunet

Madame Lidoine Marie-Adeline Henry

Mère Marie Sophie Koch

Marquis de la Force Nicolas Cavallier

Chevalier de la Force Stanilas de Barbeyrac

Soeur Constance Sandrine Piau

L'Aumônier du Carmel Loïc Félix

Le Geôlier / Thierry / Javelinot Matthieu Lécroart

Mère Jeanne Sarah Jouffroy

Mathilde Lucie Roche

1er Commissaire Jérémie Duffau

2ème Commissaire Arnaud Richard

Date

Domenica 11 marzo 2018, Turno Prima, ore 20.00

Martedì 13 marzo 2018, Turno A, ore 20.00

Mercoledì 14 marzo 2018, Turno B, ore 20.00

Venerdì 16 marzo 2018, Turno D, ore 20.00


Un testimone dell’invisibile

Olivier Py

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessì il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

San Paolo ai Corinzi, I 13-3

L’ultima domanda che mi pone la mia responsabilità non è di sapere come potrei cavarmela eroicamente, ma come le generazioni a venire potrebbero continuare a vivere […] Che significa una vita cristiana in un mondo senza religione? Il compito della nostra generazione non sarà di desiderare ancora una volta “grandi cose”, ma di salvare la nostra anima dal caos, di vedere in essa l’unico bene che salveremmo dalla casa in fiamme come nostro ‘bottino’. Dio ci fa sapere che bisogna vivere come uomini che riescono a cavarmela senza Dio. Il Dio che e con noi è quello che ci abbandona.

Dietrich Bonhoeffer in Michel Séonnet, Dietrich Bonhoeffer: sans autre guide ni lumière, Gallimard, Paris 2002

Alcuni potrebbero meravigliarsi per la scelta del tema del martirio come argomento teologico; la martirologia non era una verità rivelata del pensiero, ma al contrario, secondo Bernanos, un gesto di notevole audacia. Per comprendere ciò che questo testimone dell’invisibile ci dice del martirio, della sua capacità di pendere sia dalla parte della grazia sia da quella della paura, per esprimere la fede, dobbiamo spostarci non nell’epoca rivoluzionaria ma nel cuore del XX secolo, quando i martiri sono stati sovrabbondanti. Prima che le carceri naziste fossero l’orpello temporale dell’amore senza tempo dei martiri cristiani, l’uomo Bernanos aveva già incontrato l’eroismo durante la guerra di Spagna, quando i preti antifranchisti al suo fianco avevano pagato con la vita una certa idea di umanità. Quando ha redatto il suo testamento letterario, rompendo addirittura il voto di non scrivere più testi letterari, Bernanos aveva davanti a sé le vittime della resistenza, fra cui lo scrittore e teologo Dietrich Bonhoeffer che venne torturato e poi deportato nel campo di Buchenwald. È proprio dalla sua prigione, senza alcuna speranza di essere letto, che egli ha inventato la teologia più esatta, quella della morte di Dio; le sue riflessioni sul “cristianesimo senza religiosità” accentuate dagli anni di “martirio” avrebbero conosciuto un clamoroso seguito nell’ambiente teologico. Il secolo di Bernanos, che è sempre in un certo senso anche un po’ il nostro, ha portato l’ingiustizia e la violenza al potere, mostrando il silenzio di Dio, la sua assenza quindi la sua condanna a morte. Bernanos, come un buon numero di cristiani del suo tempo, ha dovuto “capovolgere” la fulminante ingiunzione di Nietzsche «Dio è morto» in una forma di speranza, rispondendo a questa angoscia di fede «sì, Dio è morto sulla croce». Dio è morto, la vocazione viene meno e regna il materialismo. La deflagrazione umana e morale delle due guerre mondiali, di Auschwitz e di Hiroshima, ci vieta di considerare Dio come consolazione o imperativo morale: bisogna inventare un’altra maniera di credere, che non collochi più l’uomo nelle certezze etiche e la fiducia nel trionfo storico della verità. Bernanos deve fare dell’assenza di Dio l’argomento incontrovertibile della sua presenza: per questo incentra un poema drammatico dove delle religiose che fanno voto di martirio ci insegnano ad amare, ad essere liberi e a credere in un mondo in rovina; tutta l’opera di questo romanziere, editorialista, più retore che poeta, è un viatico per creder ancora nonostante lo scoraggiamento spirituale.

I personaggi di Bernanos, come Chantal e l’abate Cénabre in L’imposture, e La Joie, i due suoi romanzi più fortunati, devono reinventarsi la fede a partire da un’esperienza interiore che non conferma più nulla attorno a loro. Nessun bisogno di ghigliottina per sentire sulla loro nuca e al fondo dell’anima la mannaia del mondo materialista e agnostico, l’inverno è la notte terribile di un mondo che non crede più e non conosce se non il disgusto e il terrore. L’opera di Bernanos non è una beatitudine inammissibile, un esempio di grazia e di gioia trascendentali lanciate in faccia al mondo come alcune pagine di Claudel che sembrano dire «se non capite, io non posso fare nulla per voi». Al contrario, la fede del cristiano Bernanos è quella del dubbio, dell’inquietudine, dello scoraggiamento e della perdita; una via di scampo si trova grazie alla forza del Verbo, che non ne è mai ombra portata dalla forza dell’amore, che trasforma quest’infinita mancanza, questo profondissimo dolore dell’assenza, questa incommensurabile lacuna in un grido verso Dio che è come una cattedrale d’aria. Se in questo secolo Dio è stato assente e quest’assenza non gli manca e ne è suo testimone, questa angoscia di non essere un santo, questa sete di assoluto mai spenta, questo appello affinché il frastuono del secolo non giunga a stordirci diviene l’unica prova dell’esistenza di un Dio d’amore. A questo punto l’avventura interiore del credente sostituisce la Chiesa o la reinventa non più come istituzione autoritaria e moralizzatrice ma come riunione di una comunità di spiriti che non ha altro tesoro se non la propria inquietudine e la propria povertà. Questa Chiesa che sembra quasi una catacomba e assomiglia ai colori della morte e dei campi di concentramento, evoca la solitudine delle grandi città e l’oscurità dei sepolcri, dove lo spirito piange sotto la cenere, dove alcuni – non santi né martiri – gli prestano attento orecchio. A meno che il martirio non diventi quello di tutta l’umanità confrontata col terrore dei tempi moderni, e che la santità non diventi quella parte che ancora, in ciascuno di noi, crede nelle possibilità dell’umano.


Olivier Py

Regista

Olivier Py, autore, regista e attore, è nato a Grazsse nel 1965. Dopo aver studiato presso la Scuola nazionale superiore delle arti e tecniche teatrali (ENSATT), nel 1987 è entrato al Conservatorio nazionale d’arte drammatica di Parigi, mentre studiava teologia. La sua prima commedia, Oranges and Nails,è stata realizzata da Didier Lafaye al Teatro Essaïon nel 1988. Lo stesso anno, ha fondato la propria compagnia e messo in scena i suoi testi, tra cui Gaspacho, un chien mort, Les Aventures de Paco Goliard, La Servante, histoire sans fin,un ciclo di ventiquattro ore eseguito al Festival di Avignone nel 1995, così come The Face of Orpheus, realizzato a Orleans e presentato nel 1997 al Festival d’Avignon, nel cortile d’onore del Palazzo dei Papi. Nominato nel 1998 direttore del Centro drammatico nazionale di Orleans, ha realizzato il Requiem pour Srebrenica, L’Eau de la vie, L’Apocalypse joyeuse, Épître aux jeunes acteurs, Au monde comme n’y étant pas…Nel 2003, ha presentato Le Soulier de satindi Claudel. Ha scritto e diretto una trilogia, The Winners, nel 2005. Lo stesso anno, ha diretto A Cry from Heavendi Vincent Woods a Dublino. Nel 2006, su invito di Jean-Michel Ribes, ha presentato La Grande Prade de Py a Parigi al Théâtre du Rond-Point, cioè un insieme di sei spettacoli di cui è autore e regista; l’ultimo dei sei Illusions comiquesha inaugurato la stagione 2007-2008 dell’Odéon-Théâtre.Nel 2006, in occasione della chiusura del 60° Festival d’Avignon, ha messo in scena un omaggio a Jean Vilar, L’Enigme Vilar, nel cortile d’onore del Palazzo dei Papi. Ѐ stato sempre al Festival d’Avignon (1996) che ha interpretato per la prima volta il personaggio di Miss Knife, il cui spettacolo Les ballades de Miss Knife,con la collaborazione musicale di Yves Rivaud,è stato presentato a Parigi, Lione, New York, Bruxelles, Madrid, Atene, ed è stato inciso su due dischi da Actes Sud. Nel 2012, Miss Knife è andata di nuovo in giro, in Francia e nel mondo con un nuovo spettacolo. Ha anche diretto due film: Eyes Closednel 1999 per Arte e Mediterraneinel 2011 per Canal+. Nominato direttore dell’Odéon-Théâtre – Teatro Nazionale di Parigi nel marzo 2007, ha realizzato l’Oresteadi Eschilo, nel 2008, The Water of Life, The Girl, The Devilandthe Mille The True Fiancée. Dal 2009 al 2012, ha tradotto, adattato e diretto una trilogia di Eschilo (Sette contro Tebe, Supplici, Persiani), ha lavorato in esterno al teatro e per il non-pubblico. Nel 2009, ha ripreso Le Soulier de satindi Claudel all’Odéon e ha anche realizzato The Children of Saturnagli Ateliers Berthier. Nel 2011, ha realizzato Adagio, presentato Romeo and Julietall’Odéon, che è stato portato in tournée in Francia e all’estero, e ha realizzato Die Sonne, commissionato dalla Volksbühne di Berlino. Direttore del Festival d’Avignon a partire dall’edizione 2014, dal marzo 2012 al settembre 2013, oltre a un nuovo album e a un tour di Miss Knife, ha messo in scena Vitrioli di Yánnis Mavritsákis ad Atene, su richiesta del Teatro Nazionale della Grecia e diverse opere in Europa. Da una decina di anni, Olivier Py ha infatti regolarmente affrontato il repertorio operistico, mettendo in scena tra le altre, Les contes d’Hoffmann di Offenbach, Tristan und Isolde e Tannhäuser di Wagner, Curlew River di Britten, Pelléas et Mélisandedi Debussy, The Rake’s Progressdi Stravinskij, Les Huguenotsdi Meyerbeer, Carmendi Bizet, Claudedi Robert Badinter e Thierry Escaich, Alcestedi Gluck, Aidadi Verdi e Dialogues des Carmélites di Poulenc. La maggior parte dei suoi testi sono pubblicati da Actes Sud, tra cui la raccolta teatrale in tre volumi. È stato tradotto in inglese, italiano, tedesco, sloveno, spagnolo, rumeno e greco. Ha pubblicato un saggio politico, Cultivate Your Stormcon Actes Sud nel 2012 e nel 2013, The Thousand and One Definitions of Theater and Siegfried by night.

 

Jérémie Rhorer

Direttore d’orchestra

Jérémie Rhorer, direttore d’orchestra e compositore, è nato a Parigi nel 1973. Entrato a far parte della Maîtrise de Radio-France nel 1984, è stato diretto da importanti interpreti come Colin Davis o Lorin Maazel. Si è quindi formato presso il Conservatoire National de Région de Paris, dove ha studiato flauto, clavicembalo e composizione. Nel 1989, ha incontrato Emil Čakărov, già assistente di Karajan, che lo ha avviato alla direzione d’orchestra. Nel 1991, è tornato al Conservatorio di Parigi per studiare analisi, composizione, orchestrazione e clavicembalo. Nel 1995, con Pejman Memarzadeh, ha fondato l’Orchestre es Musiciens de la Prée. Quindi ha attirato l’attenzione di Marc Minkowski, di cui è diventato l’assistente. È stato poi assistente di William Christie, che gli ha dato l’opportunità di dirigere le Arts Florissants durante una rappresentazione di Les Boréadesdi Rameau all’Opera di Parigi nel 2003. Nel 2005, con il violinista Julien Chauvin, ha fondato un altro gruppo, Le Cercle de l’Harmonie, dedicato prevalentemente alla musica della fine del XVIII secolo, in particolare Mozart e i musicisti vissuti tra classicismo e romanticismo. Con questo ensemble, ha ottenuto una grande visibilità al Festival di musica barocca di Beaune nel 2006, dove hanno eseguito Idomeneodi Mozart. Il successo gli è valso il ritorno a Beaune l’anno seguente, questa volta nelle Nozze di Figaro in versione da concerto. Con lo stesso spettacolo ha debuttato a settembre al Théâtre des Champs-Elysées: la performance è stata un trionfo e Rhorer è diventato un ospite abituale della sala parigina. Con la sua direzione eccellente e dinamica, si è imposto come interprete mozartiano di riferimento. Ha ricevuto anche un riconoscimento per la sua attività di compositore poiché la versione orchestrale del suo lavoro Le cimetière des enfants è eseguita dall’Orchestre National de Paris nel 2008. Nello stesso anno ha debuttato negli Stati Uniti, dirigendo la Philadelphia Chamber Orchestra, con opere di Rameau e Debussy. Altri debutti nel 2009, alla Monnaie de Bruxelles per Le Nozze di Figaro e all’Opéra-Comique per Fra Diavolo di Auber, tornando in questi due teatri l’anno successivo con, rispettivamente, Idomeneo(Mozart) e L’amant Jaloux(Grétry). Sempre nel 2010, si è esibito per la prima volta al Festival di Salisburgo in concerto con il soprano Diana Damrau. Lo stesso anno è tornato al Théâtre des Champs-Élysées per una versione da concerto della Lodoïska di Cherubini. Nel 2011, ha debuttato all’Opera di Vienna in Così fan tuttedi Mozart, mentre il Théâtre des Champs-Elysées gli ha affidato la direzione musicale di un ciclo Mozart iniziato con la messa in scena di Idomeneo. Ha debuttato al Festival d’Aix-en-Provence nel 2012 con Le nozze di Figaro. Nel 2013 ha diretto la Philharmonia di Londra al Théâtre des Champs-Elysées per la produzione di Olivier Py dei Dialogues des Carmélitesdi Poulenc. Lo stesso anno, ha diretto la prima mondiale di Claudede Thierry Escaich all’Opéra de Lyon su libretto di Robert Badinter e ha fatto il suo debutto al Glyndebourne Festival con Le nozze di Figaro. Nel 2014, è tornato alla Monnaie per Fideliodi Beethoven, e ha debuttato all’Opera di Francoforte, in Il ratto dal serraglio di Mozart. Nel 2015 ha debuttato all’Opera di Monaco di Baviera con Così fan tutte. Nel 2016, ha diretto Stiffelio di Verdi all’Opera di Francoforte, e Béatrice et Bénédictdi Berlioz a La Monnaie. Il Théâtre des ChampsElysées lo ha accolto ancora una volta nel 2016 per Olympiedi Spontini (suonata anche ad Amsterdam) e per il Requiemdi Verdi. La stagione 2017-2018 di Jérémie Rhorer è iniziata al Musikfest di Brema nel Don Giovanni di Mozart. Ha diretto una nuova messa in scena di Laurent Pelly per Il barbiere di Sivigliadi Rossini a dicembre sempre al Théâtre des Champs-Élysées, la solenne Messadi Berlioz a gennaio e a marzo sarà a Lussemburgo.

 


 

 

 
 
 

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