Uno sguardo internazionale e contemporaneo

di Michele Olivieri

La nuova stagione sarà innanzitutto costellata da grandi classici senza tempo, rivisitati e rivitalizzati da uno sguardo nuovo e scevro da pregiudizi di sorta. Un vero e proprio cantiere della ricerca e della sperimentazione, rivolto alla scena mondiale e a quella italiana più originale.

La stagione 2019/2020 di Triennale Milano Teatro continua e rafforza il percorso iniziato con la curatela di Umberto Angelini, fresco vincitore del Premio Enriquez 2019 per la direzione artistica. A partire dall’aggiornamento del nome, Triennale Milano Teatro è sempre più parte integrante dell’universo Triennale Milano, luogo della produzione e della creazione delle arti contemporanee. Un progetto guidato dalla volontà di dar vita a un vero e proprio cantiere della ricerca e della sperimentazione, con lo sguardo rivolto alla scena internazionale e a quella italiana più originale. Da qui la volontà per questa nuova stagione di chiamare a raccolta alcune delle esperienze più interessanti delle performing arts nel panorama mondiale, rendendo al contempo sempre più connessa, integrata e omogenea la proposta del Teatro e quella di Triennale Milano. Non a caso l’avvio della stagione teatrale coincide con l’opening di Parla Ascolta Guarda Fai, un programma di incontri, installazioni, mostre, ascolti, proiezioni, laboratori e progetti dalla molteplice natura, caratterizzati dalla costante e diretta correlazione con il pubblico e gli spazi del Palazzo dell'Arte nel suo complesso, diretto da Umberto Angelini e curato da Fantom e Davide Giannella.

«Triennale Milano Teatro - dichiara Severino Salvemini, Presidente di Triennale Milano Teatro - si è affermato come uno spazio con la sua personalità per la dimensione internazionale e per il suo sguardo contemporaneo. È un luogo anche di notevole multidisciplinarità artistica perché programmaticamente va oltre qualsiasi distinzione di genere. Teatro, danza, musica, letteratura, design, performance si mescolano nella sua proposta rendendo impossibile identificarne i tratti in maniera univoca. E ciò rende l’offerta del Teatro sempre più simile alle grandi metropoli europee e sempre più coerente con la nuova missione della città, che attrae un turismo nazionale e internazionale attento alle novità d’avanguardia che offre la città meneghina.»

Scegliere di dedicare questa nuova stagione ai CLASSICI potrebbe sembrare una contraddizione. Al contrario, è proprio dai classici che oggi ci sembra doveroso ripartire: per ritrovare un punto riferimento oltre la frammentazione del presente, per poter costruire strumenti di orientamento in grado di guidarci attraverso l’epoca liquida della post-verità, per ascoltare le voci senza tempo dei loro autori e porle in un confronto vivo e fecondo con l’oggi.

«Una delle peculiarità di Triennale Milano – afferma Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano – è sempre stata quella di essere proiettata verso il futuro mantenendo saldo uno sguardo al passato e alla sua storia. È quindi particolarmente significativo che la stagione teatrale 2019/2020 dell'istituzione riparta proprio dai grandi classici per offrire nuove letture e interpretazioni della nostra contemporaneità. Con la sua proposta culturale Triennale Milano Teatro - in un rapporto sinergico con la programmazione espositiva di Triennale - conferma così la sua vocazione internazionale e l'apertura ai progetti più sperimentali e innovativi con l'obiettivo di raggiungere pubblici sempre più ampi ed eterogenei.»

La stagione 2019/2020 sarà dunque innanzitutto costellata da grandi classici senza tempo, rivisitati e rivitalizzati da uno sguardo nuovo e scevro da pregiudizi di sorta (non a caso, la questione dello sguardo e della visione è questione centrale per Triennale Milano Teatro a partire dalla stagione 2017 - la prima diretta da Umberto Angelini - intitolata appunto Questione di sguardi).

Così, quella di Saburo Teshigawara in Tristan and Isolde, accompagnato in scena dalla sua musa e storica sodale Rihoko Sato, è la rivisitazione coreografica di uno dei più celebri miti classici della letteratura medievale (22-23 novembre). La doppia presenza di Alessandro Serra, protagonista acclamato del teatro italiano di cui Triennale Milano Teatro segue con attenzione il lavoro, rappresenta anche un duplice omaggio ai classici: innanzitutto attraverso la riproposta dello spettacolo rivelazione del regista, Macbettu, dirompente versione barbaricina del classico shakesperiano per eccellenza - e di uno dei classici senza tempo della storia del teatro (11-14 dicembre), poi con il recentissimo Il giardino dei ciliegi, nuova creazione di Serra tratta da uno dei capolavori più rappresentativi e rappresentati del teatro del novecento (18-21 dicembre).

Classico come nuovo sguardo sui classici dunque, ma anche come classico contemporaneo, nel senso di contemporaneo che già è diventato classico, con spettacoli e autori che hanno segnato la scena italiana negli ultimi vent’anni: l’apertura di stagione è dedicata a Deflorian/Tagliarini, coppia creativa che ha saputo ripensare e rivitalizzare il linguaggio teatrale, di ritorno a Triennale Milano Teatro per un inedito ritratto d’artista che comprende lo spettacolo d’esordio del duo Rewind – Omaggio a Café Müller (08-09 ottobre), incentrato sull’iconico capolavoro della grande coreografa tedesca Pina Bausch (cui seguiranno altri due “classici” della compagnia realizzati tra il 2008 e il 2013, Reality - 10 e 11 ottobre - e Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni dal 12 al 13 ottobre). In scena dal 25 al 26 ottobre, <OTTO>è invece la storica performance del 2003 targata Kinkaleri, incentrata sul crollo come metafora dell’oggi, che ha contribuito all’affermazione della compagnia toscana tra le vette della ricerca in Italia.

Infine, il classico può essere anche il richiamo (mai fine a se stesso) a un’epoca passata i cui simboli e protagonisti vanno talvolta recuperati e rimessi al centro: è il caso del lusitano Tiago Rodrigues - autentica rivelazione della scena internazionale negli ultimi anni, Premio Europa 2018, che arriva per la prima volta a Milano grazie a Triennale Milano Teatro - protagonista di un’altra mini-antologica in stagione, che dopo averci ricordato nel suo By Heart l’importanza della memoria attraverso la poesia (11-12 febbraio), sceglie in Sopro (prima italiana, 13-14 febbraio) di riportare al centro della scena una suggeritrice, figura chiave dell’epoca classica del teatro oggi quasi dimenticata, che rappresenta non soltanto i “polmoni” di quel luogo, bensì il motore stesso del gesto drammatico che lo abita.

La proposta di Triennale Milano Teatro darà d’altronde, come sempre, ampio spazio a tutti i linguaggi dell’arte dal vivo e alle loro reciproche contaminazioni: a cominciare dalla musica, ancora una volta componente fondamentale di questa proposta nella stagione 2019/2020 con il concerto della next big thing dell’elettronica mondiale David August (la cuimusica trae ispirazione dai riferimenti classici dell’antichità della cultura italiana e della mitologia greca, 28 febbraio) e con gli spettacoli teatrali e musicali firmati da OHT (l’acclamato CURON / GRAUN, con musiche dal vivo eseguite dall’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, 23-25 gennaio) e da Riccardo Goretti e Stefano Cenci insieme al cantautore siciliano Colapesce, ritenuto dalla stampa internazionale il legittimo erede di Lucio Dalla e Franco Battiato (Stanno tutti male, 28 novembre-01 dicembre). Senza dimenticare, ovviamente, la nuova edizione del festival JAZZMI, nato quattro anni fa dalla collaborazione fra Triennale Milano, Triennale Milano Teatro e Ponderosa Music & Art e ormai entrato a far parte degli eventi italiani di settore da non perdere (01-10 novembre).

Triennale Milano Teatro si conferma infine il teatro milanese capace di dare spazio in stagione con maggiore continuità alle migliori espressioni della danza e della coreografia internazionali: oltre ai citati Saburo Teshigawara e Kinkaleri, la stagione 2019/2020 vede il ritorno a Milano, dopo le indimenticabili presenze a Uovo festival, di Jonathan Burrows & Matteo Fargion, duo di culto della scena internazionale con il sorprendente Any Table Any Room (prima italiana, 29-30 ottobre) che coinvolgerà nella messa in scena anche quattro artisti milanesi.

Grande novità di quest’anno, il Premio Hermès Danza Triennale Milano segna l’avvio di un’importante collaborazione con Hermès Italia per l’ideazione e la produzione di un format inedito biennale dedicato alla valorizzazione di giovani talenti under35 nella danza contemporanea e nella performance. Il progetto, che intende esplorare il linguaggio insieme contemporaneo e antico del corpo e del gesto attraverso lo sguardo delle nuove generazioni di giovani artisti, ha portato nella prima primavera del 2019 all’individuazione di due lavori performativi inediti realizzati su commissione del Premio intorno al tema “moving landscapes” (paesaggi in movimento): Ballad della coreografa greca Lenio Kaklea e AEREA del duo italiano Ginevra Panzetti e Enrico Ticconi. I due progetti (debutto al Triennale Milano Teatro il 20 ottobre) sono stati scelti da una giuria di esperti composta da Daniel Blanga Gubbay (Direttore Artistico del Kunstenfestival di Bruxelles), Silvia Bottiroli (Direttrice di Das Theatre di Amsterdam) e Giusi Tinella (responsabile dei progetti pluridisciplinari e delle grandi manifestazioni internazionali per l’Institut français di Parigi).

Accanto alla programmazione degli spettacoli, Triennale Milano Teatro sarà animata da un fitto palinsesto di attività complementari, mirate all’avvicinamento e ampliamento di diversi pubblici. La programmazione collaterale, dal titolo EXTRA, si compone di diversi appuntamenti: il laboratorio di movimento con Kinkaleri, che sarà l’occasione per apprendere un nuovo modo di percepire il proprio stare in scena attraverso l’invenzione di un codice gestuale che traduce ogni lettera dell’alfabeto in movimento; un incontro aperto al pubblico con gli artisti Jonathan Burrows e Matteo Fargion moderato dalla studiosa Daniela Perazzo; un ciclo di appuntamenti a cura di Valeria Cantoni, membro del comitato scientifico di Triennale Milano Teatro, che propone un dialogo con gli artisti e alcuni professionisti con l’obiettivo di aprire un confronto tra le arti sceniche e le altre discipline del pensiero, come la filosofia, la psicologia, l’antropologia e la scienza: Saburo Teshigawara e lo psicanalista, psichiatra e poeta Vittorio Lingiardi, Alessandro Serra e lo scrittore e saggista Francesco Cataluccio, e Tiago Rodrigues (incontro in via di definizione); l’incontro tra Francesco Zanot, critico, curatore e docente presso alcune tra le più importanti istituzioni di formazione internazionali, e Maurizio Buscarino per la presentazione di “In Kantor” (Firenze, La Casa Usher, 2018), ultimo libro del celebre fotografo bergamasco; la rinnovata collaborazione con Radio Raheem in vista della costruzione del format Green Room Raheem (che prevede l’incontro con gli artisti di Kinkaleri, OHT e con Tiago Rodrigues con Guia Cortassa, curatrice, critica e scrittrice); un piccolo palinsesto di eventi post-spettacolo volti ad approfondire le messe in scena di Deflorian/Tagliarini, Riccardo Goretti/Stefano Cenci/Colapesce e OHT organizzati in collaborazione con 1977 Magazine, rivista di critica cinematografica e musicale sia online che cartacea dallo stile fresco e diretto.

Una stagione trasversale e pluridisciplinare, densa di prospettive differenti, che pone le sue radici nel mondo dei classici per affrontare al meglio le sfide del presente, sempre mantenendo lo sguardo proiettato verso il futuro. Una stagione resa possibile dal contributo istituzionale del Comune di Milano e di Regione Lombardia, oltre che dal prezioso sostegno dei partner Repower, SENSE, UBI Banca, Fondazione UBI Banca Popolare Commercio & Industria Onlus e del partner tecnico ATM.

La conclusione della programmazione 2019/2020 di Triennale Milano Teatro coinciderà con l’avvio alla terza edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts (marzo-giugno 2020), festival che nonostante la giovanissima età ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista nel panorama degli appuntamenti italiani di settore, e non solo, grazie alla prosecuzione di quel lavoro di sostegno e di produzione che è una delle sue peculiarità. Un’edizione dunque ricca di nuove creazioni, coproduzioni nazionali e internazionali, progetti trasversali con le arti visive e l’architettura, progetti partecipativi e dialogo e collaborazioni con le più interessanti realtà del mondo della cultura milanese.

PROGRAMMA

05 ottobre 2019

orario in via di definizione

Triennale Milano Teatro

Parla Ascolta Guarda Fai

Inaugurazione

In linea con la propria mission interdisciplinare, Triennale Milano Teatro inaugura la nuova stagione con il lancio di un progetto inedito ideato in collaborazione con Fantom e Davide Giannella, già tra i componenti del comitato artistico del teatro. Parla Ascolta Guarda Fai è un programma di incontri, installazioni, mostre, ascolti, proiezioni, laboratori e progetti dalla molteplice natura, caratterizzati dalla costante e diretta correlazione con il pubblico e gli spazi del Palazzo dell'Arte nel suo complesso. Tra l'ottobre del 2019 e il febbraio del 2020 Triennale verrà abitata da artiste ed artisti e dalle loro opere. Qui compositori, registi, riviste, radio monteranno i loro studi per un giorno, una notte, una settimana, un mese. Qui sposteranno temporaneamente le loro attività, discuteranno, organizzeranno e produrranno progetti, mostre e spazi indipendenti per l’arte contemporanea. Nata tra Milano e New York, Fantom è un’associazione senza scopo di lucro che esplora le traiettorie di, e tra, fotografia, suono e arti visive. Ha cominciato le sue attività nel 2009, su iniziativa di Selva Barni, con la pubblicazione di un trimestrale e di una serie di photobook. Nel 2012 ha sospeso la pubblicazione della rivista per evolversi in un collettivo che immagina e realizza progetti editoriali, espositivi e discografici. Tra questi, mostre, installazioni e performance con Batia Suter, Brice Dellsperger, Mario Milizia, Maurizio Anzeri, Raed Yassin, Ruth van Beek, Shilpa Gupta, Soundwalk Collective, Taisuke Koyama e Yang Fudong, e il programma dei Rencontres Internationales de la Photo de Fès (Marocco, 2014). Dal 2015 al 2017 ha curato il programma iniziale della galleria Viasaterna di Milano, con personali di Guido Guidi, Lorenzo Vitturi, Mario Milizia, Takashi Homma e Theo Drebbel, e una serie di doppie personali e collettive, tra le quali 2016: Sulla nuova fotografia italiana. Dal 2016 al 2018 ha coordinato la produzione e l’allestimento di un ciclo di mostre commissionate dal Comune di Milano e prodotte dall’azienda Alcantara a Palazzo Reale: Ho visto un re; Codice di avviamento fantastico; Nove viaggi nel tempo. Nell’estate del 2018 ha prodotto La Sindrome di Ulisse dei Soundwalk Collective nell’ex Oratorio di Santa Maria del Sabato, tra i progetti collaterali ufficiali della biennale Manifesta 12 Palermo, poi installata al Petit Palais del Museo nazionale del Bardo di Tunisi e al Beit Beirut Museum. Nel 2018 ha co-curato i contenuti e la produzione di Salento Moderno. Inventario di abitazioni private nel sud della Puglia, un libro pubblicato da Humboldt Books a gennaio 2019. Dall’edizione 2019, cura la sezione Fotografia e Immagini in movimento di Arte Fiera Bologna. Le attività di Fantom sono guidate da Selva Barni, Bruno Biasiucci, Didier Falzone, Rocco Lanzavecchia, Ilaria Speri, Massimo Torrigiani e Francesco Zanot.

Davide Giannella è curatore indipendente. La sua ricerca è incentrata principalmente sulle possibili relazioni tra il sistema dell’arte e i differenti ambiti dell’orizzonte culturale contemporaneo (cinema, architettura, design, musica) così come sulla traduzione e declinazione in contesti e piattaforme differenti di progetti e contenuti artistici. Ha lavorato parimenti per istituzioni pubbliche come la Triennale di Milano (Junkbuilding, 2008, collettiva), il Museo Marino Marini (Glaucocamaleo, 2014, Luca Trevisani), il PAC di Milano (GLITCH. Interferenze tra Arte e Cinema, 2014, collettiva) o per gallerie private e spazi indipendenti come Ramiken Cruicible (NY, Surfing With Satoshi, 2013, Alterazioni Video) o Le Dictateur (UV-Ultraviolento, 2012, collettiva). Per il Milano Film Festival ha ideato e curato dal 2010 al 2014 verniXage, rassegna dedicata al territorio liminale dell’Art Cinema, lavorando con artisti nazionali ed internazionali. Nel 2016 è stato Guest Curator del Milano Design Film Festival per il quale ha curato la rassegna Filter. Dal 2016 cura la programmazione dello spazio espositivo milanese MEGA, lavorando tra gli altri con artisti come Diego Perrone, Andrea Sala, Gianni Pettena, Nathalie Du Pasquieur, Ramak Fazel, Christodoulos Panayiotou. Per la casa editrice Rawraw cura la collana Paper Space Collection. Dal 2017 è membro del comitato artistico di Triennale Milano Teatro. Nel 2018 ha curato la mostra e il progetto Incompiuto. La Nascita di Uno Stile di Alterazioni Video nell’ambito di Manifesta 12 Palermo. È stato coordinatore e docente a contratto del corso in Arti Patrimoni e Mercati dell’Università IULM (2009 - 2013). È docente presso la NABA Milano. Collabora con le principali riviste di settore.

08-09 ottobre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Deflorian/Tagliarini Italia

Rewind - Omaggio a Cafè Müller

di, con: Daria Deflorian, Antonio Tagliarini / produzione: A.D. / con il contributo di: Imaie / collaborazione: Area 06, Rialto Santambrogio, Florian TSI | Pescara, Centro Artistico Il Grattacielo, Festival Inequilibrio | Armunia / organizzazione: Giulia Galzigni-Officina / direzione tecnica: Giulia Pastore

durata: 70 minuti

L’inizio della programmazione 2019/2020 è dedicato a Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, tra i protagonisti più amati della scena teatrale e performativa contemporanea. Ospite imprescindibile della programmazione nelle ultime stagioni, Triennale Milano Teatro sceglie di dedicare al duo creativo romano un ritratto d’artista, presentando dall’8 al 13 ottobre tre lavori che più di tutti hanno contribuito a farne conoscere la poetica in Italia e nel mondo. Il primo spettacolo della trilogia è anche il primo lavoro in assoluto realizzato dai due artisti nel 2008. A trent’anni dallo storico debutto di Café Müller (1978), Deflorian/Tagliarini in Rewind scelgono di partire dall’omaggio al capolavoro di Pina Bausch per dar vita ad una pièce dedicata ai tradimenti della memoria, un tentativo di re-invenzione, fatto di continue interruzioni e di miriadi di piccoli racconti collaterali tra autobiografia e totale fantasticheria. Un improbabile riavvolgimento del tempo, rewind appunto: le sedie, lo spazio, i corpi, la danza. Tutto questo a confronto con l’oggi, un oggi lontano da quella salvifica drammaticità che avvolgeva quegli oggetti e che, troppo spesso, ci lascia spossati dal troppo aver visto, vittime di una nuova forma di cecità. Dedicare un lavoro teatrale a uno spettacolo mai visto non vuole essere una pura provocazione, bensì il frutto di una riflessione appassionata, l’inizio di una ricerca sul proprio sé più profondo: «Ci siamo impegnati a raccontare questo miracolo artistico senza mai farlo vedere al pubblico e, nel raccontarne la indicibile magia, ci siamo ritrovati a parlare di noi, delle nostre famiglie, dei nostri amori e degli inizi e delle fini, di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick e di Mastroianni, di Madonna, dell’11 settembre e di Kennedy. Non per divagare, ma per verbalizzare la nostra esperienza come spettatori di fronte ai suoi lavori e la nostra nostalgia per qualcosa che non può tornare. Ora che Pina Bausch se ne è andata, è rimasta la sua lezione, che è la solita vecchia lezione di tutti i maestri: non seguirmi, cercati.»

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono autori, registi e performer. Dal 2008 hanno realizzato una serie di progetti, spettacoli e opere site-specific. Il primo lavoro nato da questa collaborazione è Rewind - omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch (2008). Insieme hanno poi creato froma to d and back again (2009), czeczy/cose (2011), Reality (2012), lavoro per il quale Daria Deflorian ha ricevuto il Premio Ubu 2012 come miglior attrice protagonista, Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (2013), nato dalla collaborazione con Monica Piseddu e Valentino Villa e vincitore del Premio Ubu 2014 come novità italiana e del Premio della critica 2016 come miglior spettacolo straniero in Quebec. Tre dei loro testi sono stati raccolti nel volume Trilogia dell’invisibile (Titivillus, 2014). Nel 2015 hanno presentato Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni e Reality al Festival d’Automne di Parigi, prima tappa di una tournée internazionale in Francia, Svizzera, Germania e Canada. Nello stesso periodo hanno realizzato due creazioni site-specific: Il posto (2014), a Milano per la casa museo Boschi Di Stefano, e Quando non so cosa fare cosa faccio (2015), lungo le strade di un quartiere di Roma. Nel 2016 hanno debuttato a Losanna con Il cielo non è un fondale, in collaborazione con Francesco Alberici e Monica Demuru, spettacolo che ha ottenuto un grande successo in Italia e all’estero. Nel settembre del 2017 Triennale Teatro dell’Arte coproduce il suggestivo Cinéma Imaginaire, realizzato in collaborazione con la regista olandese Lotte van den Berg. Dopo aver chiuso la stagione 2018-2019 con Quasi niente, la compagnia ha presentato nel mese di maggio, all’interno della seconda edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts, il progetto collaterale Scavi. defloriantagliarini.eu

10-11 ottobre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Deflorian/Tagliarini Italia

Reality

a partire dal reportage di Mariusz Szczygieł Reality / traduzione: Marzena Borejczuk, Nottetempo 2011 / ideazione, performance: Daria Deflorian, Antonio Tagliarini / disegno luci: Gianni Staropoli / consulenza per la lingua polacca: Stefano Deflorian, Marzena Borejczuk, Agnieszka Kurzeya / collaborazione al progetto: Marzena Borejczuk / organizzazione: Giulia Galzigni-Officina / direzione tecnica: Giulia Pastore / produzione: A.D., Festival Inequilibrio | Armunia, ZTL Pro / contributo della Provincia di Roma - Assessorato alle Politiche Culturali / collaborazione: Romaeuropa Festival, Teatro di Roma / residenze artistiche: Festival Inequilibrio | Armunia, Ruota Libera | Centrale Preneste Teatro, Dom Kultury Podgórze / patrocinio dell’Istituto Polacco di Roma / sostegno di Nottetempo, Kataklisma | Nuovo Critico, Istituto Italiano di Cultura a Cracovia, Dom Kultury Podgórze / ringraziamento: Ewa Janeczek

durata: 55 minuti

Quarto lavoro in ordine di tempo realizzato dalla compagnia, Reality (2012) è lo spettacolo che è valso a Daria Deflorian il Premio Ubu come miglior attrice protagonista. Janina Turek è una donna polacca che per oltre cinquant’anni ha annotato minuziosamente i ‘dati’ della sua vita: quante telefonate a casa aveva ricevuto e chi aveva chiamato (38.196); dove e chi aveva incontrato per caso e salutato con un “buongiorno” (23.397); quanti appuntamenti aveva fissato (1.922); quanti regali aveva fatto, a chi e di che genere (5.817); quante volte aveva giocato a domino (19); quante volte era andata a teatro (110); quanti programmi televisivi aveva visto (70.042)...il tutto riportato ordinatamente in 748 quaderni, trovati alla sua morte nel 2000 dalla figlia ignara ed esterrefatta. Reality prende avvio da questa storia, nella rilettura compiuta dallo scrittore e giornalista polacco Mariusz Szczygieł nell’omonimo libro (Edizioni Nottetempo, 2011). Quello che colpisce, nello scorrere la vita nei dettagli di questa anonima casalinga di Cracovia, è che non si tratta di un’opera artistica, non vuole rappresentare un paradosso intellettuale né è rivolto in alcun modo ad un pubblico: semplicemente, per sua scelta personale, la Turek sceglie di cominciare intuitivamente a nobilitare il proprio vivere quotidiano. Perché? Dopo la sublime arte di Pina Bausch in Rewind, omaggio a Cafè Müller e la ‘filosofia di Andy Warhol’ nel successivo from a to d and back again (2009), partire da quell’opera colossale e misteriosa che sono i quaderni di Janina Turek rappresenta per Deflorian e Tagliarini un passo naturale: non per mettere in scena una storia strampalata qualsiasi o fare un racconto teatrale attorno alla sua autrice, ma cercando di entrare in un dialogo intimo con quello che sappiamo e non sappiamo di Janina, per creare una serie di corto circuiti con lei e con il pubblico attorno alla percezione, condivisa ma irriducibile, di cosa sia la realtà per ciascuno di noi.

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono autori, registi e performer. Dal 2008 hanno realizzato una serie di progetti, spettacoli e opere site-specific. Il primo lavoro nato da questa collaborazione è Rewind - omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch (2008). Insieme hanno poi creato froma to d and back again (2009), czeczy/cose (2011), Reality (2012), lavoro per il quale Daria Deflorian ha ricevuto il Premio Ubu 2012 come miglior attrice protagonista, Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (2013), nato dalla collaborazione con Monica Piseddu e Valentino Villa e vincitore del Premio Ubu 2014 come novità italiana e del Premio della critica 2016 come miglior spettacolo straniero in Quebec. Tre dei loro testi sono stati raccolti nel volume Trilogia dell’invisibile (Titivillus, 2014). Nel 2015 hanno presentato Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni e Reality al Festival d’Automne di Parigi, prima tappa di una tournée internazionale in Francia, Svizzera, Germania e Canada. Nello stesso periodo hanno realizzato due creazioni site-specific: Il posto (2014), a Milano per la casa museo Boschi Di Stefano, e Quando non so cosa fare cosa faccio (2015), lungo le strade di un quartiere di Roma. Nel 2016 hanno debuttato a Losanna con Il cielo non è un fondale, in collaborazione con Francesco Alberici e Monica Demuru, spettacolo che ha ottenuto un grande successo in Italia e all’estero. Nel settembre del 2017 Triennale Teatro dell’Arte coproduce il suggestivo Cinéma Imaginaire, realizzato in collaborazione con la regista olandese Lotte van den Berg. Dopo aver chiuso la stagione 2018-2019 con Quasi niente, la compagnia ha presentato nel mese di maggio, all’interno della seconda edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts, il progetto collaterale Scavi.

defloriantagliarini.eu

12-13 ottobre 2019

sabato ore 20.00

domenica ore 16.00

Triennale Milano Teatro

Deflorian/Tagliarini Italia

Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

ispirato a un’immagine del romanzo di Petros Markaris L’esattore / progetto: Daria Deflorian, Antonio Tagliarini / con: Daria Deflorian, Monica Piseddu, Antonio Tagliarini, Valentino Villa / collaborazione al progetto: Monica Piseddu, Valentino Villa / luci: Gianni Staropoli / consulenza per le scene: Marina Haas/ organizzazione: Giulia Galzigni-Officina / direzione tecnica: Giulia Pastore / produzione: A.D. / coproduzione: Teatro di Roma, Romaeuropa Festival 2013, 369 gradi / collaborazione: Festival Castel dei Mondi / residenze artistiche: Centrale Fies, Olinda, Angelo Mai Altrove Occupato, Percorsi Rialto, Romaeuropa Festival, Teatro Furio Camillo, Carrozzerie n.o.t

durata: 60 minuti

Punto di partenza e sfondo di Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, ultimo spettacolo della trilogia dedicata a Daria Deflorian ed Antonio Tagliarini in apertura di stagione, è un’immagine tratta dalle pagine iniziali del romanzo L’esattore dello scrittore greco Petros Markaris (2011): siamo nel pieno della crisi economica greca quando vengono trovate le salme di quattro donne, pensionate, che si sono tolte volontariamente la vita. «Abbiamo capito che siamo di peso allo Stato, ai medici, ai farmacisti e a tutta la società – spiegano in un biglietto le suicide – quindi ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni. Risparmierete sulle nostre pensioni e vivrete meglio». Non un racconto, né un resoconto, ma un percorso dentro e fuori queste quattro figure di cui non si sa nulla se non la tragica fine, un percorso fatto di domande e questioni che sono le loro, ma sono soprattutto le nostre: può il suicidio essere considerato non come gesto esistenziale ma come atto politico estremo? Esistono suicidi altruistici? Quello di Jan Palach, che durante la Primavera di Praga nel 1969 si è dato fuoco come atto di protesta contro la censura, o quello del monaco vietnamita Thich Quang Duc, che nel 1963 ha compiuto lo stesso gesto per combattere la persecuzione contro la sua religione, sono forse esempi in tal senso? Per la prima volta, in Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni Deflorian/Tagliarini scelgono di coinvolgere altri attori nel lavoro: la presenza di Monica Piseddu e Valentino Villa qui non è semplicemente funzionale in vista di una corrispondenza al numero delle protagoniste, ma serve anche a ribadire una necessaria, importante piccola collettività, elemento essenziale di questa immagine, semplice solo in apparenza. Un gioco performativo che diventa sempre più serio e definitivo, dove non è solo la questione della rappresentazione a scricchiolare, ma ancora di più la capacità di trovare una risposta costruttiva allo sfacelo che ci circonda.

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono autori, registi e performer. Dal 2008 hanno realizzato una serie di progetti, spettacoli e opere site-specific. Il primo lavoro nato da questa collaborazione è Rewind, omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch (2008). Insieme hanno poi creato froma to d and back again (2009), czeczy/cose (2011), Reality (2012), lavoro per il quale Daria Deflorian ha ricevuto il Premio Ubu 2012 come miglior attrice protagonista, Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (2013), nato dalla collaborazione con Monica Piseddu e Valentino Villa e vincitore del Premio Ubu 2014 come novità italiana e del Premio della critica 2016 come miglior spettacolo straniero in Quebec. Tre dei loro testi sono stati raccolti nel volume Trilogia dell’invisibile (Titivillus, 2014). Nel 2015 hanno presentato Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni e Reality al Festival d’Automne di Parigi, prima tappa di una tournée internazionale in Francia, Svizzera, Germania e Canada. Nello stesso periodo hanno realizzato due creazioni site-specific: Il posto (2014), a Milano per la casa museo Boschi Di Stefano, e Quando non so cosa fare cosa faccio (2015), lungo le strade di un quartiere di Roma. Nel 2016 hanno debuttato a Losanna con Il cielo non è un fondale, in collaborazione con Francesco Alberici e Monica Demuru, spettacolo che ha ottenuto un grande successo in Italia e all’estero. Nel settembre del 2017 Triennale Teatro dell’Arte coproduce il suggestivo Cinéma Imaginaire, realizzato in collaborazione con la regista olandese Lotte van den Berg. Dopo aver chiuso la stagione 2018-2019 con Quasi niente, la compagnia ha presentato nel mese di maggio, all’interno della seconda edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts, il progetto collaterale Scavi.

defloriantagliarini.eu

20 ottobre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Premio Hermès Danza Triennale Milano

La stagione 2019/2020 segna l’avvio di un’importante collaborazione tra Triennale Milano e Hermès Italia per l’ideazione e la produzione di un format biennale inedito dedicato alla valorizzazione di giovani talenti under35 nella danza contemporanea e nella performance. Il progetto, che intende esplorare il linguaggio insieme contemporaneo e antico del corpo e del gesto attraverso lo sguardo delle nuove generazioni di giovani artisti, ha preso il via nella primavera del 2019 con la selezione di cinque progetti performativi realizzati intorno al tema “moving landscapes” (paesaggi in movimento), individuato da una giuria di esperti composta da Daniel Blanga Gubbay (Direttore Artistico del Kunstenfestival di Bruxelles), Silvia Bottiroli (Direttrice di Das Theatre di Amsterdam) e Giusi Tinella (responsabile dei progetti pluridisciplinari e delle grandi manifestazioni internazionali per l’Institut français di Parigi) e inteso qui in un duplice significato: riferito al paesaggio stesso, come soggetto mobile, capace di evolversi nello spazio e nel tempo, e riferito alla danza e alla performance in quanto pratiche che attraverso il corpo sono capaci di muovere le prospettive, di mettere in moto i paesaggi modellandoli. Umberto Angelini (Chief curator Teatro, Danza, Musica, Performance di Triennale Milano e Direttore artistico di Triennale Milano Teatro) ha scelto i cinque artisti - Leno Kaklea (Grecia), Nikima Jagudajev (Russia), Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi (Italia), Zora Snake (Camerun), Nicola Galli (Italia) - che hanno presentato i cinque progetti successivamente passati al vaglio della Giuria, che ha individuato i due meritevoli cui commissionare il progetto produttivo finale da presentare all’interno della stagione di Triennale Milano Teatro: Ballad della greca Lenio Kaklea e A E R E A degli italiani Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi. Tra le motivazioni della Giuria: «Il progetto di Lenio Kaklea è un’originale espansione di una ricerca su come la trasformazione dei paesaggi urbani nelle periferie europee contamina i nostri corpi, i nostri gesti e il nostro modo di vivere. Kaklea si propone di dare vita a un paesaggio, abitato da un corpo, la cui immaginazione è messa in pericolo da un ambiente ostile. Un paesaggio nel quale il corpo cerca di individuare, attraverso la propria creatività, le giuste strategie di sopravvivenza. (…) Il progetto presentato da Ginevra Panzetti e Enrico Ticconi, A E R E A, apre una direzione importante della coreografia contemporanea, in uno spazio ibrido tra minimalismo del gesto e impatto visivo. È stata apprezzata la forza del progetto, e il suo iscriversi in una tradizione di precisione gestuale. Esso risponde inoltre in maniera originale al tema suggerito di moving landscape, ponendo una domanda cruciale sul rapporto tra corpo umano e oggetto nella coreografia.» Gli artisti vincitori, Lenio Kaklea e Ginevra Panzetti/Enrico Ticconi, riceveranno il Premio Hermès Danza Triennale Milano: un fee per l’ideazione, la produzione e la presentazione dell’opera inedita. Saranno inoltre accompagnati durante le fasi di creazione dal confronto con i membri della Giuria e il Direttore Artistico Umberto Angelini. La documentazione foto e video dei lavori vincitori costituirà, nel corso degli anni, un archivio della performance, una piccola biblioteca digitale affinché resti traccia, consultabile negli anni, dell’intero progetto. Tale archivio diventa un importante progetto sulla memoria del contemporaneo e sulla divulgazione artistica e culturale in particolare per le giovani generazioni.

Hermès

Attraverso la Fondation d’entreprise Hermès, la maison sostiene da sempre i giovani talenti nel campo delle arti e dei mestieri. La danza, la musica, l’arte visiva e la performance sono da tempo discipline al centro delle sue attività. Dal 2007, anno in cui Hermès celebra la danza come tema di comunicazione dell’anno, si sottolinea l’affinità che il gesto degli artigiani ha con i gesti della danza. “Un rumore, quasi una musica, un ritmo, che giunge a tracciare una sorta di coreografia invisibile: sono i movimenti, le linee, le curve, le figure delle migliaia di gesti compiuti dagli artigiani”, così Pierre-Alexis Dumas, direttore artistico di Hermès, descrive la bellezza del gesto degli artigiani paragonandola a una danza. Il progetto del Premio Hermès Danza Triennale Milano rientra in un percorso più ampio di attenzione dell’azienda e della sua Fondazione ai temi di sviluppo sociale, che vedono nelle attività di Triennale Milano un luogo in cui sperimentare nuovi percorsi creativi. «Hermès segue i princìpi della corporate social responsibility dal 1837, anno della nascita della maison. Il rispetto per le materie prime e per la natura da cui provengono, l’attenzione per il lavoro manuale e per il savoir-faire ci portano istintivamente ad avere una sensibilità speciale per le arti», spiega Francesca di Carrobio, Amministratore Delegato di Hermès Italia. Hermès si caratterizza da sempre per la sua costante attenzione per la qualità. Dalla sua nascita, sei generazioni di artigiani intraprendenti e appassionati hanno contribuito alla diffusione dei suoi valori: un savoir-faire frutto del culto per i materiali migliori lavorati con eccellenza, dell’amore per gli oggetti belli creati per durare nel tempo e dello spirito di innovazione. Hermès è guidata da Axel Dumas, CEO della Maison; Pierre-Alexis Dumas è ilDirettore Artistico. Entrambi appartengono alla sesta generazione della famiglia.

25-26 ottobre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Kinkaleri Italia

<OTTO>

progetto, realizzazione: Kinkaleri - Matteo Bambi, Luca Camilletti, Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco, Cristina Rizzo / con: Filippo Baglioni, Chiara Bertuccelli, Andrea Sassoli, Mirco Orciatici / produzione: KLm | Kinkaleri / in collaborazione con: Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Teatro Metastasio | Contemporanea Festival, spazioK. Kinkaleri / con il sostegno di: Regione Toscana, MIBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dipartimento dello spettacolo

durata: 60 minuti

A quindici anni esatti dal suo debutto, Kinkaleri ha scelto di riprendere e di riportare in scena con un cast rinnovato una delle sue performance storiche, che più di tutte ha contribuito ad affermare il collettivo toscano tra le massime espressioni della ricerca performativa italiana. Vero e proprio classico del contemporaneo, vincitore del Premio Ubu nel 2002 (in anticipo sul debutto stesso in forma definitiva, avvenuto il 16 gennaio 2003), <OTTO> è un lavoro incentrato sulla necessità di capire cosa ci sia ancora di vero in uno spettacolo, un meta-spettacolo che naviga nel vuoto, mettendo al centro il concetto di crollo, a pochi mesi dall’attacco alle Torri Gemelle, come l’emblema più autentico di una nuova era. La sinossi della performance è apparentemente tra le più semplici: una persona entra in scena e cade. Più precisamente: non entra per cadere, ma cade perché entra. Una caduta che potrebbe essere l’unica, in assoluto, che contiene tutto lo spettacolo, alla quale seguono altre cadute, che possono essere considerate delle note a piè di pagina, evoluzioni di quella prima archetipica caduta. Questa caduta ritorna oggi, a distanza di quindici anni, per tentare di rapportarsi con una nuova generazione, per capire se il crollo che era stato individuato in quei primi anni duemila è ancora in divenire, se siamo nella polvere, oppure se ci troviamo già in un iceberg staccato che si muove verso altre direzioni. «Si possono dire cose molto profonde con lievità - ha scritto Goffredo Fofi in occasione del debutto [Hystrio, agosto 2002] - e <OTTO> è davvero, alla fine, bello e poetico come una comica di Keaton, come una danza di Astaire e Kelly. È triste come una commedia di Beckett.»

Kinkaleri, compagnia fondata a Firenze nel 1995, sviluppa un percorso fra performance, ricerca coreografica e del movimento, installazioni, allestimenti, materiali sonori. I lavori del gruppo sono stati presentati in Italia e all’estero in festival, musei, teatri e gallerie, tra cui il Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles e il Centre Pompidou di Parigi. Nel 2002 la compagnia riceve il premio Lo Straniero – Scommesse per il futuro e il Premio Ubu per <OTTO> come miglior progetto di teatrodanza. Tra i lavori di Kinkaleri, che hanno ricevuto ospitalità in numerose programmazioni ibride di genere, trovando un importante riconoscimento sulla scena della ricerca italiana ed estera (Milano, CRT e Uovo Performing Arts Festival; Santarcangelo Festival; Prato Teatro Fabbricone; Terni, Es.terni; Ferrara, Teatro Comunale; Torino, Teatro Regio; Parigi, Centre Pompidou Les Spectacles Vivants; Bruxelles, Kunstefestivaldesarts, Pechino, Anno dell’Italia in Cina Oriental Pioneer theatre; Tokyo, Body/Other; Amburgo, Kampnagel; Vienna, TanzQuartier; Berlino, Hebbel-am-Ufer e TanzImAugust, Nyon, Far Festival des arts) ricordiamo Amras(1995), Doom(1996), Super(1997), 1.9cc GLX(1998), Esso (1999/2000), et (1999/2000), Zoo (2000/2001), I Cenci/Spettacolo(2004), pool(2005), 11cover(2006), Nerone(2006), pinocchio(2007), THE HUNGRY MARCH SHOW // Between a carrot and I(2007) e Yes Sir! (2008), Alcuni giorni sono migliori di altri(2008), All!(2012-2018), No Title Yet (2017), I love you Tosca(2018). Nel 2001 la compagnia si trasferisce a Prato nello spazioK, dove tutt’ora ha la sua sede operativa. Dal 2013 lo spazioK è centro di residenza regionale sviluppando percorsi artistici appartenenti ai diversi campi della creazione rivolti alle giovani generazioni. Lo spazio è anche il luogo dei progetti is it my world? e Body To Be, serie di residenze e appuntamenti sulle arti della scena. Già ospite di Triennale Milano Teatro nella stagione 2017/2018 con No Title Yet e con Butterfly, immaginifico adattamento per l’infanzia della celebre Madama Butterfly di Puccini, il gruppo è attualmente formato da Massimo Conti, Marco Mazzoni e Gina Monaco.

kinkaleri.it

29-30 ottobre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Jonathan Burrows, Matteo Fargion Regno Unito/Italia

Any Table Any Room

drammaturgia: Katye Coe, Nicola Conibere / con il sostegno di: National Lottery - Arts Council England / ringraziamenti: St Anne’s Church Lewes, The Attenborough Centre for the Creative Arts Brighton, Centre for Dance Research di Coventry University.

Jonathan Burrows e Matteo Fargion ricevono il sostegno di: Kaaitheater Brussels, PACT Zollverein Essen, Sadler’s Wells Theatre London, BIT Teatergarasjen Bergen.

durata: 60 minuti

Prima italiana

Il coreografo Jonathan Burrows e il compositore Matteo Fargion collaborano da trent’anni all’ideazione di progetti che scardinano e ridefiniscono i rapporti consolidati tra danza, musica e perfoming arts. Duo di culto del panorama creativo mondiale, i lavori di Burrows e Fargion (tra i quali ricordiamo il progetto online della durata di un anno 52 Portraits, le letture d’artista con sottofondo di rock band di Music For Lectures e l’‘auto-retrospettiva’ Hysterical Furniture) sono coprodotti da alcune tra le più importanti istituzioni del continente, dal Sadler's Wells di Londra al PACT Zollverein di Essen, dal BIT Teatergarasjen di Bergen al Kaaitheater di Bruxelles. Più volte ospiti in passato di Uovo Performing Arts Festival, Burrows e Fargion tornano a Milano dopo diversi anni di assenza grazie a Triennale Milano Teatro per presentare in prima nazionale il loro nuovo, e a oggi unico, lavoro collettivo: Any Table Any Room. In questo spettacolo, il duo invita in ogni città un gruppo locale di artisti ad unirsi a loro: per l’occasione, saranno quattro gli ospiti milanesi ad unirsi a loro sul palco dopo alcuni giorni di prove. Attraverso l’utilizzo di 72 oggetti creati ad hoc dai performer, Any Table Any Room è un’indagine corale sui piaceri e sui doveri dell’essere e del lavorare insieme: cosa rende possibile la comunità? È possibile mantenere la nostra autonomia essendo parte di un gruppo? Alla ricerca di una possibile risposta, che forse non arriverà mai, Burrows e Fargion ci guideranno ancora una volta lungo sentieri inesplorati, attraverso percorsi non lineari che ci condurranno infine verso nuove, inesauste domande.

Jonathan Burrows ha danzato con il Royal Ballet per 13 anni, raggiungendo il rango di solista, prima di lasciare nel 1991 per proseguire la sua ricerca coreografica. Dopo il tour con la propria compagnia per alcuni anni ha deciso nel 2001 di concentrarsi su collaborazioni one-to-one con altri artisti, condividendo insieme a loro la concezione, la creazione, l'esecuzione e la gestione del lavoro. La sua prima collaborazione è stata Weak Dance Strong Questions (2001), realizzata con il regista e performer Jan Ritsema, che ha girato in 14 paesi. Questa è stata seguita da una serie di duetti con Matteo Fargion, a partire dal 2002 con Both Sitting Duet, seguito da The Dance Quiet (2005), Speaking Dance (2006), Cheap Lecture e The Cow Piece (2009). I due hanno dato vita a più di 200 performance in 28 paesi. Both Sitting Duet ha vinto nel 2004 il New York Dance and Performance 'Bessie' Award, e Cheap Lecture è stato scelto nel 2009 per l’Het Theaterfestival in Belgio. Nel 2010 ha realizzato Dogheart, con la danzatrice Chrysa Parkinson. Altri lavori su commissione di alto profilo sono stati quelli per Sylvie Guillem e il William Forsythe’s Ballet Frankfurt, e nel 2008 è stato assistente alla regia di Peter Handke per The Hour We Knew Nothing Of Each Other al National Theatre di Londra. Burrows è stato inoltre artista associato al Kunstencentrum Vooruit di Gent, in Belgio, al South Bank Centre di Londra e al Kaaitheater di Bruxelles. Nel 2002 ha ricevuto un premio dalla Foundation for Contemporary Performance Arts di New York, come riconoscimento per i suoi contributi alla danza contemporanea. È Senior Research Fellow presso il Centre for Dance Research dell’Università di Coventry, visiting member al P.A.R.T.S. (Performing Arts Research and Training Studios) di Bruxelles e Visiting Professor nelle Università di Londra, Amburgo e Berlino. Ha ricevuto un dottorato onorario alla Royal Holloway University di Londra. Il suo primo libro, A Choreographer's Handbook (2010) - edito da Routledge Publishing, ha venduto oltre 14.000 copie in tutto il mondo.

jonathanburrows.info


Matteo Fargion è nato a Milano. Ha studiato composizione con il compositore Kevin Volans e Howard Skempton e, dopo la laurea, ha suonato il basso per un certo periodo nella rock band guidata da Chris Newman: un'esperienza formativa nella performance dal vivo. Il suo interesse per la danza contemporanea è iniziato dopo aver visto la Merce Cunningham Dance Company al Sadler's Wells Theatre di Londra, ed essere tornato la sera seguente a regalare fiori ai danzatori. Questa esperienza lo ha incoraggiato a partecipare al Corso Internazionale per coreografi e compositori, dove ha scritto musica per la danza e ha incontrato il coreografo Jonathan Burrows con il quale collabora da più di venti anni. Fargion ha scritto musica per diversi coreografi tra cui Lynda Gaudreau e Russell Maliphant. Ancora più importante nel corso degli ultimi quindici anni ha sviluppato una forte collaborazione con la celebre coreografa inglese Siobhan Davies, scrivendo musiche per alcuni dei suoi lavori più significativi tra cui The Art of Touch (1995), Two Quartets (2007) e Minutes for the Collection (2009), del quale è stato anche interprete. Fargion scrive anche per il teatro, soprattutto in Germania, dove ha lavorato per diversi anni al Residenz Theater di Monaco di Baviera, e alla Schaubühne di Berlino sotto la direzione di Thomas Ostermeier, per il quale ha scritto nel 2004 la musica per la pluripremiata messinscena della commedia di Jon Fosse The Girl on the Sofa. Matteo Fargion è Visiting member di Facoltà presso il P.A.R.T.S. di Bruxelles. Fargion ha di recente composto ed eseguito le musiche per Penelope Sleeps di Mette Edvardsen (su commissione del Kunstenfestival), Flowers (We Are) di Claire Croizé e We have to dress gorgeously di Andrea Spreafico.

01-10 novembre 2019

Triennale Milano Teatro

JAZZMI


Nato da una collaborazione fra Triennale Milano Teatro e Ponderosa Music & Art, a cui si è aggiunto successivamente Blue Note Milano, in appena tre edizioni JAZZMI ha saputo riportare il grande jazz a Milano, unendo in rete tutte le realtà che si occupano di questo genere musicale vitale e dinamico. JAZZMI torna dall’1 al 10 novembre 2019 per raccontare l’universo musicale del jazz in tutte le sue declinazioni: la sua storia, la sua attualità, il suo futuro, i generi con cui dialoga e con i quali si contamina. Oltre 200 eventi e più di 500 artisti invaderanno Milano per la quarta edizione del festival, dieci giorni di concerti con grandi musicisti di fama nazionale e internazionale, incontri, workshop, rassegne, collaborazioni e tante novità. Sono 14 gli appuntamenti in programma presso Triennale Milano Teatro per questa quarta edizione del festival:

01 novembre, ore 18.00

THE MINGUS BIG BAND

02 novembre, ore 21.00

UOMINI IN FRAC - OMAGGIO A DOMENICO MODUGNO

02 novembre, ore 23.00

DELVON LAMARR ORGAN TRIO

03 novembre, ore 12.00

GIANLUIGI TROVESI E GIANNI COSCIA

03 novembre, ore 19.00

RYMDEN

05 novembre, ore 21.00

ENRICO RAVA SPECIAL EDITION

07 novembre, ore 21.00

FABRIZIO BOSSO & GIOVANNI GUIDI + THE REVOLUTIONARY BROTHERHOOD

08 novembre, ore 21.00

KENNY BARRON

08 novembre, ore 23.00

NUBYA GARCIA

09 novembre, ore 21.00

MELANIE DE BIASIO

09 novembre, ore 23.00

KASSA OVERALL

10 novembre, ore 12.00

PATRIZIO FARISELLI

10 novembre, ore 19.00

NIK BÄRTSCH’S RONIN

10 novembre, ore 21.00

AMBROSE AKINMUSIRE QUARTE

22-23 novembre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Saburo Teshigawara/KARAS Giappone

Tristan and Isolde

musica: estratti dall’opera Tristan und Isolde di Richard Wagner / coreografia, design luci: Saburo Teshigawara / con: Rihoko Sato, Saburo Teshigawara / coordinatore tecnico, assistenza alle luci: Sergio Pessanha / assistente di produzione, sartoria: Emiko Murayama / produzione: KARAS / con il supporto di: Agency for Cultural Affairs of Japan / con il patrocinio del: Consolato Generale del Giappone a Milano

durata: 60 minuti

Reduce dal grande successo di SHE, solo presentato in esclusiva italiana in apertura della passata stagione, Saburo Teshigawara - nome di riferimento della coreografia mondiale - torna a Triennale Teatro per confrontarsi con un classico senza tempo. Nel suo Tristan and Isolde, Teshigawara trasforma l’opera di Richard Wagner, capolavoro del Romanticismo tedesco che racconta un amore irrealizzabile e le sue tragiche conseguenze, in un movimento unico per due interpreti: lo stesso coreografo e la sua fedele musa e partner di lunga data, Rihoko Sato. Mantenendo la musica di Wagner al centro, come parte integrante della performance, Teshigawara sceglie di concentrare la sua attenzione su una dimensione più essenziale della vicenda tragica: i due interpreti mettono in scena il dolore di questo difficile amore, alimentato dalla sete di un desiderio che non può essere soddisfatto e che alla fine può trovare pace soltanto nella morte. Incarnando questi infelici amanti, i loro corpi diventano messaggeri di un’esperienza sensoriale altrimenti indicibile, e diventano capaci di una comprensione esclusivamente affettiva. La musica di Wagner, selezionata a formare una successione ripetitiva, quasi ossessiva, è parte costitutiva della creazione di Teshigawara: così la melodia, continuamente ondeggiante, si riflette nel movimento dei due corpi in scena, che tendono a riempire lo spazio in un'incessante fuga reciproca da sé.

Saburo Teshigawara ha iniziato la sua straordinaria carriera nel 1981, nella nativa Tokyo, dopo aver studiato arti plastiche e balletto classico. Nel 1985 con Key Miyata ha fondato KARAS, iniziando così a creare, oltre che per se stesso, anche per altri interpreti. Da allora è stato invitato con KARAS a esibirsi regolarmente nelle principali città del mondo. Nel 1994/1995 è stato invitato da William Forsythe a creare coreografie per il Ballet Frankfurt, mentre nel 1999 ha realizzato Le Sacre du printemps per il Bayerisches Staatsballett di Monaco e nel 2000 ha lavorato con il Netherland Dance Theatre. Nel febbraio del 2003 gli viene commissionata una nuova coreografia, AIR da parte del Ballet de l’Opéra National de Paris. Per il Ballet du Grand, Théâtre de Genève, ha creato Para-Dice nel 2002 e Vacant nel maggio 2006. Nel 2010 il Teatro La Fenice di Venezia gli ha commissionato regia, scene e costumi dell’opera Dido and Aeneas. A Milano si è esibito al Triennale Milano Teatro e al Teatro alla Scala. Ha suscitato l’attenzione della critica internazionale nel campo delle arti visive grazie a installazioni, film e video, oltre che per i progetti di scenografia, luci e costumi che realizza per le sue creazioni. Il senso della composizione, la padronanza dello spazio e i suoi decisi movimenti di danza creano un universo artistico unico. Dal 2006 al 2013 è stato professore alla St. Paul’s (Rikkyo) University in Giappone, dove insegna presso il dipartimento di Expression Studies. Dal 2014 è professore alla Tama Art University. Nel 2013 ha inaugurato il proprio spazio di creazione KARAS APPARATUS nel quartiere Ogikubo di Tokyo. I suoi lavori hanno ottenuto diversi premi prestigiosi in Giappone e nel mondo, tra i quali il Bessie Award (The New York Dance and Performance Awards) nel 2007 e la Medaglia d’Oro dell’Imperatore nel 2009. Nel 2017 è stato nominato Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese. È stato ospite della stagione 2018/2019 di Triennale Milano Teatro con SHE, solo scritto ad hoc per Rihoko Sato e da lei interpretato.

Rihoko Sato è entrata nella compagnia Karas nel 1995. Da allora, ha preso parte come interprete a tutte le produzioni, oltre ad aver assistito Saburo Teshigawara nelle sue creazioni. È riconosciuta come una delle figure centrali dell’universo creativo del grande coreografo giapponese. Ha seguito i progetti educativi di KARAS e S.T.E.P (Saburo Teshigawara Educational Project) e ha assistito Teshigawara in qualità di maître de ballet in occasione di produzioni commissionate da altre compagnie. Ha ricevuto, tra i numerosi riconoscimenti, il Best Dancer Award (per il passo a due con Vaclav Kunes Scream and Whisper) a Cannes per Les Étoiles de Ballet 2000 nel 2005, il Japan Dance Forum Award nel 2007 e il Premio Positano Léonide Massine per la Danza nel 2012.

st-karas.com

28 novembre-01 dicembre 2019

giovedì-sabato ore 20.00

domenica ore 16.00

Triennale Milano Teatro

Riccardo Goretti, Stefano Cenci, Colapesce Italia

Stanno tutti male - uno studio collettivo sull'infelicità individuale

di, con: Riccardo Goretti, Stefano Cenci, Colapesce / direttore dell’allestimento: Roberto Innocenti / assistente all’allestimento: Giulia Giardi / cura della produzione: Camilla Borraccino / ufficio stampa: Cristina Roncucci / foto, video documentazione: Ivan D’Alì / progetto grafico, editing: Francesco Marini / direttore di scena, macchinista: Marco Mencacci / audio, luci: Francesco Baldi / soluzioni sceniche: Rocco Berlingieri / produzione: Teatro Metastasio di Prato, laCoz / durata: 75 minuti

Dopo il debutto a Prato a fine gennaio, arriva a Milano per la prima volta nella stagione di Triennale Milano Teatro uno degli esperimenti più curiosi realizzati quest’anno in Italia: Stanno tutti male, ironica parafrasi del titolo di una delle pellicole più celebri firmate dal regista italiano Giuseppe Tornatore, è un lavoro a sei mani firmato dal drammaturgo Riccardo Goretti (già membro fondatore della compagnia toscana Gli Omini) e dal regista ed attore Stefano Cenci insieme al cantautore siciliano Colapesce, indicato da più parti come uno dei legittimi eredi della più alta tradizione cantautorale italiana. Ed è proprio da un verso di una canzone dell’autore di Egomostro che nasce in Goretti l’idea - subito condivisa con Cenci e successivamente con lo stesso cantante - di uno "studio collettivo sull'infelicità individuale": viviamo in una società schizofrenica nella quale se non si soffre, se non si sta male, è segno che non ci si è impegnati abbastanza, che non si sta dando il massimo. Allo stesso tempo, la società ci richiede di mantenere obbligatoriamente la forma per essere al passo coi tempi, aggiornati su tutto, pronti a sfoggiare ironia e sarcasmo. La forma della sofferenza viene così condensata in una sorta di party continuo, un disimpegnato frullatore di tutti e tutto, in cui stiamo tutti a fotografare i nostri sorrisi, le nostre gite, le nostre pietanze, preda di questo zapping intimo e personale in cui non riusciamo neppure più a dire se stiamo bene o stiamo male. Da qui nasce nel trio l’idea di lanciare un grande sondaggio online, chiedendo ai propri followers di raccontare il proprio "star male" per poi costruire, intorno a questi racconti, una drammaturgia collettiva, da restituire live in una scena trasformata in una sorta di tragicomico karaoke bar. Perché, come diceva Voltaire, «tutto ciò che è troppo stupido per essere detto, viene cantato». Dietro l’apparenza ironica e scanzonata dello spettacolo, emergono però domande tutt’altro che futili: la nostra società sta bene o sta male? E qual è il termine di paragone di questo stare bene o male? Quale è la scala del bene e del male? E i singoli individui stanno bene o male? È poi possibile che stiano bene gli individui di una società che sta male? E viceversa? E poi, in fondo, è mai stato diverso? «A queste domande - spiegano le note di regia - non ci interessa tanto dare una risposta. Noi ci sentiamo più che altro dei ritrattisti, anzi forse caricaturisti, ci interessa farne un affresco, dando voce a questo benedetto uomo contemporaneo, sentire in cosa crede, di cosa ha paura, cosa lo fa stare bene e cosa male e possibilmente riderne, riderne molto, smisuratamente. Perché c’è davvero bisogno per tutti - checché se ne dica - di ridere come bambini, anche senza motivo, di riderci addosso, perché alla fine, si vede… stanno tutti male.»

Lorenzo Urciullo (aka Colapesce) è uno dei talenti più fulgidi e liberi della nuova scena italiana. I tre album, editi a suo nome, hanno riscosso i favori di pubblico e critica (Un meraviglioso declino, Egomostro e l’ultimo Infedele, prodotto con IOSONOUNCANE e Mario Conte) dimostrando la capacità unica di Colapesce di unire la forma canzone pop più pura con la sperimentazione, anche grazie ad arrangiamenti raffinati, semplici ma anche complessi e mai banali. Dopo aver vinto il Premio Tenco del 2012 per la miglior opera prima con il suo album d’esordio, ha continuato a stupire grazie al suo immaginario sempre in bilico tra raffinata canzone d’autore, pop e sperimentazione. Dopo il successivo lavoro Egomostro, nel 2015, ha scritto insieme ad Alessandro Baronciani la graphic novel La distanza, pubblicata con grande successo da Bao Publishing. Alla pubblicazione è seguito un tour di più di 50 date, molte delle quali sold out, in cui i brani del suo repertorio venivano eseguiti in forma acustica e accompagnati dalle illustrazioni in tempo reale dello stesso Baronciani. Nel 2016 ha messo in piedi lo spettacolo Isola di fuoco, presentato in anteprima al Romaeuropa Festival, dedicato alla sonorizzazione delle immagini del regista Vittorio De Seta, il padre del documentarismo italiano. Per il teatro ha curato le musiche dello spettacolo Vita straordinaria ri Don Giuanni Grasso - Lu grandi atturi ca pattennu ri Catania furriau lu munnu scritto da Marcello Cappelli e Lucia Sardo. Nel 2013 è stato citato dal popolare quotidiano inglese The Guardian come esempio di musica italiana da esportazione. In precedenza era finito su NME come uno dei migliori prodotti pop in lingua non anglofona di Europa. Le Monde gli ha addirittura dedicato una pagina definendolo come il più credibile erede di Lucio Dalla e Franco Battiato, inserendo Egomostro tra i migliori dischi del 2015. Dopo un fortunato tour europeo accompagnato solo dalla sua chitarra, l’11 gennaio del 2019, per celebrare i vent’anni dalla scomparsa di Fabrizio De André, è stata pubblicata da Sony Legacy la sua cover di Canzone dell’amore perduto per cui è stato anche realizzato un video girato da Giacomo Triglia. Lo scrittore Francesco Pacifico, su IL de Il Sole 24 Ore, lo ha definito recentemente “una specie di David Byrne siciliano”.

Riccardo Goretti, classe 1979, attore, scrittore, drammaturgo e musicista, laureato in Storia del Teatro all'Università di Firenze. Dopo alcuni anni di formazione nel teatro ragazzi (2000-2005), si affaccia al mondo del teatro contemporaneo con la compagnia Gli Omini, da lui ideata e fondata insieme a Luca Zacchini e Francesco Rotelli, coi quali è finalista al Premio Scenario nel 2007 e vincitore al Contest del Teatro della Tosse di Genova l'anno successivo. Nel 2010-11 collabora con il regista tre volte Premio Ubu Massimiliano Civica per lo spettacolo Un sogno nella notte dell'estate, prodotto da Romaeuropa Festival e Teatro Stabile dell'Umbria. Dal 2012 si distacca definitivamente dalla compagnia Gli Omini per seguire un percorso artistico personale. Annunziata detta Nancy, il suo primo monologo, prodotto da Kilowatt Festival, totalizza oltre 100 repliche complessive. Dal 2013 al 2015 collabora con tutte le realtà più importanti del teatro toscano (Teatro Metasasio Stabile della Toscana, Fondazione Toscana Spettacolo, Titivillus/Teatro dei Fondi/Festival Contemporanei Scenari, Armunia Festival Inequilibrio ecc...). Dal 2016/17 lavora con la regista e drammaturga Premio Ubu Lucia Calamaro, con la quale porta in scena La Vita Ferma – sguardi sul dolore del ricordo. Lo spettacolo, acclamato dai più importanti critici italiani, parte in seguito per una tournée italiana e mondiale, e viene rappresentato tra gli altri al Cena Brasil Internacional di Rio de Janeiro e all'Odéon Théâtre de L'Europe di Parigi. Negli stessi anni, il suo monologo Gobbo a Mattoni e soliloquio a due voci su 50 anni di cultura popolare, prodotto dall'Arci Toscana, vince il Festival Inventaria a Roma. Goretti è anche formatore teatrale: tiene un corso di recitazione attiva e drammaturgia allo spazio occupato Zappa!, fucina artistica pratese, e numerosi workshop in giro per l'Italia. Tra le sue pubblicazioni di narrativa e saggistica ricordiamo: Manuale Pratico per non impazzire (Cult Editore, con una prefazione inedita dell'amico e collega Antonio Rezza), That's all, folks! (Firenze Leonardo edizioni), Le novelline dadaiste (illustrato dall'artista internazionale Edoardo Nardin).

riccardogoretti.com

Stefano Cenci, autore, regista e attore, diplomato nel 1997 alla Scuola di Teatro di Bologna “Galante Garrone”. Ha collaborato continuativamente con istituzioni teatrali tra cui il Teatro Due-Stabile di Parma, l’Arena del Sole-Stabile di Bologna e il Teatro Comunale di Bologna, approdando infine alla Compagnia della Fortezza diretta da Armando Punzo (come assistente alla regia ed attore, seguendo le tournée nazionali ed internazionali degli spettacoli della compagnia). Nel 2004, lo spettacolo I Pescecani di Armando Punzo, di cui è voce principale, vince il Premio Ubu come miglior spettacolo. Nel 2010 un altro spettacolo di Punzo che lo vede protagonista, Alice - Saggio sulla fine di una civiltà, vince il premio UBU come miglior regia. Negli stessi anni partecipa alle tournée internazionali degli spettacoli dei Tony Clifton Circus. Nel 2010 debutta a Volterra Teatro Festival il suo spettacolo Ofelia 4e48 (Ofelia in quattro e quattr’otto) con Elisa Lolli, struggente e allo stesso tempo esilarante riscrittura di 4.48 Psychosis di Sarah Kane. Nel 2012 debutta Lo spettacolo Del Bene, Del Male, scritto, diretto e interpretato da Stefano Cenci, con la Compagnia Tardito/Rendina, un coinvolgente progetto di rito rinnovato con un cast di oltre 70 elementi, ospiti a sorpresa e musicisti dal vivo che si rinnova ogni volta, traendo materiale poetico ed umano dal contesto ospitante. Dal 2002 conduce laboratori di Teatro Creativo, intensivi e permanenti, aperti a professionisti e amatori, da questi laboratori nascono le sue creazioni, i suoi testi teatrali, i suoi spazi di ricerca teatrale. Dal 2007 è direttore artistico del Festival di Musica Indipendente, Teatro di Innovazione, cortometraggi e performances, e di Arti Vive Habitat, Stagione di Teatro di Innovazione, Musica Indipendente e Cinema d’Essai a Soliera (Modena).

stefanocenci.net

11-14 dicembre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Alessandro Serra Italia

Macbettu

di: Alessandro Serra / tratto da: Macbeth di William Shakespeare / con: Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino / traduzione in sardo, consulenza linguistica: Giovanni Carroni / collaborazione ai movimenti di scena: Chiara Michelini / musiche pietre sonore: Pinuccio Sciola / composizioni pietre sonore: Marcellino Garau / regia, scene, luci, costumi: Alessandro Serra / produzione: Sardegna Teatro, Compagnia Teatropersona / con il sostegno di: Fondazione Pinuccio Sciola | Cedac Circuito Regionale Sardegna

spettacolo in sardo sovratitolato in italiano

durata: 90 minuti

Torna a Triennale Milano Teatro uno degli spettacoli più acclamati e premiati delle ultime stagioni, vincitore dei più importanti riconoscimenti nazionali (Premio Ubu per il miglior spettacolo dell’anno, Premio ANCT - Associazione Nazionale della Critica Teatrale) e protagonista tra il 2018 e il 2019 di una lunghissima tournée internazionale che, dopo aver toccato l’Italia e diverse nazioni europee (dalla Francia alla Georgia, dalla Svizzera alla Serbia), si è spinta in Argentina e in Giappone registrando ovunque unanimi consensi. Macbettu è un’originale e intensa rivisitazione del capolavoro shakespeariano: una proposta visionaria e audace, diretta dallo straordinario talento di Alessandro Serra, che lavora sul linguaggio e la gestualità trasponendo il Macbeth nel cuore di un’immaginaria Barbagia. Il testo shakespeariano viene recitato in sardo e, come nella più pura tradizione elisabettiana, è interpretato da soli uomini. Il progetto di Serra, regista e fondatore della Compagnia Teatropersona, nasce da un reportage fotografico tra i carnevali della Barbagia, durante il quale emersero sorprendenti analogie tra il Macbeth e i riti e le maschere della Sardegna: i suoni cupi prodotti da campanacci, le pelli, le corna, le maschere fosche, e poi il sangue, il vino, le forze della natura domate dall’uomo. In questi riti la potenza dei gesti e della voce è dirompente, la dimensione dionisiaca si associa a un’incredibile precisione formale nelle danze. Così, nella messa in scena dello spettacolo la lingua sarda trasforma in canto ciò che in italiano rischierebbe di restare confinato alla sfera letteraria. Lo spazio scenico è attraversato dai corpi degli attori, che disegnano luoghi ed evocano presenze, materia che non veicola significati, ma forze primordiali che agiscono su chi le riceve.

Alessandro Serra si avvicina al teatro attraverso gli esercizi di trascrizione per la scena delle opere cinematografiche di Ingmar Bergman. Si forma come attore a partire dallo studio delle azioni fisiche e dei canti vibratori nel solco della tradizione di Grotowski per poi arrivare alle leggi oggettive del movimento di scena trascritte da Mejerchol’d e Decroux. Integra la sua formazione teatrale con le arti marziali che pratica sin da giovanissimo. Nel frattempo si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulla drammaturgia dell’immagine. Fondamentale, negli ultimi anni di formazione, l’incontro con Yves Lebreton e il suo metodo del Teatro Corporeo. Nel 1999 fonda la Compagnia Teatropersona, con la quale comincia a mettere in scena le proprie creazioni che scrive e dirige, curandone le scene, i costumi, le luci e i suoni. Tra il 2006 e il 2011 il lavoro di ricerca sulla scena come puro fatto materico si concretizza nella creazione di una “trilogia del silenzio” (composta dagli spettacoli Beckett Box, Trattato dei Manichini e AURE), in cui la drammaturgia è praticata quale vero e proprio espianto di aure dalle opere letterarie di Samuel Beckett, Bruno Schulz e Marcel Proust. Nel 2009 crea la sua prima opera per l'infanzia, Il Principe Mezzanotte, presentato in oltre duecento repliche in Italia e all'estero. Nel 2013 crea Il Grande Viaggio opera tout public dedicata al tema dell’immigrazione. Nel 2015 la ricerca teatrale si accosta al linguaggio della danza e, con il sostegno della Fondazione Giacometti di Stampa (Svizzera), crea L’ombra della sera, dedicato alla vita e alle opere di Alberto Giacometti. Nello stesso anno, in collaborazione con gli attori della compagnia Accademia Arte della diversità di Bolzano crea H+G. Nel 2017 ritorna al teatro di prosa e in collaborazione con Sardegna Teatro crea Macbettu: undicesimo spettacolo realizzato insieme alla compagnia, il lavoro si aggiudica nello stesso anno - tra gli altri - il Premio Ubu per il migliore spettacolo dell'anno e il Premio ANCT 2017 (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro). Con Teatropersona ha portato in tournée i propri spettacoli in Italia, Francia, Svizzera, Corea, Russia, Spagna, Bulgaria, Polonia, Germania.

teatropersona.it

18-21 dicembre 2019

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Alessandro Serra Italia

Il giardino dei ciliegi

di: Anton Čechov / regia: Alessandro Serra / con: Arianna Aloi, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Marta Cortellazzo Wiel, Massimiliano Donato, Chiara Michelini, Felice Montervino, Fabio Monti, Massimiliano Poli, Valentina Sperlì, Bruno Stori, Petra Valentini / drammaturgia, scene, luci, costumi: Alessandro Serra / consulenza linguistica: Valeria Bonazza, Donata Feroldi / realizzazione scene: Laboratorio Scenotecnico Pesaro / direzione tecnica, tecnico della scena: Giuliana Rienzi / tecnico della luce: Stefano Bardelli / tecnico del suono: Giorgia Mascia / collaborazione ai costumi: Bàste / attrezzista: Serena Trevisi Marceddu / organizzazione, distribuzione: Danilo Soddu / produzione: Sardegna Teatro, Accademia Perduta Romagna Teatri, Teatro Stabile del Veneto, TPE - Teatro Piemonte Europa, Printemps des Comediéns / coproduzione: Compagnia Teatropersona, Triennale Milano Teatro

durata: 170 minuti (con intervallo)

A meno di un mese dalla prima nazionale di Cagliari (dopo l’anteprima all’ultima Biennale Teatro di Venezia) e a pochi giorni dalla riproposta del suo pluripremiato Macbettu, arriva a Triennale Milano Teatro il nuovo lavoro del regista rivelazione del teatro italiano, Alessandro Serra. In una stagione dedicata ai classici non poteva mancare quello che è considerato il classico per antonomasia del teatro del novecento: Il giardino dei ciliegi è l’ultima opera scritta per la scena da Čechov, ed è stato il banco di prova di alcuni dei più grandi maestri della regia del secolo scorso, da Charles Laughton e Peter Brook a Giorgio Strehler.

Per l’occasione Serra, che cura ancora una volta anche la drammaturgia, le scene, i costumi e le luci dello spettacolo, porta in scena un cast di 12 attori. Il giardino dei ciliegi si apre e si chiude in una stanza speciale, ancora oggi chiamata stanza dei bambini: tra poco arriveranno i padroni, che hanno viaggiato molto, vissuto e dissipato la loro vita, bambini invecchiati che tornano a casa. Tuttavia il sentimento che pervade l’opera non ha a che fare con la nostalgia o i rimpianti ma con qualcosa di indissolubilmente legato all’infanzia, come certi organi misteriosi che possiedono i bambini e che si atrofizzano in età adulta.Del resto non c’è trama, non accade nulla, perché tutto è già nei personaggi: Il giardino dei ciliegi è una partitura per anime in cui i dialoghi sono monologhi interiori che si intrecciano e si attraversano come un unico respiro, un’unica voce. Un valzerino allegro in una commedia intessuta di morte, dove la comicità garbata, mai esibita, dell’autore russo fa da perfetto contrappunto ad un’opera spietata e poetica: i personaggi ridono e si commuovono spesso, ma ciò non significa che si debba piangere davvero, è piuttosto «uno stato d’animo - scrive Čechov in una lettera - che deve trasformarsi subito dopo in allegria». Velando di lacrime gli occhi dei suoi personaggi Čechov suggerisce la visione sfocata della realtà sensibile, una realtà spogliata dai contorni: come i vetri delle vecchie case, opachi, deformi, pieni di impurità fornivano una versione estetica della vita oltre la finestra, così le lacrime agli occhi erodono le forme, tanto che a un certo punto non si sa più chi è che parla, se una voce proveniente da un’altra stanza o noi stessi con le parole di un altro. La scrittura stessa agevola questo dissolversi del centro e del focus: l’opera è cosparsa di piccoli impedimenti e fraintendimenti, anche linguistici, rotture sintattiche, pianti, canti, apnee, russamenti, borbottii e filastrocche, suoni che richiamano altri suoni, altri significati.

Alessandro Serra si avvicina al teatro attraverso gli esercizi di trascrizione per la scena delle opere cinematografiche di Ingmar Bergman. Si forma come attore a partire dallo studio delle azioni fisiche e dei canti vibratori nel solco della tradizione di Grotowski per poi arrivare alle leggi oggettive del movimento di scena trascritte da Mejercho’ld e Decroux. Integra la sua formazione teatrale con le arti marziali che pratica sin da giovanissimo. Nel frattempo si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulla drammaturgia dell’immagine. Fondamentale, negli ultimi anni di formazione, l’incontro con Yves Lebreton e il suo metodo del Teatro Corporeo. Nel 1999 fonda la Compagnia Teatropersona, con la quale comincia a mettere in scena le proprie creazioni che scrive e dirige, curandone le scene, i costumi, le luci e i suoni. Tra il 2006 e il 2011 il lavoro di ricerca sulla scena come puro fatto materico si concretizza nella creazione di una “trilogia del silenzio” (composta dagli spettacoli Beckett Box, Trattato dei Manichini e AURE), in cui la drammaturgia è praticata quale vero e proprio espianto di aure dalle opere letterarie di Samuel Beckett, Bruno Schulz e Marcel Proust. Nel 2009 crea la sua prima opera per l'infanzia, Il Principe Mezzanotte, presentato in oltre duecento repliche in Italia e all'estero. Nel 2013 crea Il Grande Viaggio opera tout public dedicata il tema dell’immigrazione. Nel 2015 la ricerca teatrale si accosta al linguaggio della danza e con il sostegno della Fondazione Giacometti di Stampa (Svizzera) crea L’ombra della sera, dedicato alla vita e alle opere di Alberto Giacometti. Nello stesso anno, in collaborazione con gli attori della compagnia Accademia Arte della diversità di Bolzano crea H+G. Nel 2017 ritorna al teatro di prosa e in collaborazione con Sardegna Teatro crea Macbettu: undicesimo spettacolo realizzato insieme alla compagnia, il lavoro si aggiudica nello stesso anno - tra gli altri - il Premio Ubu per il Migliore Spettacolo dell'anno e il Premio ANCT 2017 (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro). Con Teatropersona ha portato in tournée i propri spettacoli in Italia, Francia, Svizzera, Corea, Russia, Spagna, Bulgaria, Polonia, Germania.

teatropersona.it

23-25 gennaio 2020

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

OHT Italia

con la collaborazione dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano

CURON / GRAUN

spettacolo di: OHT | Office for a Human Theatre, Fondazione Haydn Stiftung / con: Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi / musica di Arvo Pärt (Fratres per quartetto d’archi, Fratres per archi e percussione, Fratres per violino, archi e percussione, Cantus in memoriam Benjamin Britten) / idea: Filippo Andreatta, Paola Villani / regia: Filippo Andreatta / set-design: Paola Villani / light-design: William Trentini / riprese, montaggio video: Armin Ferrari / assistenza allestimento: Massimiliano Rassu / produzione: Laura Marinelli / promozione internazionale: Laura Artoni / collaborazione grafica: Letizia Tempesta Filisetti / decorazione: Nadia Simeonkova, Silvano Brugnara / produzione: Orchestra Haydn di Bolzano e Trento | Haydn Orchester von Bozen und Trient / coproduzione: OHT, Centrale Fies / progetto vincitore OPER.A 20.21 FRINGE / Editore Universal Edition AG / Rappresentante per l’Italia Casa Ricordi, Milano

durata: 50 minuti

OHT arriva a Milano per presentare il suo lavoro di maggior successo, applaudito dalla critica e molto amato dal pubblico. In CURON / GRAUN, Filippo Andreatta sceglie di confrontarsi per la prima volta con il teatro musicale ispirandosi alla musica di Arvo Pärt, affrontando l’ambiguo e sempre irrisolto rapporto fra l’uomo e il paesaggio. Al centro del lavoro, e della scena, la vicenda dell’omonimo paese altoatesino sommerso dalle acque nel 1950: in quell’anno la costruzione di una grande diga unificò infatti il lago di Resia e il lago di Mezzo sommergendo 523 ettari di terreno coltivato e 163 case dell'antico abitato di Curon in Val Venosta. La costruzione del più grande bacino idrico dell’Alto-Adige - lungo sei chilometri e largo uno nel punto di massima apertura - fu inesorabile, nonostante le vive proteste (una delegazione sudtirolese si rivolse addirittura a Papa Pio XII per scongiurare la realizzazione dell'opera), e coinvolse migliaia di operai che scavarono 35 chilometri di tunnel sotterranei, utilizzando 1.500.000 quintali di cemento, 10.000 tonnellate di ferro e 800 tonnellate di esplosivo (per la prima volta in Italia venne usata la nitroglicerina per radere al suolo il centro abitato di Curon e parzialmente quello di Resia, che vennero ricostruiti in posizioni più elevate). In CURON / GRAUN, il testo e le immagini filmate si mescolano con la performance live immergendo il pubblico in un’esperienza epifanica e ipnotica, dove il campanile della chiesa del paese sommerso di Curon diventa l’unico protagonista del palco insieme ai musicisti dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano. In linea con le sfumature politiche degli ultimi spettacoli di OHT, questa nuova produzione teatrale ritrae un paese affogato, dove il suono della campana - tipico dello stile “tintinnabuli” di Arvo Pärt (dal latino tintinnabulum, "una campana" appunto) - fa emergere con veemenza le forze invisibili del paesaggio alpino. L’azione scenica, nello spazio privo di attori, parte dal silenzio e dai rintocchi fantasma del campanile di Curon per connettere lo spettatore a una rinnovata struttura narrativa del teatro musicale. Una narrazione rallentata, i cui parametri non sono familiari e rientrano nel dominio del sacro che Pärt ha esplorato a fondo nella sua opera. Così, l’evacuazione coatta del piccolo paese di Curon nel 1950 diventa l’espediente narrativo per utilizzare solo testo e immagini come unici elementi scenici, nel tentativo di riavvicinare il teatro alla sua radice più profonda, quella di comunicare attraverso l’immobilità e il silenzio.

Nato l’11 settembre 1935 a Paide, Arvo Pärt è un compositore estone noto per la sua musica sacra. Dopo un primo periodo di studio della musica dodecafonica, nel 1971 Arvo Pärt entra in silenzio contemplativo dedicandosi esclusivamente allo studio della musica sacra e gregoriana con particolare attenzione al periodo medioevale e rinascimentale. Dopo sei anni, nel 1977, interrompe il suo silenzio con un genere musicale che lo contraddistingue: il “tintinnabuli”, ovvero un suono simile a una campana. I maggiori lavori di questo periodo sono Tabula Rasa, Cantus in memoriam Benjamin Britten, Spiegel im Spiegel e Fratres. Da questo momento Arvo Pärt è considerato uno dei pionieri del minimalismo e del minimalismo sacro, seppur lui non si sia mai definito un minimalista, e le sue composizioni affascinano il mondo intero. Seguono numerose onorificenze internazionali: nel dicembre del 2011 Papa Benedetto XVI lo investe del titolo di Membro del Pontificio Consiglio della Cultura, mentre nel 2016, l’Università di Oxford lo elegge Dottore Onorario in Musica.

arvopart.ee

Fondata da Filippo Andreatta nel 2008, OHT (Office for a Human Theatre) indaga la realtà e la sua rappresentazione senza vincoli formali, disciplinari ed emotivi. La compagnia ha collaborato con istituzioni nazionali e internazionali quali, tra le altre, il Centro S.Chiara di Trento per lo spettacolo Debolezze (2016), l’Office National Diffusion Artistique francese per l’Artists’ Salon di New York City (2016), Triennale Milano Teatro per Una Minuta Retrospettiva dedicata agli spettacoli di OHT (2015), la Albers Foundation (USA) per un progetto teatrale su Josef Albers (2015), la Whitechapel Gallery di Londra (UK) per la video installazione buzz (2014), il MAXXI Museo delle arti del XXI secolo di Roma per lo spettacolo Delirious New York (2014), l’IIC di Vienna (AT) per lo spettacolo autoritratto con due amici (2013). Centrale Fies e MART - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, sono stati e sono frequenti partner dei vari progetti menzionati e di altri ancora, sia per produzioni sia per debutti.

oht.art

Fondata nel 1993 da Vladimir Delman, l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi sin dai suoi esordi si impone a Milano e in tutta la Lombardia come punto di riferimento imprescindibile per il repertorio sinfonico. Sede dei primi concerti è la Sala Verdi del Conservatorio di Milano per poi passare al Teatro Lirico fino al 6 ottobre 1999 quando viene inaugurata, con la Sinfonia n. 2 Resurrezione di Mahler diretta da Riccardo Chailly, la nuova sede stabile dell’Orchestra, l’Auditorium di Milano Fondazione Cariplo. Dal 1999 ad oggi sul podio della Verdi si sono susseguiti tre direttori musicali di altissimo prestigio e fama internazionale: Riccardo Chailly, Xian Zhang, Claus Peter Flor. Accanto a loro, l’Orchestra ha ospitato alcune delle più prestigiose bacchette della seconda metà del Novecento, da Carlo Maria Giulini, Peter Maag, Georges Prêtre a Vladimir Fedoseyev, Helmut Rilling, Patrick Fournillier e Riccardo Muti. Tra i solisti ospiti, protagonisti di memorabili concerti, si distinguono Martha Argerich, Aldo Ceccato, Tibor Varga, Steven Isserlis, Lilya Zilberstein, Kolja Blacher e Yefim Bronfman. Impegnata nella stagione sinfonica realizzata ogni anno nella sua sede milanese, di sovente l’Orchestra è invitata a suonare in Italia e all’estero (Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra, Russia, Giappone e Kuwait). Tra le esibizioni di prestigio si distinguono i quattro concerti in presenza di Sua Santità Benedetto XVI; il concerto straordinario per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e per la ricorrenza delle Cinque Giornate di Milano, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; l’esecuzione alla Scala di Milano del War Requiem di Britten per il decimo anniversario dell’11 settembre con Orchestra, Coro sinfonico e il Coro di Voci Bianche diretti da Zhang Xian. Parallelamente all’attività concertistica l’Orchestra ha sviluppato un’intensa attività discografica, spaziando dal repertorio verdiano e rossiniano al sinfonismo romantico e russo.

laverdi.org

31 gennaio-01 febbraio 2020

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

mk Italia

Bermudas

in collaborazione con MilanOltre Festival

(cast variabile) con: Philippe Barbut, Biagio Caravano, Marta Ciappina, Andrea Dionisi, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza, Giovanni Leone, Flora Orciani, Annalì Rainoldi, Laura Scarpini, Loredana Tarnovschi, Alice Cheophe Turati, Francesca Ugolini / ideazione e coreografia: Michele Di Stefano / musica: Kaytlin Aurelia Smith, Juan Atkins/Moritz Von Oswald, Underworld / luci: Giulia Broggi in collaborazione con Cosimo Maggini / meteo: Antonio Rinaldi / custom styling: Marco Mazzoni / consulenza matematica: Damiano Folli / organizzazione: Carlotta Garlanda / coproduzione: mk e Bolzano Danza/Tanz Bozen / in collaborazione con: AMAT Civitanova Casa della Danza, Residance/DanceHaus PIù Milano, Dialoghi - residenze delle arti performative a Villa Manin Udine, Una diversa geografia/Villa Pravernara Valenza, AngeloMai Roma, L’ Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino / con il contributo di: Regione Lazio - Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili, MIBAC

durata: 45 minuti

Ospite fisso della programmazione di Triennale Milano Teatro, il collettivo fondato e diretto dal Leone d’argento Michele Di Stefano insieme a Biagio Caravano è tra i protagonisti indiscussi della scena coreografica nazionale. Spettacolo vincitore del Premio Danza&Danza come miglior produzione italiana 2018, già nella terna finalisti del Premio Ubu, Bermudas è un lavoro pensato per un numero variabile di interpreti (da tre a tredici), intercambiabili tra loro: un sistema di movimento basato su regole semplici e rigorose che producono un moto perpetuo, adottabile da ogni performer come una condizione per esistere accanto agli altri e costruire un mondo ritmicamente condiviso. Il lavoro è ispirato dalle teorie del caos, dalla generazione di insiemi complessi a partire da condizioni semplici, dai sistemi evolutivi della fisica e della meteorologia. Il risultato finale tende alla costruzione di un luogo carico di tensione relazionale, un campo energetico molto intenso (a cui il nome Bermudas fa ironicamente riferimento) attraversato da una spinta alla comunicazione immediata, necessaria per generare uno spazio sempre accessibile a qualunque nuovo ingresso. Lo spettacolo è costruito per essere un sistema inclusivo e permeabile; ogni apertura al pubblico si trasforma dunque in una finestra aperta su uno dei possibili cast, ma anche sull’unico obiettivo del lavoro: la costruzione di una danza che permetta continuamente alla danza dell’altro di trovare spazio. L’impianto coreografico dipende in maniera cruciale dalle caratteristiche singolari dei performer: immettere punti di vista differenti sull’uso dello spazio, la prossemica tra i corpi o il modo in cui viene percepita l’attività di danza in un rituale collettivo, trasforma immediatamente la coreografia in un progetto di incontro e mediazione tra individui che possono essere i più disparati e i più lontani tra loro per attitudine, organizzazione gestuale e intensità espressiva.

Fondato nel 1999 da Michele Di Stefano e Biagio Caravano, mk è una delle formazioni di punta della coreografia italiana ed internazionale. mk si occupa di coreografia e performance e ruota intorno ad un nucleo originario di artisti in dialogo con altre discipline. Il gruppo è stato da subito ospite regolare di festival di rilievo sia in Italia che all’estero (Giappone, Gran Bretagna, Germania, Indonesia, Stati Uniti, Spagna, Portogallo, Francia, Perù). Tra le produzioni più recenti di mk ricordiamo Parete Nord, presentato lo scorso aprile all’interno della seconda edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts; Robinson, in collaborazione con l’artista visivo Luca Trevisani (2014), presentato a Triennale Milano Teatro nella stagione 2017-2018; Veduta (2016), presentato presso e in collaborazione con Fondazione Giangiacomo Feltrinelli durante la prima edizione di FOG, con il quale il gruppo inizia un’inedita indagine immersiva sul paesaggio. Nel 2015 MilanOltre dedica alla compagnia una retrospettiva dei lavori più recenti, tra i quali il riallestimento di Giuda e il debutto di Hey, in collaborazione con il duo Sigourney Weaver. Vincitore del Premio Danza&Danza nel 2000, nel 2014 Michele Di Stefano riceve il Leone d’argento per l’innovazione nella danza alla Biennale di Venezia e nel 2018 il Premio Nico Garrone.

mkonline.it

11-12 febbraio 2020

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Tiago Rodrigues Portogallo

By Heart

scritto e interpretato da: Tiago Rodrigues / testo con frammenti e citazioni di: William Shakespeare, Ray Bradbury, George Steiner, Joseph Brodsky e altri / scene, oggetti, costumi: Magda Bizarro / traduzione in inglese: Tiago Rodrigues, rivista da Joana Frazão/ produzione della prima versione: Magda Bizarro, Rita Mendes / produzione: Teatro Nacional D. Maria II a partire da una versione della compagnia Mundo Perfeito / coproduzione: O Espaço do Tempo, Maria Matos Teatro Municipal / lavoro realizzato con il sostegno di Governo de Portugal | DGArtes

Spettacolo in inglese sovratitolato in italiano / lo spettacolo include parti improvvisate non tradotte / durata: 90 – 120 minuti

Doppia presenza all’interno della nuova stagione di Triennale Milano Teatro per uno dei più dirompenti ed acclamati autori e registi del teatro internazionale, vincitore del prestigioso Premio Europa nel 2018 e amatissimo da pubblico e critica. In By heart (A memoria) spettacolo-rivelazione dell’artista portoghese, Tiago Rodrigues insegna una poesia a dieci persone che non hanno mai visto la performance in precedenza e non hanno idea di quale testo dovranno imparare a memoria di fronte al pubblico. Mentre insegna loro, Rodrigues mescola al racconto una serie di aneddoti legati alla propria biografia: la nonna ormai semicieca e le storie di scrittori e personaggi di libri che sono, in qualche modo, legati sia alla nonna che a lui stesso. I libri sono lì, in scena, dentro cassette da frutta in legno: così, man mano che ogni coppia di versi viene insegnata, emergono improbabili connessioni che uniscono il premio Nobel Boris Pasternak, un cuoco del nord del Portogallo, un programma tv olandese intitolato Beauty and Consolation e il mistero dietro la scelta della poesia viene infine lentamente svelato. Vera e propria esercitazione di resistenza, che arriva al termine solo quando i dieci novelli “soldati” arrivano a padroneggiare la poesia a memoria, By heart è un lavoro sull’importanza della trasmissione, dell’invisibile traffico clandestino di parole e di idee che solo mantenere un testo nella propria memoria può fornire. Ma è anche una riflessione sul teatro, che riconosce se stesso in quanto luogo di trasmissione di ciò che non può essere misurato in metri, euro o bytes, e sul nascondiglio sicuro che i testi proibiti hanno sempre trovato nella nostra mente e nei nostri cuori, come estrema garanzia di civilizzazione anche nei tempi più barbari e desolati. Come afferma George Steiner (filosofo e critico letterario francese tra i più influenti del Novecento) in un’intervista per Beauty and Consolation «una volta che 10 persone conoscono a memoria una poesia, non c’è nulla che il KGB, la CIA o la Gestapo possano fare. La poesia sopravviverà».

Vincitore nel 2018 del XV Premio Europa Realtà Teatrali, il più importante riconoscimento europeo di settore, Tiago Rodrigues (1977) è attore, drammaturgo e regista. Il suo teatro sovversivo e poetico lo ha reso uno degli artisti più importanti del Portogallo. Ad appena 21 anni Rodrigues abbandona la scuola di teatro per lavorare con la compagnia belga STAN, con la quale partecipa alla creazione di diverse opere presentandole in 15 paesi: la libertà esperita con il collettivo belga segnerà profondamente il suo lavoro futuro. Nel 2003 fonda insieme a Magda Bizarro la compagnia Mundo Perfeito, con la quale crea e presenta più di 30 performance in più di 20 paesi, diventando una presenza regolare sui prestigiosi palcoscenici del Festival d’Automne di Parigi, del norvegese METEOR Festival, di Theaterformen in Germania, del Festival TransAmériques in Canada e del Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles. Come coreografo e danzatore ha collaborato con diverse compagnie portoghesi ed internazionali, così come con coreografi e danzatori. Come insegnante, ha lavorato presso la scuola di danza PARTS, sotto la direzione di Anne Teresa De Keersmaeker, la scuola svizzera di performing arts La Manufacture e ha preso parte al progetto internazionale École des Maîtres. Parallelamente al lavoro teatrale, ha scritto sceneggiature per il cinema e per la televisione, articoli per giornali, poesie e saggi. Le sue performance più recenti gli sono valse grandi riconoscimenti a livello internazionale e numerosi premi in Portogallo e nel mondo: tra questi ricordiamo By Heart (2013), Antony and Cleopatra (2015), Bovary (2014), The way she dies e Sopro (2018). Grazie al suo mix sapiente di storia e fiction e alla sua capacità di riscrittura dei classici, il teatro di Tiago Rodrigues è profondamente radicato in una pratica di lavoro con e per l’attore, sempre alla ricerca di una catarsi poetica della realtà attraverso gli strumenti della scena. Un desiderio che si è concretizzato di recente nel progetto Occupation Bastille (2016), con la simbolica “occupazione artistica” del Théâtre de la Bastille di Parigi da parte di un centinaio di artisti e spettatori. Dal 2015, Tiago Rodrigues è Direttore artistico del Teatro Nacional D.Maria II di Lisbona.

13-14 febbraio 2020

ore 20.00

Triennale Milano Teatro

Tiago Rodrigues Portogallo

Sopro

di: Tiago Rodrigues / con: Beatriz Maia, Cristina Vidal, Isabel Abreu, Marco Mendonça, Romeu Costa, Sara Barros Leitão / cast originale: Beatriz Brás, Cristina Vidal, Isabel Abreu, João Pedro Vaz, Sofia Dias, Vítor Roriz / scene e luci: Thomas Walgrave / costumi: Aldina Jesus / suono: Pedro Costa / assistente alla direzione: Catarina Rôlo Salgueiro/ tecnico luci: Daniel Varela/ produzione: Rita Forjaz / assistente alla produzione: Joana Costa Santos / produzione: Teatro Nacional D. Maria II / co-produzione: ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur, Festival d’Avignon, Théâtre de la Bastille, La Criée Théâtre national de Marseille, Le Parvis Scène nationale Tarbes Pyrénées, Festival Terres de Paroles Seine-Maritime – Normandie, Théâtre Garonne scène européenne, Teatro Viriato/ con il sostegno di: Onda

spettacolo in portoghese sovratitolato in italiano

durata: 105 minuti

Prima italiana

Secondo spettacolo della dilogia dedicata a uno dei più importanti autori del teatro contemporaneo, Sopro è l’ultimo lavoro in ordine di tempo scritto e diretto da Tiago Rodrigues. In un teatro che non è altro che rovina, dove non rimane traccia delle mura, delle scrivanie, delle macchine, delle scenografie, qualcuno è ancora presente, qualcuno che rappresenta i “polmoni” di quel luogo, ma anche il motore del gesto drammatico che lo ha abitato: la suggeritrice. Le voci, i suoni, le musiche che abitualmente dominano la scena fanno un passo indietro e il respiro del teatro stesso, questa presenza che nessuno ascolta, è infine posta per la prima volta al centro della ribalta: guardiana della memoria e della continuità, è una donna che ha speso tutta la sua vita in questo edificio, dove ogni giorno le persone si sono ritrovate e hanno recitato. Questa sera è lei a raccontare le sue storie, tutte prodotto del teatro. In piena luce sotto i riflettori, al centro del palco, Rodrigues sceglie di esporla così alla vista del pubblico, fuori dalla scatola che è la sua “casa”, e convincerla - lei che sulla scena non ha mai avuto altra presenza che uno schioccare di dita - a sussurrare storie di un tempo passato, evocando i personaggi e le vicende che lo hanno percorso: entrando attraverso di lei nell’anima autentica di questo luogo unico che è il teatro, il regista tenta insieme allo spettatore di coglierne il respiro stesso e adottarne il ritmo. In un solo movimento, gli attori cedono le loro voci ai sussurri dei fantasmi che lei sembra convocare. Sul palco, si avvicendano così i dialoghi e le biografie di professionisti del teatro e i loro personaggi: la regista che si innamora dell’attore incapace di imparare a memoria la propria parte, la ragazzina che assiste al primo spettacolo, la diagnosi nefasta alla regista a pochi giorni dalla prima, la vanagloria del direttore che tenta di convincere una suggeritrice a andare in scena – ironico ritratto deformato di sé a opera di Rodrigues. Lavoro visionario e struggente, la forza di Sopro è quella di saperci riportare indietro verso un ‘prima’ sconosciuto e denso di mistero: prima del testo, prima della voce, in una performance prima della performance, nel magico respiro del teatro.

Vincitore nel 2018 del XV Premio Europa Realtà Teatrali, il più importante riconoscimento europeo di settore, Tiago Rodrigues (1977) è attore, drammaturgo e regista. Il suo teatro sovversivo e poetico lo ha reso uno degli artisti più importanti del Portogallo. Ad appena 21 anni Rodrigues abbandona la scuola di teatro per lavorare con la compagnia belga STAN, con la quale partecipa alla creazione di diverse opere presentandole in 15 paesi: la libertà esperita con il collettivo belga segnerà profondamente il suo lavoro futuro. Nel 2003 fonda insieme a Magda Bizarro la compagnia Mundo Perfeito, con la quale crea e presenta più di 30 performance in più di 20 paesi, diventando una presenza regolare sui prestigiosi palcoscenici del Festival d’Automne di Parigi, del norvegese METEOR Festival, di Theaterformen in Germania, del Festival TransAmériques in Canada e del Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles. Come coreografo e danzatore ha collaborato con diverse compagnie portoghesi ed internazionali, così come con coreografi e danzatori. Come insegnante, ha lavorato presso la scuola di danza PARTS, sotto la direzione di Anne Teresa De Keersmaeker, la scuola svizzera di performing arts La Manufacture e ha preso parte al progetto internazionale École des Maîtres. Parallelamente al lavoro teatrale, ha scritto sceneggiature per il cinema e per la televisione, articoli per giornali, poesie e saggi. Le sue performance più recenti gli sono valse grandi riconoscimenti a livello internazionale e numerosi premi in Portogallo e nel mondo: tra questi ricordiamo By Heart (2013), Antony and Cleopatra (2015), Bovary (2014), The way she dies e Sopro (2018). Grazie al suo mix sapiente di storia e fiction e alla sua capacità di riscrittura dei classici, il teatro di Tiago Rodrigues è profondamente radicato in una pratica di lavoro con e per l’attore, sempre alla ricerca di una catarsi poetica della realtà attraverso gli strumenti della scena. Un desiderio che si è concretizzato di recente nel progetto Occupation Bastille (2016), con la simbolica “occupazione artistica” del Théâtre de la Bastille di Parigi da parte di un centinaio di artisti e spettatori. Dal 2015, Tiago Rodrigues è Direttore artistico del Teatro Nacional D.Maria II di Lisbona.

28 febbraio 2020

ore 21.30

Triennale Milano Teatro

David August Germania

concerto

DJ e produttore di origini italiane, nato ad Amburgo ma di base a Berlino, David August è una delle più recenti rivelazioni del panorama musicale contemporaneo. La sua musica si muove tra house, R&B, techno, ambient, noir jazz, post-rock ed elettronica anni ’80 con un tocco leggero, raffinato, minimale e introspettivo, riuscendo a donare freschezza a sonorità ormai “note” grazie ad una formazione classica: un bagaglio ricco e stratificato, da cui attinge anche per via dei legami familiari (la madre è natia di Palestrina, un comune in provincia di Roma dove spesso fa ritorno) e che gli consente di stabilire connessioni inaspettate e sorprendenti tra la modernità della sua musica e l’antichità della cultura italiana e della mitologia greca. Da qui nascono alcuni tra i suoi brani più riusciti, ora ispirati al mito di Narciso, ora concepiti come fossero colonne sonore realizzate in presa diretta dei dipinti di Michelangelo e Caravaggio (Life Of Merisi), oppure come rintocchi a scandire i versi della Divina Commedia, con testi impostati in forma di dialogo immaginario con lo stesso Dante (Florence è uno dei pezzi chiave nella tracklist del recente D’Angelo, non a caso registrato proprio in Italia). August presenta a Triennale Milano Teatro un live show inedito, in versione speciale per l’Italia, paese a cui l’artista rimane particolarmente legato e per il quale ha deciso di dare vita ad un senza precedenti. Un live che combina al meglio l’ispirazione classica e l’elettronica moderna per fare emergere al meglio il suo talento unico: «Dopo 26 anni - scrive August - sento improvvisamente l’urgenza di connettermi in maniera attiva con le mie radici mediterranee e con la loro cultura. Queste radici hanno sempre evocato in me le emozioni più potenti e sono sempre state presenti nel profondo, ma per troppo tempo ho cercato di nasconderle nel lavoro di composizione come qualcosa di troppo privato e personale.»

Nato ad Amburgo nel 1990, David August è uno dei più interessanti talenti emergenti nella musica elettronica. Pianista dall’età di 5 anni, dopo una serie di singoli e remix dance (2010-2014), il suo album di debutto Times è uscito nel 2013, seguito da DCXXXIXA.C. (99 Chants, 2018) e il più recente D’Angelo (PIAS, 2018). Nel frattempo, ha partecipato a Boiler Room (2014) e alle Resident Advisor Live Session (2015), oltre a dare alle stampe una serie di singoli su Ninja Tune sub-label, Counter Records (2016). Le sue collaborazioni riflettono l’ampio spettro della sua ispirazione, spaziando dai dischi con la cantante e attivista greca Sissi Rada alle performance sold-out con la Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, orchestra di 50 elementi. Artista ostinatamente controcorrente, i suoi live-show prendono ogni volta forme e mood differenti, lasciando al centro come una costante lo spazio per la libera improvvisazione dei musicisti. Quello di August è stato segnalato dal prestigioso Resident Advisor’s - punto di riferimento globale per il genere - tra i migliori live acts del 2014 e del 2015.

EXTRA

Oltre al palinsesto degli spettacoli, Triennale Milano Teatro propone il programma EXTRA: un calendario di attività collaterali. Incontri, laboratori e appuntamenti a stretto contatto con gli artisti sono occasioni imperdibili per scoprire il teatro e conoscere i suoi protagonisti. Per la realizzazione di questo ricco programma il teatro ha stretto collaborazioni con diversi partner, tra cui 1977 Magazine, rivista di critica musicale cinematografica online e cartacea, dallo stile fresco, diretto e approfondito, e Radio Raheem, web radio indipendente che trasmette live da una vetrina sui Navigli a Milano.

Tutte le informazioni aggiornate sulla stagione 2019/2020 di Triennale Milano Teatro e sui suoi appuntamenti sono consultabili sul sito triennale.org e sui canali facebook (@triennalemilanoteatro) e instagram (@triennaleteatro) del teatro.

Michele Olivieri