Garibaldi a Sedan in prima serata

Rai3 e Rai Storia, #maestri dal 17 al 21 maggio

"Viaggio in Italia".

Alle 12:00 su Rai Storia: Marche da scoprire.

"Passato e Presente". Il Partito Comunista Cinese

Il primo luglio di 100 anni fa, a Shanghai, dodici intellettuali fondano il Partito Comunista Cinese. Sotto la guida di Mao Zedong, i comunisti cinesi riusciranno a riunire il Paese e a liberarlo dalla dominazione straniera, con una guerra lunga più di 20 anni che entrerà a far parte dell’epica nazionale. E, da quando è andato al potere con la fondazione della Repubblica Popolare nel 1949, il Partito comunista cinese lo ha mantenuto senza soluzione di continuità. Qual è il segreto di tanto successo e di tale longevità? Da dove ha tratto in tutti questi anni la legittimazione a governare e con quali effetti sulla Cina? a “Passato e Presente”, in onda martedì 18 maggio alle 13.15 su Rai3 e alle 20.30 su Rai Storia, Paolo Mieli ne discute con il professor Giovanni Andornino. Il Pcc ha attraversato indenne i grandi movimenti utopistici del periodo maoista - come il Grande Balzo e la Rivoluzione Culturale - il periodo delle riforme di Deng Xiaoping e la transizione all’economia di mercato, che ha trasformato la Cina nella prima potenza mondiale accanto agli Usa. Una grande capacità di trasformazione e adattamento, che gli vale oggi un consenso da oltre 90 milioni di iscritti.

"Passato e Presente". L'imperatore Domiziano

Nel 69 d.C. dopo la guerra civile succeduta alla morte di Nerone, diventa imperatore Tito Flavio Vespasiano, esponente di una gens di origine equestre. Vespasiano inizia una nuova dinastia, quella dei Flavi, il cui epigono è Domiziano. Il suo ritratto è affidato al professor Umberto Roberto e a Paolo Mieli a “Passato e Presente”, in onda martedì 18 maggio alle 14:20 su Rai Storia. Domiziano regna per 15 anni, dall’81 fino al 96 d.C. e si distingue per la ripresa di una politica d'espansione ai confini dell'Impero. Consolidato il Limes germanico, Domiziano porta a termine a Roma importanti opere pubbliche. Tra queste c’è lo stadio, una struttura per le gare atletiche capace di accogliere fino a 30.000 spettatori. La celebre piazza Navona ne ricalca ancora le dimensioni. Sul Palatino fa costruire un vero e proprio palazzo dinastico, diviso in tre settori: la domus Flavia, la domus Augustana e lo stadio palatino. Domiziano propone sé stesso come sovrano assoluto, come dominus et deus, conquista il consenso dell’esercito con una politica di elargizioni e il favore del popolo con spettacoli maestosi. Ma, proprio per questa sua politica, si rende inviso al Senato, che ne cancellerà la memoria e lo consegnerà alla storia come tiranno.

Boris Giuliano, un commissario a Palermo

La figura e l’impegno del capo della squadra mobile di Palermo, ucciso il 21 luglio 1979: li ricorda “Boris Giuliano”, un commissario a Palermo”, in onda martedì 18 maggio alle 15.00 su Rai Storia, nell’ambito della programmazione dedicata agli stidenti. Giuliano fu tra i primi a capire le trasformazioni criminali di Palermo negli anni ‘70 e a cogliere i rapporti tra Cosa Nostra e la politica, il primo a indagare su Totò Riina, negli anni in cui prendeva il potere e preparava la “mattanza” che avrebbe insanguinato Palermo dal 1978 al 1983. Quando fu ucciso da Leoluca Bagarella, Boris Giuliano stava indagando su un’enorme evasione fiscale che sarebbe stata una Tangentopoli ante litteram, ma aveva anche condotto inchieste sulle esattorie dei cugini Salvo e sul caso De Mauro. Il suo metodo investigativo, condiviso con una "squadra" di uomini a lui legatissimi, ha rivoluzionato il modo di fare indagini in Italia, come ammise anche Giovanni Falcone. Il documentario racconta anche l'uomo Boris, un padre di famiglia e un amico che ha lasciato un ricordo vivo e indelebile in chi lo ha incontrato.

"La Bussola e la Clessidra" Sedan: quando scese in campo anche Garibaldi

La battaglia, persa dai Francesi, dopo la quale Giuseppe Garibaldi fu l’unico generale, schierato con i transalpini, a conquistare una bandiera prussiana. In “La bussola e la clessidra”, in onda in prima visione martedì 18 maggio alle 21.10 su Rai Storia, il professor Alessandro Barbero analizza quella che sarebbe stata ricordata come la “Disfatta di Sedan”, una delle battaglie più importanti della guerra franco-prussiana, rispondendo anche alle numerose domande inviate dal pubblico. È l’occasione per raccontare il ruolo dei “franchi tiratori”, ma anche l’importanza delle uniformi, delle bandiere e degli stendardi nelle guerre di fine Ottocento, riscoprendo - inoltre - il ruolo, inaspettato, di Giuseppe Garibaldi. Barbero si sofferma anche sulle cause principali che hanno determinato la sonora sconfitta francese, sulle tipologie di coscrizione e il numero degli effettivi nei due eserciti, sulle differenze nei proiettili di artiglieria e nei fucili, e sulle conseguenze della disfatta, con la perdita di territori a favore dei tedeschi. Una ferita che resterà aperta fino ai conflitti mondiali novecenteschi.

Maxi. Il grande processo alla mafia

Il 10 febbraio 1986 inizia il Maxiprocesso a Cosa Nostra. Per la prima volta più di 400 mafiosi sono chiamati a rispondere di decine di reati, in un'aula giudiziaria di enormi dimensioni costruita per l'occasione, che tutti chiamano “l'astronave verde”. Anche la Rai si mobilita per raccontarlo, con una redazione ad hoc di fronte all'aula bunker. A raccontare il processo - nella prima puntata della docu-fiction “Maxi. Il grande processo alla mafia”, in onda da  martedì 18 maggio alle 22.10 su Rai Storia - è Franco Licitra, giornalista della sede di Palermo, gran conoscitore del fenomeno mafioso, con Gianni, un giovane operatore arrivato da Roma a rinforzare il gruppo di lavoro palermitano, e Teresa, una montatrice appena assunta, giovane e appassionata. La prima fase del processo vede i giornalisti alle prese con un lavoro complesso e un’attenzione mediatica che supera i confini nazionali, mentre la Corte prende ancora le misure dell'enorme dibattimento, tra procedure burocratiche e lungaggini organizzative. Gli avvocati basano la propria strategia difensiva proprio sull'ingestibilità della macchina processuale. Tra loro Federico Marsalis, palermitano, difensore di alcuni degli imputati. Il vecchio boss Luciano Liggio, intanto, prova a innervosire i giudici, mentre il pentito Salvatore Di Marco minaccia di ritrattare. Ma il 20 febbraio 1986 viene arrestato Michele Greco, detto “il Papa”, il capo della Commissione mafiosa: il maxiprocesso può entrare nel vivo.