L’Ape musicale

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NOTE AI PROGRAMMI

 

Sinfonia n.35 K 385 in re maggiore "Haffner"

Sull’onda dei successi ottenuti dal Ratto dal serraglio presso la corte di Giuseppe II da Salisburgo arrivava al ventiseienne Mozart la commissione di una Serenata per celebrare il conferimento del titolo nobiliare a Sigismund Haffner.

Redatta in fretta e furia tra il luglio e l’agosto del 1782, la Serenata vide la luce in uno dei periodi più intensi della vita di Mozart. Sei mesi Wolfgang riprese la partitura della Serenata e, con pochi tocchi, la trasformò in una Sinfonia: anche questa volta fu un successo, come scrisse il Magazin der Musik : “Nessun qui ricorda un più grande esempio di acclamazione, sia dall’Imperatore che dal pubblico”.

Il Mozart di questa pagina, la prima delle sei sinfonie viennesi, è sereno come poche volte ebbe la fortuna di esserlo prima e dopo il suo arrivo a Vienna, la città delle speranze.

Concerto n. 3 in sol maggiore per violino e orchestra K. 216

Per la raffinatezza della scrittura, il terzo Concerto K. 216 si distacca di molto dai due precedenti per accostarsi ai due omologhi successivi (K. 218 e K. 219), come si evince già dalla sontuosa struttura formale del primo movimento, caratterizzato da un’esposizione ricca di idee tematiche e da uno sviluppo complesso, che gioca sul contrasto tra diverse tonalità. Il Concerto K. 216 è una continua sorpresa, una varietà di effetti che si susseguono in equilibrio perfetto.

Concerto in la maggiore per clarinetto e orchestra K. 622

L'occasione di scrivere un Concerto per clarinetto fu fornita a Mozart dalla conoscenza di Anton Stadler, fratello massone del compositore e suo compagno di affari, nonché virtuoso di straordinaria abilità che diede a Mozart l’opportunità di sperimentare le potenzialità del clarinetto, fino ad allora inesplorate.

Rispetto alle strutture formali audaci e sperimentali dei Concerti per pianoforte scritti tra il 1784 e il 1786, il Concerto K. 622 sembra aspirare a una dimensione più classica e bilanciata. Qui Mozart porta alle estreme conseguenze un principio di diluizione della fraseologia grazie al quale temi e linee melodiche si incatenano dolcemente come sgorgassero l'una dall'altra.

Concerto n. 21 in do maggiore per pianoforte e orchestra K. 467

I concerti della stagione 1785 furono gli appuntamenti più gratificanti di tutta la vita di Mozart. Mai come in quell’anno il pubblico di Vienna era concorde nel considerarlo il salisburghese – da quattro anni trasferitosi nella loro città come musicista libero– come il miglior virtuoso del pianoforte.

In questo periodo ricco di soddisfazioni venne composto il Concerto K. 467 che condivide con il precedente Concerto K. 466 le stesse aspirazioni sinfoniche manifeste nella grande importanza attribuita all’intervento dei fiati e alle relazioni mutue tra le parti in gioco, che diventavano tre (gli archi, i fiati e il solista), aumentando le possibilità di combinazione degli strumenti e i conseguenti impasti timbrici.

La leggerezza di questa pagina – garbata anche nel clima maestoso impostato nel primo tempo – ha il suo culmine nel celeberrimo Andante, l’equivalente strumentale di un’aria d’opera.

Concerto in do maggiore per flauto, arpa e orchestra K. 299

A Parigi, dove arrivò nel marzo del 1778, Mozart entrò in contatto con numerosi aristocratici, tra i quali il Duca di Guines, ottimo flautista, e con sua figlia una «arpista magnifique - scriveva lo stesso Mozart -, dotata di grande talento e di una memoria prodigiosa». Per questi eccellenti esecutori compose il Concerto per flauto e arpa K. 299, strutturato come una sinfonia concertante, forma estremamente popolare nella Parigi dell’epoca.

Il Concerto K. 299 è l’unico brano del catalogo mozartiano a prevedere l’arpa solista, strumento che all’epoca era ancora in evoluzione e veniva considerato alla stregua di un “pianoforte a pizzico”. Il brano conferma in effetti questa mentalità: la parte dell’arpa presenta la tipica scrittura pianistica e mancano lussureggianti accordi e lunghi glissati. Tali effetti possono eventualmente essere recuperati nelle cadenze che, pur essendo previste eccezionalmente in tutti e tre i movimenti, non vennero composte da Mozart.

Concerto in la maggiore per pianoforte e orchestra K. 488

Tra il 1773 e il 1791 Mozart compose ben ventiquattro grandi Concerti per pianoforte e orchestra, buon numero dei quali, oltre a fondare la sua fama di virtuoso della tastiera, sono entrati a far parte stabile del repertorio classico. Fra questi alcuni spiccano però in modo particolare e godono di un favore straordinariamente esteso: è il caso del Concerto in la maggiore K. 488, che insieme al Concerto K. 466 (prediletto da Beethoven), è una delle pagine mozartiane più universalmente note ed eseguite.

Composto all'inizio del 1786, il K. 488 è caratterizzato da una speciale brillantezza e vivacità strumentale, ma presenta anche tratti intimamente poetici e preziosi, distribuiti in modo equilibrato, con rara fusione, tra solista e orchestra. L'organico orchestrale rinuncia ai timbri marziali di trombe e timpani e invece impiega i clarinetti al posto degli oboi per creare un colore di fondo più morbido ed evocativo.


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