Maria Perrotta suona

il Clavicembalo ben temperato

di J. S. Bach all'Isola di S. Giulio

La pianista calabrese residente a Parigi, considerata erede italiana di Rosalyn Tureck, dopo il successo delle Variazioni Goldberg suona il primo libro del capolavoro bachiano sullo storico pianoforte a coda Tallone, durante il penultimo appuntamento della 56esima SETTIMANA MUSICALE DI S.GIULIO, domenica 29 settembre 2013 alle ore 16 nella Sala Eleonora Tallone. L’ingresso è libero.

SAN GIULIO – ORTA (NO) – Sarà nel nome di Bach e del suo monumentale Clavicembalo Ben Temperato il penultimo appuntamento della 56esima “Settimana Musicale di San Giulio”, in programma domenica 29 settembre 2013 con inizio alle ore 16 nella Sala Eleonora Tallone all’Isola di San Giulio sul Lago d’Orta (via Basilica 3). L’ingresso è libero.

Ad officiare il grande rito bachiano la pianista Maria Perrotta, cosentina di nascita ma parigina d’adozione, vincitrice nel 2009 del Concorso Shura Cherkassky e considerata fra le migliori interpreti di Bach e Beethoven. “Pianismo a metà perfetta, il suo, fra il lussureggiante Alexis Weissenberg e il laser di Glenn Gould”, “Il suono è sgranato, la tecnica è clavicembalistica, il disegno formale è nitido: se continua così, Maria Perrotta sembra destinata a diventare la Rosalyn Tureck italiana” hanno scritto di recente due autorevoli quotidiani italiani.

Maria Perrotta torna ad esibirsi allo storico pianoforte a coda Tallone a quattro anni esatti dalla sua ultima esibizione nel settembre 2009, allorché incantò il pubblico dell’isola suonando quattro Sonate di Beethoven, autore a lei particolarmente congeniale. È di imminente uscita, fra l’altro, un nuovo cd Decca con la sua esecuzione live delle tre ultime Sonate di Beethoven (op. 109, 110, 111).

Dopo il notevole successo delle sue Variazioni Goldberg di Bach, divenuto anche un caso discografico recente – il cd live dal Teatro Valle ha vinto il Premio della Critica promosso dalla rivista Musica & Dischi –, Maria Perrotta domenica prossima affronterà dunque tutto il primo libro del Clavicembalo ben temperato, secondo Hans von Bülow “l’Antico Testamento della musica occidentale”.

«Con il Wohltemperierte Clavier, Clavicembalo ben temperato (che dovrebbe essere più correttamente reso con Tastiera ben temperata) – spiega Piero Rattalino –, Bach dava la dimostrazione di come si potessero impiegare sulla tastiera, in barba alla teoria che lo negava, le dodici tonalità di modo maggiore e le dodici tonalità di modo minore che erano praticabili per la voce e per gli strumenti ad arco. Si trattava di un problema che era stato dibattuto da molto tempo e di cui erano state tentate varie soluzioni». La data 1722 indicata nel titolo del manoscritto autografo del primo libro è il punto d’arrivo di un processo compositivo graduale, esteso nel tempo, come dimostra anche l’esistenza di versioni precedenti di una dozzina di Preludi. «Il titolo dell’autografo – scrive Paolo Petazzi – sottolinea che si tratta di una raccolta di preludi e fughe per la tastiera dal carattere sistematico, in cui le nuove possibilità dell’accordatura fondata sul temperamento vengono mostrate concretamente in 24 preludi e fughe che impiegano tutte le tonalità maggiori e minori, con dichiarato scopo didattico e spirituale: si legge nell’introduzione: che “il libro deve servire per il profitto e ad uso della gioventù musicale desiderosa di apprendere, come pure per particolare diletto di coloro che sono già abili in questo studio”. “Il Clavicembalo ben temperato sia il tuo pane quotidiano” ammoniva Robert Schumann nelle Regole di vita musicale pubblicate nel 1850».

Cosa significa “Clavicembalo ben temperato”? «In termini approssimativi – spiega Petazzi – si tratta di cancellare le piccole differenze tra i diversi tipi di toni e semitoni esistenti nella scala naturale, usando l’artificio di considerare uguali tutti i semitoni in cui è suddivisa l’ottava».

Un meccanismo assai complesso dunque, che sicuramente sarà reso in tutta la sua bellezza e monumentalità dalla pianista Maria Perrotta, che al proposito afferma: «Il Clavicembalo ben temperato è una sorgente inesauribile di riflessioni musicali e l’esecuzione integrale di un libro rappresenta per l’esecutore e per l’ascoltatore qualcosa che si potrebbe definire come “l’esperienza dell’eternità condensata in poche ore”. È un’opera che sorprende ogni volta per la ricchezza e la varietà del suo materiale, pur rimanendo ferma in una cornice fissa della quale Bach cambia solo la tonalità. La sistematicità del procedere dà veramente l’idea di una scalata verso una cima: la sensazione è che i gesti non cambino, ma il paesaggio intorno sia sempre più chiaro e completo».


MARIA PERROTTA

 

«Pianismo a metà perfetta fra il lussureggiante Alexis Weissenberg e il laser di Glenn Gould» (Libero); «Il suono è sgranato, la tecnica è clavicembalistica, il disegno formale è nitido: se continua così, Maria Perrotta sembra destinata a diventare la Rosalyn Tureck italiana» (Corriere della Sera); «Sentiremo parlare di Maria Perrotta, ottima pianista di Cosenza trapiantata a Parigi e votata alle Goldberg dall’età di 13 anni» (La Repubblica); «È una figura schiva e poco conosciuta, è uno dei veri astri del pianismo mondiale» (Corriere della Sera).

 

In questi termini si è recentemente espressa la critica italiana in occasione di alcune esecuzioni bachiane e beethoveniane della pianista Maria Perrotta.

 

Applaudita come interprete particolarmente comunicativa, Maria Perrotta si afferma in importanti concorsi fra cui il "Rina Sala Gallo" di Monza, il "Premio Encore! Shura Cherkassky" (2008) e il Concorso "J. S. Bach" di Saarbrücken (2004), premio quest’ultimo che la impone sulla scena pianistica internazionale come una significativa interprete bachiana, riscuotendo ampi successi di pubblico e di critica: «Maria Perrotta sa sfruttare le risorse del pianoforte moderno senza incorrere in inesattezze stilistiche. Il suono di vitrea trasparenza, la tessitura sempre percepibile, l’interessante articolazione della frase hanno reso la musica di Bach in modo ideale» (Saarbrücker Zeitung).

Registra per la Radio Tedesca, per la Rai e Sky Classica. Fra i suoi ultimi impegni l’esecuzione del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach, delle Sonate di Beethoven e del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra op. 58 di Beethoven con la Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Antoni Wit.

Maria Perrotta studia al Conservatorio di Cosenza, dov’è nata, con Antonella Barbarossa e si diploma con lode al Conservatorio di Milano con Edda Ponti. Ottiene il Diploma Superiore di Musica da Camera all’École Normale de Musique di Parigi, si perfeziona a Imola con Franco Scala e Boris Petrushansky e in Germania con Walter Blankenheim. Nel 2007 si diploma con lode presso l’Accademia di Santa Cecilia nella classe di Sergio Perticaroli. Arricchisce la sua formazione con Cristiano Burato. Attualmente vive a Parigi.

 

«Nelle Goldberg la signora Perrotta da cima a fondo ipnotizzava l’uditorio con una continua gragnuola di trilli e liquide sonorità rarefatte dove il clavicembalo era un’assenza presupposta, una dolorosa nostalgia; con sobri passaggi legati e uso assai discreto del pedale… L’allieva di Walter Blankenheim non è certo una bachiana di complemento. La sua ampia paletta dinamica ricrea l’equilibrio fra le due tastiere dell’originale cembalistico, alcuni ritornelli fioriscono di abbellimenti galanti, in altri prevale il caratteristico rigore della polifonia. Non mancano alla sua lettura né l’energia ritmica né il puro virtuosismo manuale, ma ciò che più avvince è la sua capacità di abbandonarsi all’incanto degl’intervalli dissonanti, come nelle variazioni 15, 21 e 27. Questi canoni dal sottile artificio armonico, musica assoluta e atemporale quant’altra mai, ritrovano sotto le dita di Maria Perrotta un sapore notturno nutrito di quella nobile malinconia che è quintessenza del barocco. (Amadeus);

 

«Nella sua esecuzione pianistica delle Variazioni Goldberg regna la luce» (Elle).

 

«La sua figuretta si trasfigura mentre suona, pur tuttavia in modo compostissimo. Il suo tocco è delicato, e dallo Steinway ella ricava un timbro bellissimo. Ciò è tanto più notevole giacché Beethoven, distaccatosi dal mondo, scrive le tre Sonate per uno strumento che non esisteva ancora, che proprio le sue opere hanno postulato. Nelle graduationes accordali, tanto in crescendo quanto in diminuendo, ella osserva un iter da manuale. In pochi punti di tutto il concerto ella affonda veramente il peso onde ottenere un pur rotondissimo fortissimo. I pppp, così vuole Beethoven, sono eterei. Nel giuoco di terzine nell`acuto, accompagnata all`acuto, della Sonata in Do minore, ella ottiene un esito cristallino. La perfezione dei trilli della Sonata in Mi maggiore e di quella in Do minore, idealmente estesi all`infinito e in fatto estesi quasi oltre ogni forza umana, è da non dirsi… La Perrotta è analitica ed espressiva, ma non perde mai, il senso dell`unità formale. I recitativi sono da lei resi un teatro metafisico. I passi di terze e doppie terze acquisiscono un timbro creato da Dio in istato di grazia. Le colorature scorrono come i fili di una ragnatela» (Corriere della Sera).