Sì, ritrovarla io giuro!

di Luis Gutierrez

Una recita da sogno, con un cast perfetto che annoverava artisti del calibro di Alessandro Corbelli, Pietro Spagnoli e Luca Pisaroni e, soprattutto, l'Angelina stellare di Joyce di Donato, ha consacrato il trionfo di Javier Camarena, il terzo cantante, dopo Florez e Pavarotti, a dover concedere un bis sul palcoscenico del Met da settant'anni a questa parte.

NEW YORK, 28 aprile 2014 - Ho avuto la fortuna di essere presente alla recita della Cenerentola al Metropolitan la sera di lunedì 28 aprile 2014. Tutti nel pubblico eravamo a conoscenza del trionfo strepitoso ottenuto da Javier Camarena in venerdì precedente, culminato nel bis dell'aria “Sì, ritrovarla io giuro”. Andiamo però con ordine: il cast era da sogno, con Joyce DiDonato come Angelina (ossia Cenerentola), Javier Camarena quale Don Ramiro, Pietro Spagnoli nei panni del suo cameriere Dandini, Luca Pisaroni in quello del maestro Alidoro e Alessandro Corbelli Don Magnifico con le figlie Rachelle Durkin (Clorinda) e Patricia Risley (Tisbe). La produzione di Cesare Lievi, nata con Cecilia Bartoli e Ramón Vargas nel 1997, punta più sulla comicità a torte in faccia, ignorando del tutto il sottotitolo dell'opera, La bontà in trionfo, che la trasforma, secondo le parole di Richard Osborne, in “un modello di commedia patetica”. Con cantanti mediocri questo allestimento sarebbe stato degno di Bu e pomodori, ma per fortuna non è stato proprio questo il caso.

Dopo un meraviglioso primo atto in cui hanno entusiasmato soprattutto la cavatina di Don Magnifico “Miei rampolli femminini” e il duetto del colpo di fulmine fra il principe e Angelina “Un soave non so che”, Camarena ha infiammato di nuovo il teatro nella sua aria, cantata con voce bella, salda in tutta la gamma, con quello che i nostri nonni chiamavano autentico squillo, dando prova di eleganza e conficcando nell'armosfera eccitata del Met ciascuno dei suoi Do acuti e, con mia sorpresa e delizia, interpolando un Re sicurissimo dopo un ampio Do nell'intonare la prima ripresa della frase “Dentro al mio core”. Per fortuna il pubblico è riuscito a trattenere il suo desiderio di esplodere in un applauso finché Don Ramiro non è uscito sul fondo della scena. L'ovazione era colma di ammirazione, gratitudine, gioia e, sì, di richieste di bis. Una volta deciso di concederlo, Javier è tornato in scena e ha porto i più sinceri ringraziamenti che abbia mai visto da qualsiasi cantante, inchinandosi per lunghi istanti sul ginocchio sinistro. Naturalmente, comprendiamo quanto questo gesto sia realmente sentito e l'applauso diviene assordante, finché il coro non è tornato a riprendere il suo posto. E si è ripetuto il miracolo. Ha raggiunto ancora una volta le note più acute, Do e Re, senza confondere in nessun momento la musicalità con la mera acrobazia. Quelle note, e l'applauso che è seguito, ancora risuonano nella mia testa. Chi mi conosce sa che le mie preferenze musicali, e non solo, sono rivolte alle donne, soprani, mezzi, contralti, artiste o meno, me oggi ho subito il fascino di un tenore, che è facilmente destinato a diventare un termine di paragone storico, uno di quei cantanti di cui si dirà, alla fine del XXI secolo, "Non si canta più come faceva Camarena".

Ma la serata non si chiude qui. Joyce DiDonato, una delle più importanti interpreti di Rossini degli ultimi cinquant'anni, deve aver pensato “Adesso arrivo io” e ha ricamato per noi il grande rondò “Nacqui all’affanno, al pianto” in cui la coloratura unica, le variazioni personali e le ornamentazioni vocali brillavano come le gemme del bracciale del suo personaggio.

Tutto il cast ha dato vita a una recita grandiosa, galvanizzato dalle prove impressionanti di Don Ramiro e Angelina. Ciò detto non resta che riconoscere a Fabio Luisi di aver usato magistralmente bacchetta e cervello.

Affermare che si sia scritta una pagina di storia del MET potrà essere un luogo comune perché ogni serata fa parte della storia, in ogni parte del mondo. Quel che, sì, si potrà dire è che è stata una recita indimenticabile per me, per tutti coloro che si trovavano in teatro e per chi seguiva la recita via streaming o altri media, per i familiari, gli amici, gli ammiratori di lunga data di Camarena, e specialmente per lo stesso Javier, che non potrà dimenticare queste acclamazioni su uno dei palcoscenici più importanti del mondo a coronamento del suo talento, della sua tecnica, musicalità, della sua grazia squisita.