Il delirio di Hoffmann

di Carlos Rosas

Convince poco l'allestimento scenico di Christoph Marthaler per l'opera di Offenbach, sorta di testamento artistico di Gérard Mortier e del suo amore per la sperimentazione teatrale. Meglio, pur senza esaltare, la parte musicale, in cui spicca Anne Sophie von Otter nel doppio ruolo della Musa di Nicklausse.

MADRID, 9 giugno 2014 - Passa il tempo e a poco a poco va sfumando la presenza e il lascito di Gérard Mortier in questo teatro, il cui pubblico, che poco .ha apprezzato i suoi esperimenti teatrali - in alcuni casi manifestando il proprio dissenso - pare avvertire che si approssimano dei cambiamenti con la nuova direzione di Joan Matabosch. Questi Contes d'Hoffmann sono stati in realtà il suo ultimo progetto, per il quale era stato scritturato il regista Christoph Marthaler, con bozzetti di Anna Viebrock e un'unica scena in cui si svolge l'intera vicenda. Il luogo dove l'azione si colloca è il Círculo de Bellas Artes di Madrid, istituzione culturale privata fondata nel 1880 e ubicata in calle de Alcalá, luogo che pare proprio Mortier amasse frequentare e dove nacque l'idea di creare le scene di questa produzione.

Sulla scena carica e cupa, in coproduzione con l'Opera di Stuttgart, in epoca contemporanea, prendono vita i sogni di Hoffmann nel caffé, con le sue statue e sculture, nella sala da biliardo e nel salotto dello storico edificio, e il protagonista appariva più come un malato di mente che come un illuso e romantico idealista. I movimenti, assai caricati, dei personaggi apparivano carenti di immaginazione e in generale i tratti surrealisti apparivano confusi, pretenziosi e perfino soffocanti per il pubblico. Come avrebbe detto lo stesso Mortier, solo per "intellettuali".

In buca l'orchestra è stata più che soddisfacente, salvo alcune sbavature negli attacchi con il canto e alcuni tempi lenti e nodini, attribuibili alla bacchetta del francese Sylvain Cambreling. Il coro, da parte sua, ha offerto il suo contributo anche in condizioni e posizioni scomode. In somma, una recita in cui la parte musicale ha superato qualitativamente quella scenica.

Il ruolo di Hoffmann è stato interpretato da un discreto Eric Cutler, in possesso di una vocalità calda, ma anche leggera e dall'emissione gutturale, che penalizzava la chiarezza della linea di canto e della dizione. Il tenore ha comunque condotto in porto la sua parte senza però compensare vocalmente i limiti della recitazione imposta al suo personaggio. Nella sua duplice caratterizzazione di Niklausse e della Musa, caratterizata qui come una vagabonda alcolizzata, il leggendario mezzosoprano Anne Sofie von Otter ha saputo mettere in luce la sua grande esperienza in un contesto non facile, esibendo una voce potente, sonora, dalle piacevoli ombreggiature scure, qualità per le quali è stata la più festeggiata dal pubblico. Vito Priante interpretava i ruoli demoniaci con rigidità e scarsa presenza, senza incarnare, come richiesto, l'essenza del male, e in termini generali con un cnato secco e opaco. Il soprano Measha Brueggergosman ha dato vita ad Antonia e Giulietta, risultando miù credibile nel primo per il sentimento e l'emozione che ha infuso nel suo canto, ma è passata inosservata nel secondo, per la debolezza del registro grave e la scarsa sensualità. Da parte sua, Anna Durlovski ha mostrato virtuosismo e agilità quale Olympia, cui ha prestato una buona dose di grazia. A posto il resto del cast con i ruoli minori, fra i quali merita una menzione almeno l'esperienza di Jean-Philippe Lafont, voce ancora assai ampia e solida, come Luther e Crespel.