Così si scrive la storia

 di Roberta Pedrotti

Matteo Mainardi

Achille Cattaneo e i concerti nella Varese fascista

201 pagine

Zecchini Editore, Varese, 2015

ISBN 978-88-6540-139-2

“E così si scrive la storia” (le prime righe svelano la citazione) è il sottotitolo del volume dedicato alle vicende delle due società concertistiche che animarono la vita culturale di Varese fra il 1929 e il 1941 sotto l'egida dell'industriale illuminato Achille Cattaneo, dal dopoguerra dirigente della Ricordi. E, difatti, la rassegna sulla breve storia delle stagioni cameristiche promosse dal Raduno delle arti e dal Gruppo amici della musica si presenta come un utilissimo spaccato concreto e quotidiano della società italiana del tempo, dalla piccole sfide di campanile all'orgoglio della città appena elevata a capoluogo di provincia a dispetto delle vicine rivali, dall'iniziale convivenza di facciata con il regime, all'azione sempre più pervasiva di quest'ultimo nelle istituzioni e negli organi di stampa, con il progressivo montare dell'antisemitismo latente e di un razzismo sempre più disgustoso. Cattaneo fascista non fu mai – anzi, fu sempre sensibile ai diritti dei lavoratori accattivandosi le simpatia dei movimenti socialisti riformisti prima dell'avvento della dittatura – e non fu un eroe; convisse, è vero, con le autorità politiche del suo tempo ma evitò sempre fermamente di cedere a ingerenze di regime, ai suoi aspetti più biechi e squallidi. E se qualche nome gradito all'establishement di provincia qua e là nei cartelloni apparve, se fu sempre più difficile scritturare musicisti di origine ebraica o genericamente “non ariana”, la volontà d'indipendenza e di coinvolgimento cosmopolita non mancò mai. Il repertorio classico austrotedesco o le novità “italianissime” si affiancarono anche alle opere più recenti del nemico francese, e perfino jazz, musicisti afroamericani, nel 1938 il gruppo formato l'anno prima dai membri ebrei dei berlinesi Comedian Harmonists cui era stato proibito di esibirsi in patria. Non senza difficoltà, con qualche veto anche improvviso, ma sempre nel segno di un'autonomia dell'arte rispetto alla politica e una ricerca della qualità che vide risplendere a Varese grandi nomi, come quelli di Arrau e Benedetti Michelangeli.

Così si è scritta la storia nella fase più dolorosa e delicata del nostro Novecento, come testimoniano le cronache, i dati raccolti con dedizione da Matteo Mainardi per fornire il quadro complesso attraverso il quale possiamo vedere le metamorfosi, i tratti melliflui, quelli placidamente opportunistici o quelli più spudoratamente aggressivi di un regime. Resta nel cuore, emblematica, la vicenda del pianista Renato Cohen, figlio del podestà di Verano Olona e festeggiato da tutta l'alta società in occasione del suo recital del 1931 e destinato a morire ad Auschwitz, martire di un regime che ha sempre occhieggiato all'antisemitismo latente ma ha saputo attrarre, come un ragno nella tela, nelle sue strutture anche ricchi ebrei inconsapevoli del destino inevitabile insito nella natura del fascismo.

Si passa in rassegna la storia amministrativa delle due società attive a Varese, prima il Raduno delle arti e poi il Gruppo amici della musica, integrate con la biografia, assai affascinante, di Cattaneo. Si ripercorre la storia degli organi di stampa locali, con le variazioni stilistiche ed estetiche dei diversi critici e le indicazioni politiche dei diversi direttori. Si scopre di volta in volta il rapporto con il pubblico, la sua composizione sociale, i prezzi dei biglietti e le modalità di accesso, le variazioni nell'affluenza. Mainardi mostra i fatti e rende in un momento non solo merito al mecenatismo di Cattaneo e alla buona fede e volontà indipendente di tanti artisti e collaboratori, ma anche il ritratto spietato perché oggettivo di un'Italia che è precipitata con incoscienza nella più terribile e quotidiana banalità del male: quello che fa della "razza" una categoria di esclusione o inclusione tacitamente accettata, con indifferenza, e preludio dell'orrore. Un ritratto ancor più efficace perché non si propone di essere l'analisi politica e storica del periodo. Anche così, appunto, si scrive la storia.

Lo stile, piano, è volutamente cronachistico, le note, assai sintetiche, si concentrano sui riferimenti bibliografici, e capita si torni su uno stesso evento osservandolo da diversi punti di vista in un racconto scandito fra una contestualizzazione storica, la biografia di Cattaneo e la sua carriera di imprenditore conciario di mecenate e filantropo, le attività concertistiche con il dettaglio delle serate con programmi e interpreti, il rapporto con la stampa, una bella raccolta fotografica e l'affettuosa intervista al nipote del mecenate. Completano piacevolmente il volume la presentazione di Marco Aceti e la prefazione di Cesare Fertonani.