Alle radici dell'opera francese

 di Pietro Gandetto

 

Philippe Quinault – Jean Baptiste Lully

Armide

a cura di Filippo Annunziata

Canone teatrale europeo 14, serie diretta da Anna Barsotti e Annamaria Cascetta

pp. 315

ISBN - 13: 978-8846743930

Edizioni ETS, 2015

Si può affermare senza troppe approssimazioni che la tradizione musicale francese affondi le sue radici in un genere che, sin dalla sua genesi, caratterizza, influenza e codifica gli stilemi dell’intero Seicento e dei secoli a venire, ovvero la tragédie lyrique. Un genere “da laboratorio” (citando lo stesso Filippo Annunziata) che,  grazie alla rivoluzione culturale portata avanti dal Re Sole, trova nell’Académie Royale de musique un ideale liquido amniotico in cui la tragedie lyrique nasce, cresce e viene data in pasto al pubblico.

Ma, per ben comprendere ciò che unisce tragédie lyrique e opera francese futura, è essenziale soffermarsi su quella che è forse la più nota ed emblematica espressione di questo genere, l’Armide di Jean Baptiste Lully su libretto di Philippe Quinault tratto dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, andata in scena per la prima volta il 15 febbraio 1686.

Con meticoloso cesello, il lavoro di Filippo Annunziata ripercorre dunque la genesi e gli impatti dell’opera, inquadrandola non solo sotto il profilo storico e musicologico, ma declinandone gli effetti sulla connotazione più edonistico-estetica del teatro musicale francese fino all’epoca contemporanea.

Annunziata dimostra come l’opera di Lully costituisca una pietra miliare nell’evoluzione dei canoni estetici e delle strutture portanti del teatro francese, fino a diventare un faro su cui le indagini filosofico-estetiche dei decenni a venire s’interrogheranno senza tregua. Tra tutti, emblematica l’enfasi riposta sulla componente del merveilleux, in contrapposizione con l’essenza razionalistica seicentesca del teatro (non solo musicale) francese.

In questo esercizio d’inquadramento, particolarmente interessante la declinazione del contesto post-lullista, in cui il milieu intellettuale della Francia settecentesca prende a modello la stessa Armide come punctum crucis dell’accesa polemica tra Jean Philippe Rameau e Jean-Jacques Rousseau, che fecero del monologo della protagonista un punto cruciale del loro contributo alla Querelle des Bouffons. Il primo, strenuo sostenitore della struttura armonica dell’opera, depositario dei mores del teatro francese; il secondo, espressione della nuova sensibilità preromantica, attento all’aspetto melodico del lavoro teatrale, e critico nei confronti dell’opera francese in favore dei differenti approdi di quella italiana.

Segue poi un’analisi interpretativa del libretto, la nota al testo, ben aderente al dato letterale linguistico, ma non meno attenta all’esegesi psicologica dei personaggi.

Infine, il volume presenta un appassionante florilegio delle opere e dei balletti incentrati sul tema di Armide, che tocca circa un centinaio di titoli passati in rassegna con un sintetico, ma incisivo, commento.  Tutto il lavoro è in doppia lingua con traduzioni curate dallo stesso autore.

Lo scrupolo scientifico e la meticolosa ricostruzione documentale delle fonti non impattano sulla scorrevolezza e l’immediata fruibilità del saggio di Annunziata, che finisce per essere per Armide quello che Armide stessa è per il teatro francese, ovvero un punto di riferimento per ogni indagine scientifica sulla materia.