Studio trascendentale

 di Roberta Pedrotti

 

P. Rattalino

Liszt pianista: tecnica e ideologia

pp. IV+156 - f.to cm. 17x24 - con esempi musicali

ISBN 978-88-6540-155-2

Zecchini Editore, 2016

Se dicessimo semplicemente che il nome di Piero Rattalino è una garanzia gli faremmo un torto, se non altro perché finiremmo per ridurre la riflessione critica sul suo lavoro a un principio d'autorità a cui chinare la testa. Ed è proprio il contrario della sensazione che trasmette la prosa informatissima del Nostro, che pare un vecchio amico con il quale intavolare un'amabile conversazione.

Rattalino, con cordialissima franchezza, ammette alcune lacune nei propri precedenti studi lisztiani (focalizzati su altri aspetti) e si propone di porvi rimedio con una sorta di garbato mea culpa che subito conquista la complicità del lettore, quella fiducia a livello emotivo che la ragione non può che accordare e ribadire a ogni paragrafo di fronte alla conoscenza minuziosa di fonti e documenti, all'analisi critica intelligente, alle considerazioni estetiche ben argomentate e di conseguenza sempre degne di riflessione.

L'eloquio ha la precisione e la chiarezza dell'estrema competenza, giacché il volume può farsi amare dal musicologo, dal pianista, dall'appassionato. Il dato tecnico non sfocia mai nello specialismo inziatico, né l'indubbia accessibilità conferisce al saggio un taglio eccessivamente divulgativo. Anzi, si tratta di un testo d'alto profilo intellettuale, nel quale però, la tecnica e l'ideologia del sottotitolo vanno a braccetto sì che l'una non soverchi l'altra, mentre la competenza faconda dell'autore assicura la piacevolezza della lettura, mantenendo il rigore scientifico mai asettico nel sondare un oggetto che di per sé si direbbe inconoscibile - l'arte di un pianista di cui non possediamo alcun documento sonoro e i cui allievi hanno palesato caratteristiche tali da non poter individuare l'influenza univoca di una scuola. Un'analisi così ben fondata su un suono perduto nel XIX secolo avrebbe quasi del miracoloso, se non riposasse nell'intelligente cultura non solo musicale di Rattalino.

La carriera di Liszt pianista, studente concertista e docente a sua volta parallelamente all'attività di compositore, viene scandita in quattro sequenze: il gusto biedermeier della formazione, l'imporsi di una personalità rivoluzionaria, la riflessione profonda sull'interpretazione in una fase definita “illuminista”, i tratti visionari ravvisabili negli ultimi anni. Queste tappe, senza perdere di vista il carattere monografico con vane divagazioni, permettono di tratteggiare in filigrana una storia dell'interpretazione pianistica che può essere anche dell'interpretazione musicale tout court là dove ci si sofferma sul rapporto con il pubblico nei diversi avvicendamenti politici (e Liszt fu molto attento, e non in senso populistico bensì vicino a forme spirituali di socialismo, alla fruibilità dell'arte da parte dei ceti più disagiati), sulla libertà dell'interprete, sul significato del virtuoso, sull'approccio agli autori del passato fra scrupolo filologico ed estro ri-creativo.

Rattalino ricava un monito e un'indicazione per il futuro del concertismo dall'analisi della figura e della responsabilità del virtuoso così come lo intende Liszt, non tanto nell'atletico e pirotecnico senso comune quanto come singolarità poetica profonda e acuta libera di evocare il senso della musica anche al di là de segno scritto dall'autore per i semplici esecutori o per gli interpreti. Quale che sia l'adesione finale del lettore a questa visione, l'attualità della riflessione resta ineludibile, l'articolarsi storico di diverse posizioni estetiche ed ermeneutiche evolutesi in strettissima relazione a una tecnica che alle loro esigenze rispondeva e che sollecitava nuovi interrogativi riguarda da vicino chiunque si occupi di arte e interpretazione. Per questo si tratta indubbiamente di uno splendido, piacevole, agile saggio per i pianisti e gli appassionati di piano, ma anche altri strumentisti, come i direttori d'orchestra, i cantanti, i musicofili e gli addetti ai lavori troveranno in queste pagine – oltre a una ricognizione originale e documentatissima su uno dei massimi artisti del XIX secolo, che non è poco – non pochi preziosi spunti di riflessione.

Non ci ha imposto la sua autorità come garanzia a priori, Piero Rattalino, ha dichiarato di aver voluto approfondire un argomento che gli stava a cuore e che gli rincresceva d'aver trascurato, ci ha presi per mano in una conversazione nella quale ci siamo lasciati guidare con piacere, come si fa quando si ascolta un amico affabile di cui si riconosce la competenza vasta e appassionata.