L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Dolce memoria

di Roberta Pedrotti

Italian Guitar Concert

musiche di Vivaldi, Giuliani, Sollima, Boccadoro

Emanuele Segre, chitarra

Carlo Boccadoro, direttore

Orchestra I pomeriggi musicali

registrazioni effettuate a Milano nel novembre 2018

CD Delos DE 3546, 2020

Si parte dal canto e si parte dalla tradizionale fluidità della chitarra, strumento agile che alla propria letteratura ha affiancato nei secoli una copiosissima messe di trascrizioni, variazioni, rielaborazioni. Su questa scia Emanuele Segre imbraccia il suo strumento e torna all'antico, alla pratica tanto in voga già nel Rinascimento della rilettura strumentale di un'aria cantata, in questo caso ispirandosi a Cessate omai cessate di Vivaldi. E nel segno del Prete Rosso questo Concerto Italiano prosegue con un brano invece idiomatico, o quasi, essendo il concerto in re minore RV 93 destinato al liuto, strumento affine ma non identico.

Riarrangiando la scrittura vocale e quella strumentale vivaldiana, Segre fissa con decisione delle radici che consolida con un autore simbolo della chitarra del primo Ottocento, Mauro Giuliani, e il suo Gran Quintetto in versione con orchestra d'archi, pezzo di grande interesse, che coglie l'umore del tempo, nella Vienna di Beethoven ma anche della Rossinimania. 

In questo breve excursus storico, il chitarrista milanese impone subito la sua idea di suono agile, brillante, di un fraseggio chiaro e netto; conferisce alle sue letture un'immagine di continuità attraverso secoli e stili per approdare ai due ghiotti bocconi contemporanei con le cui prime incisioni assolute culmina il programma. Lo stesso oggetto, il medesimo strumento interpreta, sempre riconoscibile e in evoluzione nella sua identità timbrica, lo spirito barocco, il crinale fra neoclassicismo belcanto e romanticismo, la musica di oggi.

The black owl di Giovanni Sollima dà pieno sviluppo a quei chiaroscuri che cominciavano a emergere da Vivaldi a Giuliani, il suono stesso si ammorbidisce, il timbro chiaro e penetrante tipico del tocco di Segre fa baluginare il volo notturno del gufo, il guizzare delle penne, mentre avvertiamo la profondità di ogni elemento dello strumento sia sollecitato con la sottigliezza suggerita dalle atmosfere di Sollima, plastica e insieme sfuggente come lo spettro nero e rapace che approda alla trasognata quieta antelucana.

Ancor più in Dulcis memoria II di Carlo Boccandoro il pizzico scintillante in note isolate o rapide figurazioni assume un sapore arcano, innestato com'è su un tessuto sospeso degli archi che sembra a sua volta invitare il chitarrista a svelare un mondo nascosto, spigoli, dissonanze, gesti che riemergono dal retroscena. Come a ribaltare la prospettiva rispetto alle forme passate, ma non rinnegandole, non in discontinuità: tutt'altro. Non per nulla, è un brano sulla memoria e sembra il sigillo ideale per un programma, dedicato da Segre alla madre, che si muove nel tempo fra trascrizioni e riarrangiamenti, intorno a un'idea luminosa di suono nel cui spettro si rivelano anche timbri e tinte nascosti. 

In questa galassia, Carlo Boccadoro sul podio dell'orchestra dei Pomeriggi musicali garantisce una coerenza e una continuità di prospettiva attraverso il tempo, fra le luci che arrivano da più lontano, dal Settecento e dall'Ottocento, e quelle più prossime in cui riconosciamo echi antichi, ombre e pieghe che le distanze non hanno filtrato.


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