L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'incanto dell'inganno

 di Roberta Pedrotti

Julia Lezhneva: Handel

musiche da:

La resurrrezione, Il trionfo del Tempo e del Disinganno, Dixit Dominus, Agrippina, Salve Regina, Apollo e Dafne

soprano Julia Lezhneva

direttore Giovanni Antonini

Il Giardino Armonico

CD DECCA 478 6766, 2015

Julia Lezhneva ha appena compiuto ventisei anni; non ne aveva ancora diciannove quando la ascoltai per la prima volta in cimenti rossiniani precoci, sovraesposti e, continuo a pensare, alieni alle sue peculiarità vocali e artistiche. Allora la giudicai molto severamente. Sono, perciò, ancor più lieta di ritrovarla oggi, ancor giovanissima e di riscoprirla con una identità nuova e decisa che ha permesso alla sua particolarità timbrica, a quella duttilità folle che avrebbe potuto rivelarsi un'arma a doppio taglio di affinarsi, organizzarsi, svilupparsi nel terreno più propizio, quello del canto barocco. Perché Julia Lezhneva è indubbiamente una cantante geneticamente barocca, non solo per la propensione dei mezzi verso questo repertorio, ma per il suo carattere eccentrico, per quella fenomenale stravaganza che calza come un guanto all'estetica dell'età dei castrati.

Allo stesso modo le si confanno le arie del giovane Handel (manteniamo, come nel cofanetto, la grafia originale tedesca) che poco più che ventenne, più o meno coetaneo della Lezhneva, miete i primi successi e affina competenze ed esperienze in Italia, a contatto con la grande tradizione oratoriale e allegorica romana, con la scuola napoletana e con il vivacissimo teatro veneziano, senza farsi mancare una proficua tappa fiorentina con la prima del Rodrigo, la prima opera vera e propria pervenutaci del Sassone.

La freschezza inventiva rigogliosa delle pagine inanellate nel CD è abbracciata con entusiasmo dalla Lezhneva, che si getta a capofitto fra filati, trilli, staccati, suoni ribattuti, insomma, con tutto il più articolato armamentario del canto barocco. Quel suo timbro così particolare, enigmatico, con un che di cangiante intriga proprio per quel sapore indefinibile, che sfugge talora i canoni della bellezza classica, talora li incarna con bagliori lunari e opalescenti. Non ci si stanca all'ascolto, perché nei fili di ragnatela del vocalizzare del soprano siberiano fra arie patetiche e agitate si ravvisa sempre un certo qual mistero inafferrabile, una sorta di gioco di prestigio con il principio stesso dell'illusione prospettica barocca. Se un consiglio le si potrà dare, sarà quello di curare meglio la parola, che talora non è nettamente intellegibile come si vorrebbe: giacché la dizione è già piuttosto buona e lo studio, oltre al talento e alla comunicativa, è ben evidente non v'è dubbio che Julia Lezhneva potrà ben sviluppare una più scaltrita retorica e articolazione del testo, per esempio in una maggiore sensualità in "Lascia la spina" o evitando il rischio di toni un po' queruli nel lamento di Agrippina.

Di certo, questa è la sua strada e ci auguriamo di cuore non l'abbandoni mai, continuando da darci soddisfazioni con continue scoperte là dove troppi tesori sono ancora nascosti o noti a pochi.

Il Giardino armonico diretto da Giovanni Antonini – anche flauto obbligato nell'aria da Apollo e Dafne, mentre Dmitry Sinovsky è violino solista affiancato in “Come nembo che fugge col vento” dal collega di strumento Marco Bianchi e dall'oboista Thomas Meraner – si produce anche nella Sinfonia da Agrippina offre un accompagnamento di qualità, sempre efficace, per quanto si sarebbe potuto desiderare un po' più di mordente, uno smalto più personale, sia esso più morbido e pastello o più contrastato e propulsivo.

Il CD è dedicato a Elena Obraztova, recentemente scomparsa e prima scopritrice e mentore, nel concorso a lei dedicato, di Julia Lezhneva. Ci aveva visto giusto.


 

 

 
 
 

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