L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Sacra poesia

 di Roberta Pedrotti

N. Rota

Sacred Works

Mysterium, C'era una volta nella grotta, Il presepio, Il Natale degli innocenti

Xanthoudakis, Colombini, Bridelli, Liberatore, Giusti, Buratto

Eugenio Maria Fagiani, organo

Giuseppe Grazioli, direttore

Orchestra, Coro e Coro di voci bianche di Milano Giuseppe Verdi

2 CD, DECCA 481 4799, 2016

Entrare nel mondo di Nino Rota vuol dire entrare in un mondo a sé, una bolla incantata in cui i mondi circostanti, noti e battuti, si riflettono fondendosi in sagome singolari. Il coltissimo Rota conosce bene le avanguardie, i neoclassicismi e gli arcaismi del suo tempo, la musica popolare, gli studi di etnomusicologia, la più alta dottrina compositiva ufficiale e ribelle, la storia celebrata e quella nascosta; non si atteggia, però, a erudito, non abbraccia una corrente e un disegno programmatico. Nino Rota riesce a comprendere tutta questa scienza nella scintilla di genio che è lo sguardo sapiente di un bambino, puro e fuori dal tempo, veggente e incantato come un fanciullino pascoliano. Nelle piccole cose si cela l'universale, il pensiero più sofisticato prende forma in una saggia semplicità.

Sia il latino neo e veterotestametario o teologico, sia lo stesso tradotto in italiano o il volgare della tradizione popolare, Rota li tratta con la medesima consapevole e affettuosa confidenza, padroneggiando le articolazioni metriche dell'Ars Nova o del Gregoriano senza che mai questa sapienza sfoci nel mero esercizio di stile: ancora una volta, il mondo di Nino Rota la filtra attraverso il suo sguardo e la fa propria, umanissima e divina espressione di spirtualità in musica, profondamente, dichiaratamente ecumenica.

L'uso delle voci bianche, e la predilezione fra i solisti di soprani e tenori, dà sostanza timbrica all'innocente serenità della concezione di Nino Rota, che non vagheggia un ideale di purezza, bensì lo vive con totale convinzione: con cura raffinatissima la vastità del sapere profondo e curioso dell'autore si fonde in un messaggio chiaro, limpido, perfettamente delineato nei contorni, nei colori, nei dettagli.

I versi popolari del Presepio, noti in diverse intonazioni tradizionali e varianti regionali, hanno una dolcezza immediata, ma anche una mestizia insopprimibile, un disegno degli archi articolato con sapiente arcaismo sì da evocare non solo echi della grande tradizione sacra, ma anche del Lamento della Madonna di Jacopone. Per contro il mottetto Psallite ha un andamento guizzante che può ammiccare all'immagine biblica della danza di Re David, ma anche a una gioiosità popolare, elaborata con un gusto e un'arguta economia di mezzi non inferiore a certi passi di Stravinskij o Britten. Nondimeno proprio l'utilizzo di timbri infantili e registri più acuti accompagna all'affetto intimo e delicato dell'innocenza un colore traslucido che dal fiabesco può sfumare nell'astratto, dall'incantato al diafano e all'iridescente. Ecco, dunque, che Rota unisce all'innocenza del fanciullino il suo sguardo veggente, che si conferma poeta nell'incanto e nella profondità lungimirante, non seconda a nessuno dei grandi che costeggiano il suo mondo estetico unico e inconfondibile.

Un mondo ricco, in realtà, anche di chiaroscuri, come conferma il sofisticato oratorio Mysterium, che da frammenti neotestamentari e d'ambito teologico cristiano giunge in conclusione, ai Salmi biblici; dall'incarnazione di Gesù, dall'Eucarestia e dal concetto di chiesa giunge al messaggio festosamente ecumenico “Ecce quam bonum et quam jucundum | habitare fratres in unum” (“Ecco quanto è bello e quanto è dolce | che fratelli abitino in unità”), senza distinzioni confessionali. Qui la solennità austera dei versetti e dei dogmi è affidata principalmente al basso solista, occasionalmente a contralto e tenore. A questi, in assenza della voce più grave, si uniscono il soprano e il coro nell'esultanza gioconda per l'unità nell'amore divino, è, tuttavia, l'assieme del coro e soprattutto, ancora, il sopraggiungere delle voci bianche, con la loro lieve freschezza, a suggellare ogni sequenza, come se il Verbo solennemente proclamato si tramutasse in un crescendo ciclico di giubilo, speranza, comunione universale.

Il senso del sacro di Nino Rota è come la sua musica: vasto e profondo nella conoscenza, puro e limpido nello spirito, capace di saggio stupore, di incanto veggente, di vera poesia, sempre sincero.

Giuseppe Grazioli lo dirige con amore, per gli opera omnia realizzati in collaborazione fra l'Orchestra Verdi di Milano e la Decca, l'esecuzione è accurata e sempre attendibile, con prove efficaci di tutti gli interpreti, solisti, cori, strumentisti.

L'agile cofanetto – una doppia busta in cartone – custodisce un'incisione di buon livello tecnico e le note affidate al concertatore, con un accorato ricordo della registrazione di Mysterium all'indomani dell'attentato alla redazione di Charlie Hebdo, e a Paolo Isotta. Fedele al suo stile, quest'ultimo seguiterà a essere apprezzato dai suoi estimatori, ad apparire, quantomeno, un tantino compiaciuto e autoreferenziale, per quanto informatissimo, al resto del mondo.


 

 

 
 
 

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