L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Palestrina, Missa Papae Marcelli

Palestrina hic et nunc 

 di Roberta Pedrotti

Giovanni Pierluigi da Palestrina

Missa Papae Marcelli

Mottetti

Cappella musicale pontificia Sistina

maestro dei Pueri cantores Marcos Pavan

direttore Massimo Palombella

febbraio-aprile 2016

CD Deutsche Grammophon 00289 479 6131, 2016

Ogni suono abita uno spazio, talora si potrebbe perfino dire che ne è parte fisica e tangibile; ogni musica ha la sua casa ideale, vuoi per atmosfera e tipo di fruizione, vuoi in senso stretto per resa acustica e riverberi.

La casa della Missa papae Marcelli è uno dei luoghi più belli del mondo, quella Cappella Sistina che si schiude come un miracolo a i corridoi più angusti e spogli dei Musei Vaticani. Anche in disco sembra di riconoscere il librarsi del canto nella sua dimora naturale, infilarsi nella grata della transenna, scorrere gli affreschi fin lassù, fra Profeti e Sibille, scivolando per le storie della Genesi fino a contemplare il Giudizio Universale. Le voci dei cantori della Cappella sono anch’essi parte fisica della Cappella e la loro forma si distingue precisa quando la Missa papae Marcelli torna a casa per consegnarsi al CD.

Non è, però, solo la suggestione dell’identità fra luogo e suono, oltre che la corrispondente residenza del complesso vocale specializzato in sommo grado in questo repertorio, a costituire il valore di questa incisione. Non è nemmeno la mitologia di cui è aureolata la partitura, causa leggendaria del salvataggio della polifonia sacra dalle mire censorie del Concilio di Trento. È il fatto che il peso della fama, della tradizione, della sede non schiacci l’esecuzione, bensì fornisca lo slancio per un volo ben altrimenti leggiadro. Merito del maestro Massimo Palombella, che colloca con precisione scientifica il punto d’appoggio perché la leva bilanci i pesi nel modo più vantaggioso. Il suo bel saggio, scritto con profonda devozione ma con non minore perizia musicologica e lungimiranza sì da rendersi godibile e stimolante a prescindere dalla fede, illustra le ponderate scelte sia in ordine alla filologia delle fonti (è espunto, per esempio, con buoni argomenti l’Agnus Dei a sette voci), sia alla prassi esecutiva. Degna di nota è anche la riflessione tesa a prendere le distanze dalle posizioni di chi vede nel Concilio Vaticano II la fine nefanda della secolare tradizione musicale pontificia e cattolica: le maggiori glorie artistiche della Chiesa, nota Palombella, sono vissute già in passato non nella conservazione, bensì nell’attenzione all’oggi e ai nuovi linguaggi. Così noi anche nell’approccio alla musica antica non dovremmo fossilizzarci nell’abitudine, ma “ricercare la pertinenza estetica, ingegnarsi per essere ‘infedelmente fedeli’ a un mondo lontano da noi” con “studio quotidiano, ricerca e sperimentazione”. Come non essere d’accordo, e non solo parlando di polifonia tardorinascimentale?

Coincidendo l’incisione con l’anno giubilare dedicato alla misericordia, il coro della Cappella Sistina non può esimersi dal completare il CD monografico con una serie di mottetti palestriniani selezionati proprio secondo questo comun denominatore, chiudendo con la preghiera per eccellenza alla Mater Misericordiae, l’Ave Maria, che vedeva il coro posizionato in cantoria e non di fronte all'altare come per gli altri brani, oltre alla scelta, sempre in un'ottica di ricerca sonora e sperimentazione, di falsettisti in luogo di fanciulli solisti.

Le voci virili e i Pueri cantores, con una rosa di voci sole veramente angeliche, sono semplicemente impeccabili per preparazione, ispirazione, soave levigatezza e compattezza timbrica; il carattere intimo dell’esecuzione nello spazio della Cappella non si ferma alle intenzioni annunciate da Palombella, ma si concretizza limpidissimo nella parola, nella prosodia, nell’intonazione e nel metro.

Poco importa se davvero Palestrina abbia salvato così, ai suoi tempi, la polifonia sacra: di certo la sua eredità in interpretazioni come queste continua a salvare, anche per chi non crede, un’idea sacra di musica (e filologia) che non si cristallizzi in sé stessa ma che continui a vivere per un pubblico contemporaneo.

Ottimamente spaziata l'incisione, ben curato il libretto, con tutti i testi cantati e il saggio di Palombella in italiano, inglese, francese e tedesco. Le fotografie sono pure splendide, ma, dato il luogo, non poteva proprio essere altrimenti.


 

 

 
 
 

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