Il saggio perfettibile

 di Giuseppe Guggino

Vincenzo Bellini

Adelson e Salvini

Barcellona, Scala, Alberghini, Muraro

BBC Symphony Orchestra

Opera Rara Chorus

direttore Daniele Rustioni

Maida Vale Studios, London, maggio 2016

2CD Opera Rara ORC56

Correva il carnevale dell’anno 1825, quando nel teatrino del Real Collegio di musica di San Sebastiano a Napoli, un giovanissimo Vincenzo Bellini licenziava sotto forma di saggio di congedo dagli studi la prima delle dieci opere del proprio catalogo. Il libretto scelto era un vecchio dramma semiserio di Andrea Leone Tottola già musicato da Valentino Fioravanti nel 1816 la cui vicenda, per la verità un poco bislacca, è tutta imperniata sugli spropositi iperbolici del pittore italiano Salvini (tenore) combattuto tra l’amicizia per il suo benefattore, Lord Adelson (baritono), e l’amore – non corrisposto – per la promessa a quest’ultimo, Nelly (soprano che non sale e né scende, scritto in realtà per la voce maschile dello studente allora quindicenne Giacinto Marras). L’opera, coronata dal matrimonio tra Nelly e Adelson, nonostante gli intrighi del perfido Struley (basso), nonché con la ripartenza per l’Italia di Salvini e del servo Bonifacio Voccafrolla, buffo napoletano (nella versione da saggio di Conservatorio), si componeva di tredici numeri (organizzati in tre atti) inframezzati da dialoghi parlati.

In realtà il saggio era molto promettente ma molto perfettibile, e tal dovette sembrare allo stesso Bellini che, dietro i consigli dell’amico Florimo, tra il 1926 e il 1929 si adoperò per un’ampia revisione su quasi tutti i numeri con sezioni riscritte o con pezzi interamente sostituiti, con la conversione del buffo napoletano nell’italiano Bonifacio Beccheria e con l’assetto più equilibrato in due atti, il tutto in vista di una ripresa al Teatro del Fondo che in realtà non avvenne mai (con spartito però stampato da Ricordi nel 1903, nell’ambito dell’edizione nazionale delle opere belliniane).

La cosiddetta “seconda versione” approdò sulle scene solamente nel 1992, al Teatro Bellini di Catania (con testimonianza live della Nuova Era) mentre la prima versione, rappresentata all’Università di Catania da volenterosi studenti non italiani madrelingua nel 1988 (ahinoi esiste testimonianza live anche di questo ricupero) approda ora al disco ufficiale per Opera Rara con il medesimo tallone d’achille, ossia una realizzazione dei dialoghi, nonostante la presenza di un italian coach nel team d’incisione, piuttosto caricaturale sia in termini di dizione che di recitazione.

Così come l’opera, nella versione da licenza dagli studi, appare musicalmente perfettibile, anche l’incisione pare dimostrarsi un saggio molto volenteroso sulla realizzazione belliniana, che avrebbe potuto meglio realizzarsi su tutti i versati o quasi, se si eccettua la presenza di Daniela Barcellona che, alle prese con la parte di Nelly, sortisce con un’intonazione molto accurata della romanza “Dopo l’oscuro nembo” in mi minore (che altro non sarebbe se non il cantabile, poi trasposto in sol minore, della Cavatina di Giulietta nei Capuleti). Il mezzosoprano triestino, nell’appendice dell’incisione, si produce anche in una versione della medesima romanza in re minore (che, nella seconda versione dell’opera, approderà persino in fa minore) ed esibisce per il resto dell’opera un bel legato consono a belliniano, scivolando appena in affanno nella versione alternativa dell’ultimo tempo del duetto con Salvini, inciso anch’esso come appendice.

Dei due protagonisti maschili occorre osservare che sia Enea Scala che Simone Alberghini, chiamati a prendere parte all’incisione in luogo di altri artisti a suo tempo annunciati, cantano le rispettive parti con consapevolezza, ma senza quella fluidità e quella malìa timbrica che un ordito melodico così cristallino necessiterebbe, probabilmente a causa di una lettura in tempi contingentati.

Più riuscita la realizzazione di Bonifacio di Maurizio Muraro, in un ruolo sovente chiamato a inanellare ribattuti sulla medesima nota (che non potrebbero dirsi sillabati, in quanto privi della vorticosità agogica propria del Rossini buffo) ma che deve districarsi col napoletano e nei concertati a disegnare un personaggio a tutto tondo, cosa che, pur nella prospettiva parziale dell’incisione audio, gli riesce bene.

Lo Struley di Rodion Pogossov canta con voce chiara ma piuttosto bene sia l’aria di sortita nel primo atto che l’aria con cori (vaga suggestione anticipatoria dei cori della Sonnambula) incisa in appendice; il Geronio di David Soar ne è degno scagnozzo. Plausibile è la Madama Rivers di Leah-Marian Jones mentre Kathryn Rudge è una Fanny un poco troppo malferma.

La BBC Symphony Orchestra suona precisa e un po’ troppo inglese, così come il Coro dell’Opera Rara preparato da Stephen Bryant; forse perché Daniele Rustioni non riesce a infondere l’italico gioco di timbri e dinamiche che in un’improbabile intreccio dovrebbero divenire ragione del tutto.

Le note del booklet sono di Benjamin Walton con un’appendice di Fabrizio Della Seta a chiarire sinteticamente le provenienze dei materiali musicali impiegati per confezionale l’edizione critica preliminare adoperata nell’incisione. Saggio perfettibile sì, ma non privo della consueta veste elegante tipica dell’etichetta inglese.