Il senso di Ariosti per il teatro

 di Roberta Pedrotti

A. Ariosti

London: arias for alto

brani da Vespasiano, I gloriosi prodigi di Scipione l'Africano, Caio Marzio Coriolano, Aquilio Consolo, Dario, Tito Manlio, La profezia d'Eliseo nell'assedio di Samaria, La madre de' Maccabei

Filippo Mineccia, controtenore

Andrea Friggi, direttore

Ensemble Odyssee

registrato a Diemen (Olanda) nel gennaio 2015

CD Glossa, GCD 923506, 2016

Fra XVII e XVII secolo senza dubbio per artisti e letterati una posizione sociale in seno alla Chiesa, senza escludere sincere vocazioni, poteva costituire una buona sicurezza negli incerti di un'esistenza dedicata a studi e attività creative. Con il sacerdote Antonio Vivaldi e l'abate Lorenzo Da Ponte si ricorderà, dunque, anche frate Ottavio dei Servi di Maria, al secolo Attilio Ariosti, amico di Leibniz, amante dei lussi, diplomatico abile e non poco intrigante, strumentista di vaglia, cantante e compositore che a Londra condivise le scene con Handel e Bononcini. Per quanto le sue fortune siano tramontate con una certa rapidità, sopraffatte dalle mode, seppe guadagnarsi la stima degli illustri colleghi e riuscì a collaborare con alcuni dei maggiori divi sulla piazza, primo fra tutti il castrato Senesino.

Forse proprio il richiamo del mitico contralto toscano ha indotto Filippo Mineccia, contraltista formatosi musicalmente anche sul violoncello, a promuovere insieme con l'Ensemble Odyssee di Andrea Friggi l'incisione di un CD dedicato agli anni londinesi di Ariosti, progetto concretizzatosi grazie a una provvidenziale raccolta fondi on line.

Il quadro che si prospetta dalle note di copertina di Friggi prende vita ed eloquenza all'ascolto di una serie di arie di grande pregnanza espressiva, mosse da una sincera teatralità basata sulla parola accentata con quell'intenzione che travalica senza sovraccarichi i confini linguistici fra l'italiano del libretto e l'inglese del pubblico. Nella voce dal timbro piacevolmente androgino, per nulla intimidita dalle discese più estreme nel registro grave, di Filippo Mineccia trovano efficacissima espressione grazie all'intelligente musicalità e all'eleganza del porgere la parola e sbalzare l'affetto, specie nella mirabile scena di catene da Caio Marzio Coriolano (1723). Questa costituisce il cuore del programma per la forza dell'articolazione drammatica e l'esaltazione di un colore strumentale che in Ariosti, accuratissimo nel precisare gli organici nelle sue partiture, è caratteristica peculiare, forse la più interessante.

Merita, dunque, una lode particolare l'impegno dell'Ensemble Odysee e di Andrea Friggi, anche cembalista, in un assortimento strumentale assai colorito, fra archi (violini primi e secondi, viole, violoncelli e violoni), fiati (flauti dolci, oboi, fagotti e trombe, queste ultime sollecitatissime in una Sinfonia dalla Profezia d'Eliseo nell'assedio di Samaria, del 1705, sempre sul filo del rasoio), tiorba e tastiere anche in veste solistica e non solo al continuo. Voci e strumenti si integrano alla perfezione, sia per colori sia per intenzione espressiva e sensibilità musicale, rendendo tutta la personalità di un vulcanico monaco avventuriero dal formidabile istinto teatral-musicale.