Il Walzer di Lohengrin

 di Roberta Pedrotti

From Mary Lou to Meistersinger

brani di Beethoven, Weber, Brahms, Wagner, Mahler, Weill, Kálmán, J. Strauss II, Lehár, Offenbach etc.

René Kollo, tenore

Margaret Price (Isolde), Brigitte Fassbänder (Brangäne), Dietrich Fischer-Dieskau (Kurwenal) Victor Braun (Wolfram), Milva (Jenny), Julia Várady (Rosalinde) etc.

Leonard Bernstein, Carlos Kleiber, Rafael Kubelik, Giuseppe Sinopoli, Georg Solti etc. direttori d'orchestra

Registrazioni effettuate fra il 1961 e il 1988

2 CD Deutsche Grammophon, 482 8826

L'occasione dell'ottantesimo compleanno di René Kollo, festeggiato nel 2017, è stata ben colta dalla Deutsche Grammophon con la pubblicazione di un'antologia gustosa ed eloquente dedicata al tenore tedesco. Due CD restituiscono due volti, quello dell'heldentenor e dell'interprete d'operetta, del teatro musicale di Brecht/Weill, di canti popolari; due volti che, alla fine, si scoprono esattamente e felicemente il medesimo.

La simpatica curiosità, presentata come bonus, di un ventiquatrenne Kollo alle prese con la versione tedesca dell'americana Hello, Mary Lou (ed ecco che fra le sonorità country capolinano campanacci alpini) ci fa ascoltare la voce fresca, divertita e non impostata del futuro Siegfried. Tecnica e repertorio cambieranno presto, ma il piacere genuino del canto, di far musica e comunicare attraverso essa non sembra mai abbandonarlo. Né l'abbandona la voce, ché sostanzialmente nell'arco della sua carriera tenorile, dai brani dei primi anni Settanta a quelli degli anni Ottanta inoltrati, si potrà rimodulare il peso delle parti affrontate, ma la qualità del suono non si appanna che minimamente. E per Lohengrin diventare Macheath (accanto a Milva!) non è un affronto, ma una nuova sfida da affrontare con la medesima dedizione, con entusiasmo, con la stessa cura della parola e dell'espressione. Ecco perché i due volti di Kollo combaciano, perché è un cantante moderno, un emblema del rinnovamento della Bayreuth del Ring firmato da Boulez e Chéreau: un tenore dotato di physique du rôle, un attore e un interprete a tutto tondo, disponibile agli stimoli di nuove letture senza pregiudizi. Il suo Wagner è piacevolmente fresco e appassionato, e si guadagna il suo posto nella storia. Con charme, più che con incrollabile titanismo vocale. 

Specularmente, quando canta in Wiener Blut o nella Fledermaus, per non parlare di Das Land des Lächelns con quel legato elegiaco in tessiture scomodissime, ribadisce con lo spirito e la duttilità l'operetta che esiga anche voce, e che voce! Non meno di Fidelio e del Freischütz. Anzi, la pratica di Florestano (con il suggestivo filato d'apertura di "Gott! Welch Dunkel hier!") può ben giovare ad Alfred, quella di Sou-Chong a Max, e perfino a Tristan. Ai giorni nostri basterebbe pensare a come Piotr Beczala canti e ami gli Strauss viennesi e Lehàr e si affermi con egual facilità come Lohengrin. E se anche è stato un cameo di fine carriera, è difficile non ricordare anche lo strepitoso Orlovsky di Wolfgang Windgassen, in grado di dissipare ogni legittima perplessità sul cambio di registro da mezzosoprano a tenore. L'arguzia sottile, l'ironia, il senso spiritoso della parola cantata sono propri dei grandi artisti: chi li possiede per walzer e champagne, può contare su un bel vantaggio anche nel più solenne dramma teutonico.

René Kollo dà, insomma, una lezione di stile, musicalità e intelligenza artistica nell'ascolto ravvicinato di Wagner e Kálmán. Se poi la sua discografia è tanto lussuosa da presentarci queste esecuzioni con bacchette come Bernstein, Kleiber, Solti, Kubelik e Sinopoli, se i partner vocali sono nondimeno blasonati, il piacere cresce esponenzialmente.

Come Lohengrin non ha voluto rimanere a contemplare il Graal, ma scendere all'umanità, così Kollo non ha voluto consacrarsi solo al Graal dell'arte tedesca. Lo ha affermato lo stesso tenore berlinese, e che il maestro cantore Walther abbia compreso il valore e l'impegno del disimpegno è stata, senz'altro, una gran fortuna.