Il gusto per Verdi

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

G. Verdi

arie e duetti da Aida, Il trovatore, La forza del destino, Don Carlo, Otello

Joseph Calleja, tenore

Angela Gheorghiu, soprano

Vittorio Vitelli, baritono

Ramon Tebar, direttore

Orquestra de la Comunitat Valenciana

CD Decca 483 1539 DH, 2018

 

Il CD dedicato a Giuseppe Verdi da Joseph Calleja non ha alcuna pretesa di ricercatezza nella scelta di rarità: si tratta di titoli del grande repertorio operistico; cinque opere fra le più celebri del compositore bussetano, da cui ascoltiamo le cui principali pagine affidate al registro di tenore.

Aida, Il trovatore, La forza del destino, Don Carlo, Otello sono interpretate con grande attenzione fraseggio e al cantabile, senza alcuna concessione a portamenti di comodo o accentazioni sopra le righe. Non è un caso, infatti, che i momenti migliori del canto di Calleja siano caratterizzati dalla raffinatezza e dalla musicalità. Già nel primo brano, “Se quel guerrier io fossi! ... Celeste Aida”, Calleja concede un fraseggio nobile, certamente consono al grado di un generale, ma soprattutto a un uomo innamorato. Il sib finale è eseguito “morendo”, secondo l’indicazione verdiana, con gran dolcezza, quasi Radames si stesse abbandonando al sogno dell’amata principessa etiope.

Merita assai l’esecuzione integrale dell’aria “Ah! Sì, ben mio…” e della cabaletta “Di quella pira” da Il trovatore, ma convince maggiormente l’interpretazione del recitativo e aria da La forza del destino “La vita è inferno all’infelice!... Oh tu che in seno agli angeli”, in cui la purezza della linea si affianca all’intensità del fraseggio. Piace in particolare il modo di porgere espressioni come “eternamente pura” o “non iscordar di volger lo sguardo a me tapino”.

Seguono il duetto da La forza del destino, “Invano Alvaro”, e quello dal Don Carlo, “Dio, che nell’alma infondere”, entrambi affrontati con cura ed espressione. In entrambi i casi Calleja è affiancato dal baritono Vittorio Vitelli.

Il disco si conclude con un’ampia selezione dedicata a Otello ed è un altro duetto ad accompagnarci sull’isola di Cipro, con “Già nella notte densa”, per il quale a Calleja si unisce Angela Gheorghiu. Qui il tenore sfrutta ancora tutta la preparazione musicale e la perizia tecnica per esprimere un sentimento amoroso attraverso colori sfumati e cura del canto sul fiato. Ancora un duetto con il baritono (sempre Vittorio Vitelli) e una pagina splendida come “Oh mostruosa colpa! ... Sì, per ciel marmoreo giuro!”.

Forse l’interpretazione di “Dio! Mi potevi scagliar” è l’unico momento veramente capace di superare, in questo disco, l'aria da La forza del destino. Calleja ha ancora una volta la possibilità di sfruttare appieno le sue capacità espressive e la morbidezza del cantabile, ma l’incommensurabile bellezza di un libretto scritto da colui che fu (a parere del sottoscritto) inarrivabile poeta del melodramma italiano, Arrigo Boito, conferisce all’intensità della prosodia musicale un linea testuale memorabile, ben sfruttata da Calleja.

Chiusa del CD è “Niun mi tema”, sempre da Otello. Anche questo è certamente un brano splendido, col solo difetto che la grandezza del libretto sovrasta quello di una musica che pare esser già contenuta nei grafemi di Boito. Calleja sa essere commovente per la partecipazione con cui pronunzia le gemme della catena lessicale, nel delineare, ancora amorevole, parole quali “fredda come la casta tua vita... e in cielo assorta”; è coinvolgente nello schiarire la voce (in contrasto con i funebri bassi orchestrali) per chiamare l’amata a cui egli stesso aveva tolto la vita accecato dal sospetto. Nell’esalare l’ultimo sospiro per sua stessa mano traspare l’onirico delirio della morte ammantato dall’elegia della richiesta di un ultimo bacio ed è qui che Verdi e Boito si ritrovano nella grandezza testimoniata da Calleja.

Tutti i brani erano accompagnati dalla buona Orquestra de la Comunitat Valenciana, con il contributo del coro Apollo Voices per l’esecuzione della Pira.

Unico neo dell’incisione è la concertazione di Ramón Tebar, corretto dal punto di vista tecnico, ma anodino nell'interpretazione e privo di intensità sia nell’agogica, sia nella dinamica.

Per quanto concerne i testi d'accompagnamento è da ritenersi assurda la scelta di inserire una “nota personale” (così viene definita) a firma di Andrea Bocelli. Appare assurdo far commentare un CD di uno fra i più importanti artisti lirici d’oggi a un noto interprete crossover, dalle capacità musicali eufemisticamente discutibili, ma di certo completamente estraneo al reale mondo della lirica, senza scomodare i livelli di qualità: si tratta di mondi diversi. Questo fa cadere ingiustamente in secondo piano le note musicologiche di Erica Jeal, poste dopo l’intervento di Bocelli.