Don Giovanni alla frescura

 di Giuseppe Guggino

Nella piacevolissima cornice di Villa Margherita il Don Giovanni mozartiano inaugura l’edizione 2015 del Luglio Musicale Trapanese, che giunge dopo una serie di concerti estremamente interessanti distribuiti nell’arco di tutta la primavera. La frescura sotto i due ficus secolari che fanno da proscenio naturale dello spazio en plein air si riflette anche sul cast, con alcuni giovani interessanti e qualche innesto di maggiore esperienza, talvolta dalla freschezza vocale non inferiore a quella dei primi.

Trapani, 4 luglio 2015 - Trapani è una bellissima città da visitare nella quale, rispetto ai centri maggiori della Sicilia, si tende a conciliare con maggior successo il divertimento all’aperto (coi decibel sotto controllo) a un’attività di civilizzazione musicale della città con esiti in termini di vivibilità e decoro piuttosto evidenti; da un paio d’anni a questa parte nell’impresa di avvicinamento alla musica si distingue con successo l’Ente Luglio Musicale Trapanese che, forte di un nuovo assetto evidentemente funzionante, è dedito alla programmazione, oltre che della canonica stagione operistica di luglio (con le prove aperte al pubblico a prezzi simbolici), di una serie di concerti (anche per le vie del centro storico), alla ricerca di quella proficua sinergia con le altre istituzioni musicali cittadine - altrove spesso predicata solo a parole - che invece qui si realizza a partire dal Conservatorio Scontrino di Trapani. Il modello pare economicamente sostenibile (complessi stagionali dal costo di circa 300mila€ e valore complessivo della produzione di circa 1mln€ di cui 700mila€ pubblici e la parte rimanente dall’incasso – mica male – al botteghino), sicché, anche a fronte di esiti artistici volenterosi, seppur con ampi margini di miglioramento, il vacanziere musicofilo può anche tornare a includere Trapani tra le possibili mete vacanziere estive.

L’ipotetico vacanziere del 4 luglio avrebbe così passato una bella serata all’insegna della frescura, ritrovando innanzi tutto Stefano Rinaldi Miliani, solidissimo basso negli anni ’90 assiduo in piazze operistiche anche prestigiose, che alle prese con Leoporello sorprende per saldezza e smalto della linea di canto dopo tanti anni di carriera. Avrebbe trovato anche tanti giovani solisti non tutti di eguale bravura, ma tutti non privi elementi di interesse. A cominciare da Gianluca Margheri nel ruolo eponimo, capace di disegnare uno sfrontatissimo burlador di Siviglia, interprete tra le altre cose di una bella serenata, anche se l’aria dello champagne non suona molto spumeggiante e vuole strafare con una puntatura (infelice) al la acuto nella scena della mensa. La piacevole scoperta della serata però è Ekaterina Gaidanskya, voce importante, emissione sempre morbida, capace di mantenere la lucidità anche in un vistoso scollamento con la buca nella prima aria, a lei non imputabile; deve mettere meglio a fuoco il controllo degli acuti e la gestione delle roulades, al momento comunque sufficienti per un’esecuzione decorosissima del difficile Rondò di Donna Anna. Francesco Brito è un Don Ottavio corretto ma troppo monocorde a cui “Il mio tesoro” (meglio eseguita rispetto all’aria del primo atto, che gli è stata comunque concessa) permette di sfoderare delle agilità molto sicure. Ugualmente interessanti sia la Zerlina di Chiara Pieretti che il Masetto di Francesco Paolo Vultaggio. Molto meno piacevole alle orecchie Rachele Stanisci, che aggredisce “Mi tradì quell’alma ingrata” rendendone se non altro il senso drammaturgico, ma che per tutta la serata esibisce un mezzo usurato e a tratti caricaturale. Infine il Commendatore di Enrico Rinaldo è un poco opaco.

La frescura della serata si ripercuote in un comparto di archi un poco sfrigolanti, eppure l’umidità non fa danni nel settore dei legni, che risulta il più compatto in orchestra; per una compagine con molti elementi inesperti, verosimilmente ancora allievi di conservatorio, avrebbe giovato la presenza di un concertatore più navigato, ma comunque è apprezzabile il lavoro di Andrea Certa (e del maestro suggeritore per gli insiemi!), se non altro come consulente artistico in queste ultime due stagioni di rilancio. Buoni gli interventi del coro istruito da Fabio Modica.

Note meno liete giungono dalla parte visiva a cura di Vassilis Anastassiu, che ricorre ad un Mozart in costume d’epoca (vagante su monociclo) nell’ouverture e nel sestetto finale, a fare da parentesi ad una lettura attualizzante costellata da poche idee, trovate inverosimili (lo scippo della pistola al Commendatore), e recitazione piuttosto abbandonata all’individualità dei solisti; in ogni caso l’edificio razionale totemico e un garage a sinistra (con tanto di FIAT d’epoca) disegnati da Annalisa Nicosia e i costumi di Tatiana Lerario consentono una narrazione funzionale, più delle improbabili coreografie del finale primo affidate a Antonio Aguilla.

Successo caloroso, unica replica prevista per lunedì 6 luglio: chi può vada! Prossimo appuntamento con l’operina da camera Cendrillon di Pauline Viardot, anch’essa da non perdere anche per l’infrequenza del titolo nei cartelloni.