L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Miniature egizie

 di Francesco Bertini

 

Per la duecentesima stagione lirica del Teatro Sociale di Rovigo, l'Aida inaugurale si presenta nell'allestimento ideato da Franco Zeffirelli per il minuscolo teatro di Busseto nel 2001. In una resa musicale nel complesso decisamente sottotono s'impongono ancora una volta l'autorità e l'esperienza di Giovanna Casolla.

ROVIGO 23 ottobre 2015 - Il Teatro Sociale, vanto della città di Rovigo, festeggia un traguardo rilevante, in ragione della cifra tonda raggiunta. Quella inaugurata il 23 ottobre è la duecentesima stagione lirica ospitata dalla sala inaugurata con l’Adelaide di Borgogna di Pietro Generali nel lontano 1819. Per una tale ricorrenza, la stagione prevede in apertura Aida, seguita da Norma, Madama Butterfly e Simon Boccanegra. Nutrite sono anche le proposte rivolte ai più giovani e gli spettacoli di danza.

Aida, assente dal 2008,è presentata nella coproduzione tra il Teatro Sociale di Rovigo, il Comune di Padova, il Teatro Goldoni di Livorno e il Teatro Verdi di Pisa. L’allestimento è quello ideato da Franco Zeffirelli nel 2001, in occasione del centenario dalla morte di Giuseppe Verdi, per il minuscolo Teatro di Busseto. La messinscena, ripresa senza troppe manipolazioni da Stefano Trespidi, propone quanto di più tradizionale si possa immaginare. Ciò che colpisce, rendendo intrigante l’impianto scenico, è l’intelligente capacità di sfruttare lo spazio, in questo caso del Sociale di Rovigo, per inscenare tanto l’apparato pubblico, quanto le sfumature private evidenziate dal libretto di Antonio Ghislanzoni. La grandeur zeffirelliana, benché ridimensionata, prevale nelle imponenti evocazioni egizie: statue dalle fattezze divine, sfingi, piramidi, geroglifici, vessilli, flabelli. Per risolvere il grande momento spettacolare del trionfo, durante il secondo atto, vengono posti schiavi e popolo in scena, con le spalle alla platea, intenti ad osservare in lontananza il corteo fastoso, invisibile al pubblico. Un coup de théâtre ingegnoso e per nulla scontato. Per il resto l’allestimento procede senza riservare grosse sorprese ma riuscendo a evitare cadute stilistiche, benché qua e là si rischi tanto un’eccessiva abbondanza, quanto una leggera immobilità.

I costumi di Anna Anni rispondono all’immaginario opulento e coloristico dell’antico Egitto. La coreografia, ripresa da Claudio Ronda, è riservata alla sola danza delle sacerdotesse, nel tempio di Vulcano (seconda scena dell’atto primo), unica sopravvissuta ai tagli.

In buca agisce l’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta, un po’ sottotono, guidata da Marco Boemi. Il direttore offre una lettura routinière, capace di qualche sfumatura e nulla più. Il Coro Li.Ve, istruito da Giorgio Mazzucato, dà prova di sufficiente validità.

Tra i solisti, ad avere le maggiori difficoltà è Dario Di Vietri, Radames. Il tenore pugliese assomma alle frequenti spoggiature e stonature, una totale mancanza di sfumature nella linea canora che risulta carente d’accenti e quasi inespressiva. Nemmeno il timbro, in potenza interessante, viene in soccorso del giovane cantante il quale appare scenicamente impacciato e lontano dal rendere credibile il personaggio.

Donata D’Annunzio Lombardi è un’Aida priva della caratura vocale necessaria alle esigenze drammatiche del ruolo. Nonostante le frequenti sbavature, in special modo nel registro acuto inficiato da tensioni derivanti dalla frequentazione di repertorio eccessivamente insidioso, il soprano si riscatta nell’ultimo atto con alcuni validi filati e fraseggio più incisivo.

La veterana della serata è Giovanna Casolla. Sui palcoscenici di tutto il mondo da più di quarant’anni, l’artista si divide tra la vocalità sopranile e mezzosopranile. In quest’occasione la si ascolta nei panni di Amneris. Il temperamento scenico è ferino e il personaggio emerge con incisività. Data la lunga carriera, lo strumento ha perso un po’ in smalto e omogeneità. La zona centro grave palesa alcune difficoltà che si smorzano nell’ascesa all’acuto dove la Casolla padroneggia l’emissione.

Sergio Bologna dà vita ad un Amonasro credibile, mentre Elia Todisco è un Ramfis efficace benché, a tratti, eccessivamente stentoreo. A completare la compagnia vi sono i perfettibili George Andguladze, Il re d’Egitto, Sofio Janelidze, Una Sacerdotessa,e Emanuele Bono, Un messaggero.

La recita ha destato l’attenzione del pubblico che si è profuso, al termine, in intensi applausi.

foto Nicola Boschetti

Francesco Bertini


 

 

 
 
 

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