Carne e Cielo: Bach secundum Pasolini

 di Alberto Spano

Mario Brunello e Vinicio Capossela aprono con parole e musica il ciclo d'incontri di Musica Insieme nell'ambito progetto promosso dalla città di Bologna nel quarantennale dalla morte di Pierpaolo Pasolini.

BOLOGNA, 14 ottobre 2015 – Con quel carisma può fare ciò che vuole. Devono averlo pensato in molti l'altra sera al primo dei tre appuntamenti Unipol-Musica Insieme all'Unipol Auditorium, per la nuova serie “Vorrei essere scrittore di musica” (Piero Paolo Pasolini poeta dei suoni) inserita nel progetto cittadino “Più moderno di ogni moderno” nel quarantennale della morte. Tre serate in cui il grande violoncellista suona e parla di musica partendo dalle esperienze d'ascolto dell'autore di Accattone. Il carisma di Brunello, la sua carica musicale sono tali da riuscire a far digerire a una platea multiforme un'intera Sonata per violino solo di Bach, usando un violoncello. Un violoncello 'piccolo', ma pur sempre un violoncello. Una stravagante assurdità, si direbbe di primo acchito: ma a ben vedere si scoprono precedenti illustri nel periodo barocco, allorquando conobbe una certa diffusione, soprattutto in Germania, uno strano strumento, il cosiddetto 'violoncello piccolo', cioè un violoncello di ridotte dimensioni, con quattro o cinque corde, che al tempo veniva usato per poter suonare il più ampio repertorio violinistico. È lo stesso leggendario strumento a cinque corde, tanto per intenderci, per cui Bach concepì la sesta Suite in re maggiore BWV 1012. Il grande olandese Anner Bylsma una ventina d'anni fa, proprio la sesta Suite incise su questo estinto strumento.

A Bologna Brunello organizza la prima serata pasoliniana e ovviamente parte da Bach, il grande amore musicale di tutta l'esistenza del poeta e regista. Si scopre che Pasolini da ragazzo tentò lo studio del violino con scarsi risultati, ma ebbe modo di approfondirne il repertorio, in particolare quello bachiano, attraverso la frequentazione con una violinista slovena di talento, Pina Kalč, sfollata a Casarsa in Friuli. Attraverso l'arco di Pina un Pierpaolo poco più che sedicenne si innamora letteralmente delle tre Sonate e Partite per violino solo: le analizza con la sua solita lucidità intellettuale e decide di scrivere un proprio saggio, un'analisi dettagliata dello spartito, con precise indicazioni di passaggi e loro interpretazione. Il saggio terminato nel periodo 1944-45 rimane inedito fino al 1999, quando è pubblicato a cura di Walter Siti. Sappiamo che l'amore per Bach accompagnerà Pasolini per tutta la sua vita, tanto da diventare colonna sonora frequente dei suoi film. Ecco dunque l'idea di leggere integralmente quel saggio giovanile tramite la voce del cantautore Vinicio Capossela (già compagno di Brunello di altre ardite scorribande in musica) e quindi di eseguirla integralmente, senza però 'cederla' a un violinista. Eseguirla cioè al violoncello piccolo (che Brunello ribattezza 'violincello') accordato come un violino, ovviamente all'ottava bassa.

Il risultato? L'attacco dell'Adagio è una doccia fredda. Brunello sì dona espressività ad ogni nota, ma certamente il suono un po' asprigno dello strumento, l'amplificazione e l'inusitata traduzione al violincello costituiscono una bella ma impegnativa prova d'ascolto. Per fortuna l'orecchio si adatta in fretta e anche questo Bach 'infedele' ne esce vittorioso, con un Presto finale condotto con tutta la dovuta baldanza virtuosistica richiesta. Capossela, dal canto suo, legge Pasolini veramente bene, senza enfasi, con un tono medio un po' fisso che quasi ricorda la voce dell'autore, e con certe piccole sottolineature che solo un artista della musica sa cavar fuori dalle parole. Il dialogo fra Capossela-Pasolini e Bach-Brunello si fa serrato, Brunello esegue all'istante i passi citati da Pasolini, il duetto funziona. Ecco dunque la prosa già del tutto riconoscibile, con quello stile asciutto, scarno, quell'assenza di enfasi, l'uso calibrato di attributi a volte immaginifici. “Era soprattutto il Siciliano che mi interessava – scrive Pasolini - perché gli avevo dato un contenuto e ogni volta che lo riudivo mi metteva davanti a quel contenuto: una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo... Come parteggiavo per la Carne! E come, invece, sentivo di rifiutarmi alle note celesti!”

L'analisi pasoliniana è poetica, forte, personale, non tecnica, immaginativa e talvolta persino ingenua nella sua radicale naïvité. Ma efficace, e certamente declamata soavemente da un Capossela spoglio da qualsiasi personalismo, fattosi puro strumento vocale dalla pregnante efficacia narrativa. Brunello fino all'ultima nota della Sonata dona fraseggi espressivi e pienezza musicale, conquistando via via un pubblico molto ben disposto alla singolare, ma non inedita, formula concertistica.

La platea formata per buoni tre quarti dai fan del cantautore, qualcosa dal proprio beniamino però l'aspetta da più di un'ora. Archiviato l'omaggio al Bach pasoliniano, l'attesa è infine ripagata: Capossela in un attimo si riappropria di Vinicio e si tuffa in un'esecuzione luciferina di alcuni suoi successi con l'accompagnamento deluxe di Mario Brunello, nel frattempo tornato al suo stupendo violoncello, costruito da Giovanni Paolo Maggini all'inizio del Seicento, già appartenuto a Franco Rossi. Sfilano una dopo l'altra: “La lancia del Pelide” dall'album Marinai, profeti e balene del 2011, “Noli me tangere”e “Per quanto innalzi il mio pensiero” su testi di Michelangelo (in quest'ultimo la musica del francese Philippe Eidel) e una Sarabanda di Bach con sottofondo di aspirapolvere, geniale omaggio al genio di Glenn Gould che aveva l'abitudine di ascoltar musica nei motel dell'autostrada, il tutto su testo tratto dalla sceneggiatura pasoliniana del film Edipo Re del 1967, infine l'hit “Brucia Troia” dall'album Ovunque proteggi del 2006, con tanto di maschera cornuta e campanacci da pastorizia. Successo pieno.