Il nuovo che avanza

di Michele Olivieri

La Serata Contemporanea al Teatro alla Scala è un viaggio per esplorare la natura e le conseguenze umane con il Corpo Ballo scaligero diretto da Manuel Legris

MILANO, 07 luglio 2021 - A fare da collante alle sette creazioni si trova un’omogeneità compositiva sul concetto di contemporaneità in danza, che a sua volta si manifesta in modo dissimile nel linguaggio usato. Le caratteristiche principali che legano i titoli, con un immaginario filo, sono la qualità del movimento e il rigore applicato allo spazio. Nulla cede mai il passo a un venir meno di linee, volumi e formazioni circoscritte. Pensando alla serata come a un unicum colpisce il connubio tra i mestieri artigianali del saper fare teatro: musica, luci, costumi, scenografie, e quant’altro è capace di connettere lo spettatore agli artisti. Cinque autori per la prima volta alla Scala: Krzysztof Pastor, Patrick de Bana, David Dawson, Natalia Horecna e Simone Valastro con il ritorno di Philippe Kratz e dell’iconico William Forsythe. Il direttore Manuel Legris si è fatto ideatore di una esemplare apertura alle firme contemporanee che accendono la scena internazionale. Un viaggio verso e per sé stessi, nel desiderio di indagare la natura umana con i suoi tormenti, e le conseguenze comportamentali. Alla base di questi lavori c’è la ricerca di una cultura capace di riflettere il nostro tempo. Una sorta di unione tra la danza contemporanea di matrice occidentale e la danza neoclassica con accenti accademici.

Il pubblico è sempre quello delle grandi occasioni, la Sala del Piermarini malgrado le restrizioni ancora in atto è piena in ogni ordine di posti e spiccano volti noti, in particolare il maestro Beppe Menegatti, a simboleggiare la presenza eterna di Carla Fracci sul suo teatro. All’apertura di sipario si viene accolti dal pianoforte con un eccellente Marcelo Spaccarotella ispirato da Fryderick Chopin, nell’unico pezzo danzato con musica dal vivo, mentre il restante programma si articola su basi registrate. Dall’inizio alla fine dello spettacolo, di una durata complessiva di novanta minuti senza intervalli, l’atmosfera creata dalle luci, dai fondali e dai tessuti eleva lo spettatore in un immateriale silenzio. La ripresa del trio conclusivo di Philippe Kratz SENTieri è legato a una serie di déjà vu capaci di far riaffiorare attimi di vita già trascorsi, a volte ottenebrati, che si tramutano in gesto con flessuosità, intrecciandosi scioltamente. La coscienza, grazie ai giocosi Alessandra Vassallo, Christian Fagetti e Andrea Risso, diventa facoltà immediata nel comprendere il crescere nella sfera dell’esperienza individuale, e si prospetta in un passato intimo che in breve tempo è già presente, e futuro.

A seguire Simone Valastro, milanese, diplomato alla Scuola di Ballo del Teatro la Scala, già danzatore all’Opéra di Parigi, ha presentato Árbakkinn, passo a due creato nel 2019 per Laetitia Pujol e Alessio Carbone sulla omonima composizione dell’irlandese Ólafur Arnalds, il quale include il testo poetico di Einar Georg Einarsson recitato dalla sua stessa voce. In scena ci sono Antonella Albano e Massimo Garon, empatici, liberatori, vigorosi. Il brano ha un significato tutt’altro che nascosto: l’arte per sé stessa, quell’arte disinteressata votata al piacere di farsi ammirare, guadagnando così i favori del pubblico. Árbakkinn è una nube di vapore condensato che rimane sospesa a contatto del palco, è una danza calda che crea stabilità. Le emozioni sono un cielo sereno. Valastro (presente alla ribalta per i saluti finali) è una sorta di designer in grado di progettare, tracciando le sue idee sulla sabbia, con cerchi, linee, forme indefinite ed intime.

Su una selezione di preludi dal Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach, David Dawson crea nel 2007 per il Royal Ballet of Flanders A sweet spell of oblivion. Qui ripreso da Christiane Marchant, presentato nell’estratto dal passo a due, con Virna Toppi e Gabriele Corrado, empaticamente in equilibrio nel soddisfare pensieri materiali grazie a una fisicità sensuale, che non abbandona mai la tecnica, miscelandosi nei desideri, nei gesti e negli sguardi. La coreografia esplora il sentimento della passione ricercandolo nell’alveo della purezza. All'ìinizio di una nuova storia d’amore, ci si domanda se l’altro/a sia la persona giusta e questo quesito vive anche quando si sta in coppia. La ricerca della persona giusta sovente blocca il mettersi in gioco fino in fondo. Questa danza è una idealizzazione del partner, che spesso rimane un'immagine fiabesca, da non trasporre mai nella realtà. Il mito dell’anima gemella lo ritroviamo già nell’antichità: Platone nel Simposio ci ha lasciato il racconto di esseri provvisti di quattro gambe e quattro braccia che vivevano in un limbo di totale felicità. Zeus li volle punire tagliandoli in due, condannandoli alla ricerca delle rispettive metà. L’uomo così sente la necessità di spingersi a ricercare il completamento per poter essere in armonia, colmando spesso un vuoto esistenziale. A sweet spell of oblivion fa riflettere sulle false illusioni, sui falsi miti, razionalizzando l’inconscio nel compiere una scelta che a sua volta accetti la quotidianità quale sinonimo di libertà. Dawson ci ricorda che a volte, invece, un amore perso resta indelebile per sempre.

Il quarto pezzo in programma si salda con la musica barocca in The labirinth of solitude, assolo di potenza espressiva creato da Patrick de Bana (presente agli applausi) per Ivan Vasiliev nel 2011 sulla Ciaccona in sol min. di Tomaso Antonio Vitali, in scena Mattia Semperboni. Per chi balla, è un’esperienza sensoriale ed emotiva particolarmente intima, la magia che scorre in palcoscenico è travolgente ed emozionante nei suoi tempi. Semperboni appare credibile ed intenso, e lo hanno dimostrato gli applausi ripetuti e le numerose chiamate alla ribalta. L’abilità delle rotazioni continue così difficili ed impeccabili richiedono tempo e dedizione, e sono uno dei punti di forza del solista, e uno degli esercizi più spettacolari da vedere. L’assenza di scenografie e costumi in questo caso si rivelano una ricchezza. La danza diventa un’arte di bellezza per chi gode di talento, restituendo a piene mani il puro piacereL’immaginario cerchio che il ballerino percorre con i tours en manège, ovvero gli entusiasmanti giri, sono la linea ideale che aumentando gradualmente determina un’estetica di struggente solitudine. “Puoi osservare cigni bianchi per tutta la vita, ma ciò non ti è sufficiente per affermare che tutti i cigni siano effettivamente bianchi. Basta invece un singolo cigno nero per confutare una simile affermazione”: il pensiero di Nassim Nicholas Taleb si può accostare a The labirinth of solitude.

A Natalia Horecna, presente in ribalta per gli applausi, Legris ha affidato il quinto pezzo della serata. Un lavoro inedito, creato direttamente a Milano con e per il Corpo di Ballo della Scala, fresco di nuove nomine. La coreografa (che firma anche scene e costumi) ha presentato Birds walking on water su musica di Arvo Pärt, Jean Sibelius e Vladimir Martynov. Tre sono le coppie principali, cinque altre coppie e il primo ballerino Mick Zeni, alter ego di ogni artista presente, carismatico traghettatore di anime, con tutta l’esperienza rigorosa di una importante carriera giunta alla sua vetta. Accanto a lui Antonella Albano con Massimo Garon, Chiara Fiandra con Edoardo Caporaletti, Marta Gerani con Gioacchino Starace, e ancora Denise Gazzo, Giulia Schembri, Linda Giubelli, Camilla Cerulli, Serena Sarnataro, Francesco Mascia, Andrea Crescenzi, Domenico Di Cristo, Eugenio Lepera, Marco Messina. L’allestimento, da rivedere nei tempi e nei modi, appare sottotono perché ciò che rimane centrale, al di là dell’impressione positiva o negativa dopo aver visto un’opera, è la rielaborazione che ne consegue. Nessuno vedrà mai la medesima cosa, e la danza dona una illimitata libertà allo sguardo e al pensiero. Essendo un’esperienza di compresenza, gli elementi sul piatto sono differenti. Ciò che qui manca, però, è proprio questo elemento di compresenza. Di certo si è apprezzata la sensibilità tecnica degli artisti tutti, così come l’intento della Horecna.

Il sesto pezzo in programma, con il suo tema dell’amore che sfida la morte, si è palesato come una poetica suggestione. Pastor, presente nel finale a ricevere i meritati consensi, ha ripreso la più nota storia d’amore della nostra tradizione e l’ha trasformata in danza. Originale nell’appassionata messa in scena, ci narra di desideri e valori cristiani. Della solenne musica di Richard Wagner usa brani da Tristan und Isolde e dai Wesendonk Lieder. Interpreti nella loro piena maturità artistica sono i primi ballerini Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko. Il passo a due assurge a motivo essenziale di spettacolo, incarnato in tutto e per tutto. La naturalezza e la bellezza appagano l’impatto visivo. La forza viene determinata grazie all’energia rilasciata dalla coppia, tra il celeste e il bianco, simboli di innocenza e virtù.

A concludere la serata William Forsythe con il balletto creato per il Frankfurt Ballet nel 1996, e per la prima volta in scena alla Scala, ripreso da Stéphane Phavorin, con Martina Arduino, Agnese Di Clemente, Gaia Andreanò, Marco Agostino, Nicola Del Freo, sulla musica dell’ultimo movimento della Sinfonia n. 9 di Franz Schubert. Il viola quaresima scelto per l’accademico degli interpreti e il verde smeraldo dei tutù piatti delle interpreti sono firmati con gusto dal costumista Stephen Galloway. La velocità dei movimenti consente agli ottimi esecutori di raggiungere elevati livelli di forza, donando a The Vertiginous Thrill of Exactitude quella potenza millimetrica capace di far esaltare la creazione.

Serata Contemporanea ha avuto il merito di rendere lo spettatore più consapevole del rapporto tra teatro, danza e nuova realtà.