L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Suggestioni. Emozioni.

 di Giuseppe Guggino

L’ultimo appuntamento con la danza della stagione 2015 del Massimo di Palermo propone la prestigiosa Martha Graham Dance Company mista al Corpo di Ballo residente per un omaggio in tre pannelli al linguaggio fisico dell’illustre coreografa americana.

Palermo, 10 novembre 2015 - Un bel risultato è arriso alla scelta di sperimentare la duttilità del Corpo di Ballo del Massimo di Palermo alle prese con un linguaggio estremo della danza (quasi una vera e propria tecnica), difficilissimo, quale è quello della coreografa americana Martha Graham, la cui compagnia sopravvive alla sua esistenza con la vitalità propria di quei fatti artistici capaci di andare “oltre” i propri creatori.

Così il primo pannello della serata vede i bravissimi Romina Leone e Daniele Chiodo, Francesca Bellone e Riccardo Riccio, Giorgia Leonardi e Vito Bortone, rispettivamente nei panni delle tre coppie “in bianco”, “in rosso e “in giallo” a incarnare in Diversion of angels – su musiche (inani) del compositore italo-americano Norman Dello Joio – le tre diverse declinazioni dell’amore “maturo”, “erotico” e “adolescenziale”.

L’assimilazione del difficilissimo linguaggio corporeo è totale, tanto che non si riscontrano apprezzabilmente delle soluzioni di continuità nel pannello successivo, nel quale ai ballerini residenti si aggiungono gli elementi della Compagnia Graham per il secondo pannello della serata, a sua volta costituito da tre diverse composizioni di Carl Nielsen (musicalmente più apprezzabili); se molto ginnica è l’iniziale “conversazione di amanti” tra Charlotte Landreau e Lloyd Knight, il linguaggio plastico si fa più rarefatto grazie ad un’ispiratissima Elisa Arnone nel commovente “lamento” per poi riservare il colpo d’ala nel finale “rituale del sole” in cui tutto il corpo di ballo palermitano dà il meglio di sé.

Dopo l’intervallo segue “The Rite of Spring”, ossia la lettura coreografica del Sacre stravinskiano elaborata dalla Graham nel 1984, gli ultimi anni della propria attività, molti anni dopo averlo portata in scena con la coreografia di Massine. La compagnia qui impegnata è solamente quella ospite che, in un crescendo di emozioni, suggestioni, contorsioni fauviste, vede la fragile Prescelta di PeiJu Chien-Pott sopraffatta dal gigantesco Sciamano di Ben Schultz, e qui il linguaggio del corpo sconfina in una ritualità mistica di grande presa.

Non altrettanto benevoli si dovrebbe essere con l’Orchestra che, al più, esala suggestioni ed emozioni di correttezza, sotto le tecnicamente valide mani di Michael Schmidtsdorff, se non si sapesse che il risultato è ottenuto solamente con un paio di letture per sezioni e non più di un paio di prove di insieme; e a queste condizioni assicurare la correttezza ad una partitura complessa quale è il Sacre pare già miracoloso, quindi si sorvolerà sul fatto che gli impasti timbrici fossero del tutto mancati.

Prima tutt’altro che esaurita, successo tiepido, divenuto più caloroso alla riapertura del sipario, per evidente apprezzamento della parte coreutica. Spiace quindi sapere che il Corpo di Ballo del Massimo, seppur coordinato, sarà a spasso fino a marzo prossimo, giacché non si riesce a programmare la sua attività in maniera da garantire contratti continui nel tempo, né lo si riesce a piazzare in altri teatri – né vicini, né lontani – sebbene quelli con Ballo siano ormai l’eccezione e non la regola. Ma tant’è.

foto Franco Lannino e Rosellina Garbo


 

 

 
 
 

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