L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Nicoletta Manni e Roberto Bolle

Là mi dirai di sì

 di Pietro Gandetto


Si chiude con successo Il giardino degli amanti al Teatro alla Scala, affresco coreografico e teatrale a cura di Massimiliano Volpini su musiche di Mozart e con l’étoile Roberto Bolle

Milano, 17 aprile 2016 - Il giardino degli amanti, nuova produzione assoluta del teatro alla Scala – in occasione dell’avvio delle celebrazioni per il 225° anniversario dalla scomparsa di Mozart – è un piccolo gioiello coreografico sul tema dell’amore e del divertissement, che restituisce al pubblico uno spaccato autentico e divertente sulla vita amorosa del ‘700.

L’ambientazione è atemporale, c’è un giardino-labirinto “a campo aperto”, fatto di elementi che lasciano spazio all’immaginazione e si aprono sul finale su una scena ampia e luminosa, con motivi naturalistici sullo sfondo. Si parla di una festa in cui due giovani, un Uomo e una Donna, si corteggiano e si amano, trasformandosi in personaggi settecenteschi, affiancati da alcuni protagonisti della trilogia dapontiana (Figaro e Susanna, il Conte e Rosina, Don Giovanni e Leporello) e dalla Regina della Notte. Gli innamorati sognano, poi si svegliano e si ritrovano abbracciati, dopo la festa.

Forte la presenza di topoi settecenteschi, su tutti quello del merveilleux, che viene qui riproposto con spunti scenografici, coreografici e caratteriali di forte efficacia narrativa: il labirinto,  una specie di purgatorio dei libertini personaggi mozartiani che entrano ed escono dalle porte per raccontare le loro storie, le altalene dove danzano le protagoniste in uno stato onirico di “sottrazione di peso”, le foglie dorate che cadono dal cielo.

I coloratissimi costumi di Erika Carretta, che qui firma anche le scenografie, arricchiscono questo pout-pourri coreografico così movimentato ed essenziale, esprimendo appieno il carattere brillante, poetico e comunicativo dei quartetti e quintetti di Mozart per archi, flauto, oboe e clarinetto.

Il contributo strumentale del Quartetto della Scala e Solisti dell’Orchestra -  nelle persone di Francesco Manara, Daniele Pascoletti, Simonide Braconi, Massimo Polidori, Andrea Manco, Fabien Thouand, Fabrizio Meloni - si distingue per una concertazione, in buca d’alzata, stilisticamente ineccepibile e ricca di brio e carattere.

Lo spettacolo funziona. Perché rievoca senza fronzoli quel clima di sobria giocosità, semplicità e fantasia tipiche del ‘700, non filtrate dallo sguardo contemporaneo: dalla platea, si ha, infatti, la percepzione di assistere a quello che probabilmente gli uomini e le donne del ‘700 effettivamente vivevano e non a quell'idea di 700 impomatato che tanto teatro ancor oggi ripropone. E poi funziona grazie al maiuscolo contributo della giovane compagnia di ballo del Teatro alla Scala, capitanata dal fascino etereo di Roberto Bolle, che porta in dote la sua impeccabile tecnica e la pone a servizio di un personaggio in bilico tra sentimento e sorriso, malinconia e gioco, divertimento e amore.

Tra gli altri, affiancavano Roberto Bolle nella rappresentazione di domenica 17 aprile Virna Toppi nel ruolo della protagonista feminile e il sempre regale Claudio Coviello nei panni di Don Giovanni.

La coreografia di Volpini, danzatore di formazione scaligera e ora coreografo a tempo pieno, alterna stili differenti, frutto della sua eterogenea esperienza professionale, con un prodotto che potremmo definire dire “classico”, perché il termine “neoclassico” gli piace poco. Ma poco importa mettere un’ettichetta, perché quando si vedono spettacoli come questo, si è soddisfatti di uscir da teatro depurati e ‘contaminati’ dalla bellezza.

La cartina al tornasole degli applausi non lascia dubbio alcuno sulla riuscita dello spettacolo, con lunghi e ripetuti battimani, anche a scena aperta, e vere e proprie ovazioni per Roberto Bolle.

foto Brescia Amisano


 

 

 
 
 

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