Spirito dolce, colori vivaci

 di Irina Sorokina

La brillante commedia di Delibes torna con successo al Bolshoj nella produzione che ricostruisce la coreografia di Marius Petipa ed Enrico Cecchetti, con un affascinante, ma non privo di problematiche, lavoro di filologia del balletto. Il risultato è sfavillante.

Mosca, 13 gennaio 2019 - Una vera perla nella corona del balletto francese, Coppèlia (1870), rappresenta un caso raro: si tratta di una brillante commedia e, si sa, questo genere nell’elenco dei titoli di repertorio è poco presente. Oltre a Coppélia, ce n’è uno solo, La fille mal gardée. Ha sempre avuto un destino felice, la storia di una ragazza vivace e dai riflessi pronti, Swanilda, mentre il balletto prende il nome della sua “rivale”, la bambola Coppélia, appunto.

Coppélia non è mai mancata nel repertorio dei grandi teatri e delle grandissime étoile, tuttavia venne e viene trattata spesso con un sorriso un po’ dispregiativo; a Leningrado al Teatro Kirov la consideravano più adatta al palcoscenico del secondo teatro dell’opera e il balletto della città, il Malegot, vale a dire Il Teatro Statale dell’Opera e il Balletto Maly, il Piccolo. Non è certo giusto: la Coppèlia è un balletto che ha tutte le carte in regola per essere rappresentato sui palcoscenici dei teatri più importanti del mondo, è brillante, divertente, vanta una buona drammaturgia, una musica che sotto certi aspetti non fu mai superata, quella di Léo Delibes, e offre delle ottime opportunità alla prima ballerina.

Quindi, il Bolshoj di Mosca non sbagliò quando decise di mettere in scena Coppèlia nel 2009. All’epoca era già disponibile The Harvard Theatre Collection che conteneva le annotazioni dei balletti di Marius Petipa fatte da Nikolaj Sergeev con l’uso del sistema Stepanov. Queste annotazioni usò l’ex primo ballerino del Teatro Kirov e il restauratore dei “vecchi” balletti Sergej Vikharev. Ne venne fuori un bel lavoro per i danzatori e una grande gioia per gli spettatori, tra cui i ballettomani, anche se le discussioni sull’autenticità di queste ricostruzioni sono ancora in corso.

Sulla locandina si leggono i nomi di due coreografi, il francese Marius Petipa e l’italiano Enrico Cecchetti; il primo mise in scena la sua versione del famoso balletto al Teatro Mariinsky nel 1884, il secondo risulta come il maître de ballet che fece il revival della Coppèlia del grande marsigliese. Chi può sostenere che lo fece con la massima precisione? Nel balletto si sa, nulla è ripetibile al cento per cento. Dov’è Petipa e dov’è Cecchetti, oggi nessuno potrebbe dirlo con la massima certezza. E se prendiamo in considerazione che negli ultimi decenni dell’Ottocento i fisici dei danzatori furono decisamente diversi da quei d’oggi, che le scarpette delle ballerine avevano poco da fare con gli “arnesi” delle fanciulle moderne, forse, è giusto usare la parole “rievocazione”.

Ma cosa cambia se il risultato è soddisfacente e il pubblico reagisce alle danze con gioia ed entusiasmo? Merita l’ammirazione il lavoro di Boris Kaminsky che con un gusto sottile e quasi venerazione ha creato le scene dipinte con l’uso dei bozzetti di Pyotr Lambin (atti primo e terzo) e Heinrich Levogt (atto secondo). Grazie a questo lavoro cesellato è stata possibile una full emersion degli spettatori nell’estetica della fine dell’Ottocento. Pacifica e sonnolente la piazza di una piccola città di Galizia, con un’immancabile korzma (osteria) e una chiesa, tutto circondato da una vegetazione generosa, e il davvero fantastico laboratorio di Coppèlius, immerso nel silenzio e nel mistero, dai colori opachi. Altrettanto splendidi sono i costumi di Tatyana Noginova ispirati dai bozzetti di Adolphe Charlemagne, Pyotr Grigoriev, Yegeny Ponomarev: tutù “a campana” per le ballerine classiche, abiti caratteristici per il corpo di ballo che esegue la mazurka e la czardasz. Costumi elaborati fino all’incredibile, dai colori vivaci quali rosso, blu e giallo, molto diversi da quelli che si vedono negli allestimenti moderni dello stesso balletto. L’ultimo atto è un vera festa per gli occhi; basta accennare ai costumi delle fanciulle che eseguono La Valse des heures, in totale ventiquattro, sei rappresentano il mattino, sei il giorno, sei la sera e sei la notte. Quest’ultime sono particolarmente eleganti in tutù neri come il nero che copre il viso. E gli abiti creati per gli interpreti del divertissment La fête de la cloche, per quanto riguarda la bellezza e il lusso, superano ogni immaginazione.

“Nato/a per…” di dice di qualcuno o qualcuna che appare perfetto/a per certe cose. Nata per ballare il ruolo di Swanilda, la giovane ballerina Dariya Khokhlova, in possesso di un’impareggiabile grazia, salda tecnica e soprattutto capacità di recitare e di stare al gioco, necessaria per il ruolo. La affianca Ruslan Skvortsov a cui il ruolo del bambinone Franz, che naviga nei sogni futili fino ad apparire quasi uno scemetto, riesce benissimo. Ben fatto, agile, grazioso e incredibilmente leggero, conquista il pubblico con la sua simpatia che i bellissimi salti. Nel pantomimico ruolo di Coppélius brilla Alexander Fadeechev, che disegna un personaggio burbero e bizzarro, ma buono nella profondità del cuore. La vecchia pantomima sembra non aver i segreti per lui. In una sintonia perfetta “lavorano” otto corifee, amiche di Swanilda, assai importanti per lo sviluppo della trama del balletto: Ksenia Averina, Dariya Bochkova, Bruna Cantanhede Gaglianone, Antonina Chapkina, Anastasia Denisova, Elizaveta Krutelyova, Eleonora Sevenaro, Ksenia Zhiganshina. Una cosa curiosa, il direttore d’orchestra, evidentemente, a scopo di valorizzare le capacità di tutte le ragazze e contemporaneamente “aiutarle” nei passaggi dove potrebbero avere le difficoltà, impone le velocità diverse nel Thème slave, varié del primo atto. Nel divertissement dell’ultimo atto, per la gioia del pubblico e i ballettomani, appaiono le soliste più belle, graziose e tecnicamente preparate della compagnia: Yulia Skvortsova – l’Aurore, Alexandra Trikoz - la Prière, Maria Mishina - Folie.

Il corpo di ballo del Bolshoj appare magnifico nelle famose danze di carattere, “colpa” del paziente lavoro di Vikharev che all’epoca insistette parecchio per ottenere la massima precisione e la pulizia nell’esecuzione dei passi. Le numerose coppie ballano in una perfetta sintonia anche quando si tratta dei passi più minuti e vantano grinta, precisione, ritmo e musicalità invidiabili. Una vera sciccheria.

Sul podio l’esperto Pavel Sorokin, capace di rispondere alle esigenze dei danzatori senza trascurare le qualità della magnifica partitura di Delibes che contiene molti assoli strumentali, di violino, viola, flauto, flauto piccolo e clarinetto in cui gli artisti del Bolshoi non fanno altro che confermare la loro altissima reputazione.

Questa rappresentazione della Coppélia al Bolshoi è il numero 436, ma per la ricostruzione di Vikharev è soltanto la trentottesima volta. Lo spettacolo è rimesso in scena da poco e viene accolto da una specie di delirio. Cosa c'è di meglio per riconoscere il suo valore e rendere omaggio al suo creatore visto che Vikharev è mancato all’improvviso il 2 giugno dell’anno scorso a soli 55 anni in seguito anun intervento stomatologico?