L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La tradizione fa spettacolo

 di Stefano Ceccarelli

L’Opera di Roma mette in scena, come consueto balletto delle feste natalizie e di inizio del nuovo anno, Il lago dei cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij. L’allestimento è quello tradizionale e ben consolidato di Aldo Buti, che fa da sfondo alla coreografia di Benjamin Pech; sul podio v’è Carlo Donadio e, nei ruoli principali, si esibiscono una straordinaria Susanna Salvi e Claudio Cocino.

ROMA, 8 gennaio 2020 – Non può mancare, al Teatro Costanzi, il rituale balletto delle vacanze natalizie e delle festività d’inizio anno: quest’anno torna Il lago dei cigni di Čajkovskij, nell’allestimento, oramai storico per l’Opera di Roma, delle splendide scene e costumi di Aldo Buti. Si tratta di una concezione dell’allestimento scenografico per balletto estremamente classica, basata sulla ricchezza del mobilio, sull’attenzione per i particolari, sullo sfarzo incredibile dei costumi: qualcosa che appaga gli occhi e non può che dilettare, in particolare, i laudatores temporis acti. La sala dei festeggiamenti del compleanno di Siegfried, infatti, è incorniciata da vaporosi tendaggi che sfumano sulle tonalità del blu e che anticipano alla vista il vero tripudio d’oro e color dei lapislazzuli che è la sala, rigorosamente dipinta a fondale. Allo stesso modo, incredibilmente stupenda è la sala, con le porte in stile arabeggiante, che fa da sfondo all’atto III. Piacevole, poi, anche la citazione dell’Isola dei morti di Böcklin che fa da sfondo alle scene lacustri. Insomma, le scene e i costumi di Buti – i costumi, un vero e proprio tripudio – sono la chiara testimonianza che l’attenzione alla conservazione e alla valorizzazione degli allestimenti tradizionali ‘in magazzino’ porta sempre a ottimi risultati, soprattutto se tali allestimenti sono ben collaudati, come nel caso del presente Lago (recentemente ripreso a Caracalla, nel 2018, ma in scena almeno dal 2003).

L’idea coreografica di Benjamin Pech è estremamente classica e aderente a Marius Petipa e Lev Ivanov, con qualche passaggio più moderno e veloce, soprattutto nelle coreografie di gruppo, che riescono assai bene: lode al corpo di ballo, sia maschile che femminile, il quale regala una performance, come di consueto, di altissimo livello. Gli atti con le danze dei cigni, in particolare, pregni di grazia ed eterea malinconia, sono ben eseguiti, segno che il corpo di ballo è in ottimo allenamento. Susanna Salvi si staglia sopra tutti danzando una straordinaria Odette/Odile: la ballerina, con notevole esperienza alle spalle e un ottimo gusto, regala tanto la tragica leggerezza delle parti da cigno bianco, che la sanguigna sensualità del pas de deux come cigno nero. Nei pas de deux con Cocino esprime tutto il sentimento tragico-erotico connaturato al ruolo di Odette (e, in fin dei conti, anche dell’alter ego Odile); le sue linee sono armoniose, sinuose quando necessario, e le braccia sembrano accarezzare delicatamente l’aria. Insomma, l’Odette/Odile della Salvi è da manuale, con linee incredibili e virtuosismi sempre aggraziati. Il Siegfried di Cocino è apprezzabile, certamente, nelle linee, nei salti e nelle varie difficoltà mostrate nelle variazioni da lui danzate; ciononostante, il tutto a tratti risulta un po’ ‘legnoso’, ove il virtuosismo della Salvi si fa naturale anche nelle parti più ardite della sua parte, come l’infilata di fouettés alla fine del pas del deux del cigno nero. Comunque, Cocino è un professionista impeccabile e porta a casa la serata danzando bene la parte del principe e, a modo e suo gusto, interpretandola degnamente. Fra i comprimari vorrei rammentare l’atletico Benno di Walter Maimone e le amiche di Siegfried, Eugenia Brezzi e Sara Loro, che danzano deliziose variazioni, molto applaudite da un divertito pubblico. Le danze tradizionali dell’atto III sono tra i migliori momenti della serata in quanto a qualità di esecuzione: ricorderei, quindi, le soliste Cristina Mirigliano (Danza ungherese), Nadia Khan (Danza spagnola), Rebecca Bianchi (Danza russa), Francesca Bertaccini e Valerio Marisca (nella Mazurka).

La direzione di Carlo Donadio è quella, pulita e attenta alle esigenze coreutiche del palco, di un professionista che sa come condurre una serata di balletto; l’orchestra è, come ha dato dimostrazione in diverse occasioni, ben centrata e offre musicalmente il piacere delle indimenticabili e floride melodie di Čajkovksij. Il pubblico applaude compiaciuto il buon esito della serata.


 

 

 
 
 

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