Rappresentazione di anima e di corpo

di Roberta Pedrotti

A. von Zemlinsky

Der Zwerg

Butt Philip, Morris Mehnert,Tsallagova, Magee, Jekal, Eslinger-Runnicles, Nikiforov

direttore Donald Runnicles

regia Tobias Kratzer

orchestra e coro della Deutsche Oper di Berlino

Berlino, 27 e 30 marzo 2019

DVD Naxos 2.110657 2020

C'era una volta una principessa costretta dal suo rango alla solitudine salvo che nel giorno del suo compleanno, una principessa che non può conoscere l'amicizia, il rapporto con gli altri, se non nell'ebbrezza giocosa e irreale di quell'unico giorno. Così spezza il cuore del nano che le è stato offerto in dono e che, fino a quel momento ignaro della propria deformità, si era innamorato di lei. C'era una volta una delle più affascinanti giovani viennesi, sensuale, d'intelligenza viva e spiccate ambizioni artistiche: fa perdere la testa al compositore brillante ma bruttino e non molto alto che le dà lezioni di teoria e pianoforte, poi lo lascia causandogli ferite profonde che si ripercuoteranno nella sua produzione successiva. 

Così, dopo quasi vent'anni dalla repentina rottura con Alma Schindler - che tronca la relazione per sposare Gustav Mahler - Alexander von Zemlinsky elegge a soggetto per un'opera il racconto di Oscar Wilde Il compleanno dell'Infanta, nella riduzione librettistica del giovane Georg C. Klaren che evidenzia i parallelismi biografici dipingendo il nano come un valente musicista. E l'identificazione fra l'opera e l'autore non è più un rischio, una sirena tentatrice, ma un dato di fatto con cui fare i conti e che sembra indicare strade obbligate agli interpreti, così come sembra inevitabile quel preziosismo estetizzante e decadente che la Vienna nostalgica dell'impero perduto continua ad amare nella penna del dandy irlandese.

Tobias Kratzer, per fortuna, è uno di quegli uomini di teatro colti e intelligenti, capaci di entrare nelle pieghe del testo senza lasciarsi intrappolare. Innanzitutto, ha l'idea di pescare un brano del cognato di Zeminsky - Arnold Schönberg - per costruire un prologo all'opera: gli otto minuti abbondanti di Begleitungsmusik zu einer Lichtspielscene (Accompagnamento a una scena cinematografica) con la loro scansione in pericolo incombente, paura, catastrofe riassumono e preconizzano ciò che sarà, poi, l'opera Der Zwerg, Il nano. E, allora, la "scena cinematografica" di questo presagio sarà proprio l'incontro fra Alma e Alexander, il gioco di seduzione di lei, il ritrarsi timoroso e il cedere appassionato di lui, la donna che, stanca della bizzarra conquista, saluta l'arrivo di Gustav dalla finestra e abbandona l'innamorato affranto. Tutto intorno al pianoforte dove si alternano maestra e allieva dividendosi la parte concertante nel breve pezzo di Schönberg.

Il sipario si leva ora sull'opera di Zemlinsky che riecheggia quella traumatica esperienza amorosa. Ma le allusioni alla Vienna dell'epoca e alle sue correnti artistiche sono spazzate via. La bellissima principessina è un'adolescente annoiata e superficiale che scambia selfie con le amiche prima di incapricciarsi di quel nanerottolo musicista inviatole da un sultano orientale. Le fotografie che le ragazze scattano continuamente sono già un simbolo di quel culto dell'immagine e dell'apparenza a cui il Nano, ignaro del proprio aspetto, è alieno: Ghita stessa, la buona governante, dovrebbe svelargli la verità, e sta per farlo proprio attraverso lo schermo di un telefonino, ma desiste, incapace di infliggere al giovane deforme dall'animo d'artista un tale dolore. E proprio la dicotomia fra anima e corpo, ma anche fra immagine di sé e percezione esterna è un'altra chiave fondamentale dello spettacolo. Il ruolo di protagonista, infatti, è ripartito fra un attore, Mick Morris Mehnert, che con i suoi 136 centimetri di statura risponde esattamente a ciò che l'Infanta e la corte vedono, e un tenore, David Butt Philip, che con la voce sicura e luminosa e la figura prestante rappresenta l'interiorità del Nano e ciò che lui sente di essere. Per un attimo, forse, anche l'Infanta lo vede, lo vede alto e bello, fiero e poetico, ma è solo un momento, perturbante, che conduce alla scena drammatica in cui, atterrito, il protagonista prende coscienza della verità, incontra il suo doppio, lo riconosce nello specchio, lo affronta e affrontandolo, stringendo al collo il proprio corpo "imperfetto" uccide anche la propria anima pura, "bella". L'arte di Kratzer fa sì che tutto il monologo si segua con il fiato sospeso, e si sussulti in un brivido quando per la prima volta, attraverso una parete a specchio, vediamo incrociarsi gli sguardi di Morris Mehnert e Butt Philip. Così come non può non affascinare la resa degli scintillanti, sinuosi cromatismi che accompagnano la festa e i doni dell'Infanta non già con volute art nouveau, ma con la spensierata vacuità di glitter, paillettes, cover per cellulari, palloncini, coriandoli e stelle filanti; non può non colpire nel segno come i primi segni del dramma accompagnino strida e dissonanze alla rivolta dell'orchestra che fracassa gli strumenti. Sì, perché il nano musicista sarebbe chiamato, per onorare la festeggiata, a dirigere un ensemble sinfonico che alla giovane sembra interessare ben poco, ma fa parte del mondo incorniciato da busti di musicisti cui appartiene invece l'anima eletta dell'artista. L'artista che alla fine, prima di soccombere, getta a terra tutte le teste marmoree, ma alla fine, dopo morto, avrà la propria (anzi, quella di Zemlinsky) a chiudere il cerchio posizionata al posto d'onore. 

D'altra parte la musica di Zemlinsky non è elevata a tutti gli onori solo dal regista che le dà forma scenica, ma anche dalla splendida concertazione di Donald Runnicles, che esalta tutti i preziosismi della scrittura, come anche le sue ferite, gli slanci lirici e gli schianti traumatici, senza che appaia mai un'ombra leziosa nel suggestivo lavoro timbrico, nell'elaborazione armonica, nell'avvincente sviluppo psicologico e drammaturgico. Dimostra come una lettura lucida, moderna, asciutta ma pure pervasa da un pathos vibrante non si adagi su maniere ed effetti, vada dritta al cuore del testo, non si compiaccia di tinte forti e richiami estetizzanti mostrando tutta l'essenzialità pura e profonda del capolavoro di Zemlinsky. E se della bravura dei due interpreti del Nano si è detto, non si potrà tacere della perfetta adesione ai rispettivi ruoli di Elena Tsallagova come Infanta gelida e innocente, di Emily Magee quale impotente Ghita, di Philipp Jekal nei panni del ciambellano Don Esteban e di tutte le ancelle e le amiche del corteggio principesco. Né possiamo scordare la bravura anche attoriale dei pianisti Adelle Eslinger-Runnicles ed Evgeny Nikiforov come Alma e Alexander nel prologo schönberghiano. 

Una bella intervista a Kratzer completa degnamente un cofanetto che merita davvero di essere conosciuto da ogni appassionato d'opera.